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All’alba la nota stampa istituzionale: sono indagato, convinto della correttezza del mio operato e voglio essere presto ascoltato dal procuratore. Qualche ora dopo, Francesco Roberti aggiunge – ai cronisti che riescono a raggiungerlo e ottenere un virgolettato più diretto – la sensazione che la prospettazione dell’accusa sia stata molto condizionata da quel fenomeno che sfiora, o investe, spesso gli amministratori locali. «Gli altri parlavano di me, non parlavo io… Era poi il periodo del Covid e tutti sanno come mi sono speso ed ero concentrato a gestire quell’emergenza a Termoli. Comunque ribadisco che ho massima fiducia nella magistratura e tutta l’intenzione di chiarire presto questa situazione».
L’avvocato Mariano Prencipe, che assiste il governatore del Molise insieme al collega Michele Marone, disegna meglio questi contorni parlando chiaramente di millanteria. «Ho sentito il presidente e mi ha rassicurato «sul fatto che la sua condotta è stata assolutamente lineare e legittima e che forse qualcuno abbia voluto, come dire, speculare su quella che era la sua funzione, millantare dei rapporti che in realtà non c’erano».
Ci tiene il presidente e ci tengono i suoi legali che emerga la distinzione che la stessa Dda ha messo nero su bianco fra la posizione del governatore e della moglie Elvira Gasbarro e l’impianto relativo alla contestazione di reati di stampo mafioso. Corruzione è la sola ipotesi di reato formulata nei confronti di Roberti, fondamentalmente – da quanto trapela dopo la lettura del solo avviso di conclusione – per assunzioni o incarichi alla signora Gasbarro e allo studio di cui è socio il presidente, ingegnere, in cambio di agevolazioni nell’iter per permessi e autorizzazioni da parte di Roberti amministratore: sindaco di Termoli, presidente della Provincia di Campobasso e componente del Consiglio generale (l’assemblea) del Consorzio per lo sviluppo industriale del basso Molise. Nessun accostamento, quindi, al metodo mafioso contestato a numerosi altri indagati. Sono complessivamente 47, fra cui due società. Nessun legame con il ruolo di governatore.
Il giorno più lungo di Francesco Roberti è iniziato dunque all’alba di ieri. O probabilmente no. È un giorno che ne contiene in sé almeno sette. Dura da quando gli è stato notificato l’avviso giovedì scorso. Le voci si sono rincorse subito. Troppo “golosi” i due omissis che il procuratore D’Angelo ha cristallizzato nell’atto per non provocare il terremoto “silenzioso” che ha scosso il Molise per una settimana.
«In piena trasparenza e nel rispetto delle istituzioni, comunico una notizia che mi riguarda. Mi è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari per una vicenda che non riguarda il mio ruolo da presidente della giunta regionale del Molise e per attività precedenti alla mia elezione – le prime parole di Roberti sulla vicenda nella nota di ieri all’alba – Mi preme precisare come da parte mia ci siano stati sempre comportamenti corretti e rispettosi della legge. Sono pronto a fornire alla magistratura tutte le necessarie informazioni utili a fare luce su ogni aspetto, affinché sia fatta piena chiarezza. Entro i 20 giorni previsti fornirò ogni dettaglio utile, per far sì che questa situazione possa risolversi rapidamente a conferma della correttezza del mio operato. Continuerò a svolgere il mio lavoro – mette in chiaro – con la massima serietà e serenità. Come sempre, nutro piena fiducia nel lavoro della magistratura».
Il fascicolo è nelle mani dei difensori da ieri a metà mattinata. Mille pagine, tutte da studiare. «Poi produrremo le memorie del caso», così rapidamente Michele Marone.
«Allo stato attuale ho letto soltanto l’avviso che ci è stato notificato, con una contestazione che per natura e definizione è di carattere provvisorio. Ho avuto modo di interloquire con il presidente – argomenta più ampiamente per quanto possibile al momento Mariano Prencipe – il quale mi ha rassicurato sul fatto che la sua condotta è stata assolutamente lineare e legittima e che forse qualcuno abbia voluto, come dire, speculare su quella che era la sua funzione, millantare dei rapporti che in realtà non c’erano. Mi sembra obiettivamente, da una prima lettura dell’imputazione, una di quelle vicende in cui tutti i politici possono incorrere, vista l’ampiezza dei rapporti che una persona che ha visibilità necessariamente deve avere. Detto questo, ad oggi abbiamo sicuramente l’intenzione di chiedere immediatamente, compatibilmente con i tempi della lettura degli atti, un interrogatorio per poter chiarire la posizione del presidente Roberti. Fermo restando, io capisco il clamore mediatico della vicenda, che siamo di fronte a una contestazione provvisoria (nel senso che la Procura non ha ancora chiesto né l’archiviazione né il rinvio a giudizio, ndr), quindi veramente all’inizio di una vicenda. Non diamo nulla per scontato, non è che quello che c’è scritto in una contestazione è vero. E poi eventualmente, ma speriamo di no, ci sarà un processo che dovrà accertare se queste cose sono vere o sono false. Ripeto, capisco l’esigenza dell’opinione pubblica di conoscere, auspico che non ci siano speculazioni dal punto di vista politico».
Perché i nomi di Roberti e sua moglie sono stati coperti da omissis? «Non so il motivo – ipotizza il legale –, posso solo immaginare che, proprio perché ci troviamo in una fase embrionale, la Procura abbia adottato delle cautele per evitare speculazioni che andassero ben oltre la reale dimensione dei fatti. Questo però è un mio pensiero personale. Sinceramente io avrei fatto lo stesso per il rispetto di alcuni principi costituzionali che spesso vengono dimenticati in questo Paese».
rita iacobucci
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