Aumenta la riscossione? No, c’è più inflazione e (soprattutto) più evasione

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I dati da poco pubblicati rispetto all’attività amministrativa d riscossione svolta dall’Agenzia delle Entrate indicano un’importante continuità sulla linea perseguita in questi anni. E questo è certamente un dato positivo.

Ma non si diradano le nubi alimentate da altri numeri, segnatamente dalle indicazioni, provenienti sia dal recente rapporto “Vat gap in the Eu” curato dalla Commissione europea sia dalle stesse previsioni formulate dal ministero dell’Economia e delle Finanze nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, di una forte ripresa dell’evasione dell’Iva a partire dal 2023 (un balzo di 8-9 miliardi) ben superiore rispetto all’incremento del riscosso grazie all’attività di contrasto dell’evasione svolta, come dicevamo, dall’Agenzia delle entrate.

Il contrasto all’evasione “pizzo di Stato”

Il Presidente del Consiglio ha rivendicato i risultati ottenuti dall’Agenzia delle entrate nel 2024 sul fronte della riscossione delle imposte evase, presentati nella consueta conferenza stampa di inizio anno. È sicuramente positivo che ciò avvenga, considerato che la maggioranza (e lo stesso governo) hanno più volte assunto posizioni da cui si evinceva un atteggiamento ben meno favorevole all’azione di contrasto dell’evasione, addirittura con accostamenti al “pizzo di Stato”.

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Tuttavia, non è del tutto corretto costruire una relazione diretta tra i risultati illustrati dall’Agenzia e l’azione di governo, e questa considerazione vale per tutti i governi, compresi quelli passati, che tendono ad appropriarsi degli esiti dell’azione amministrativa. Vediamo ora cosa si può effettivamente evincere circa questi esiti.

I 26,3 miliardi recuperati nel corso del 2024 si suddividono in 22,8 strutturali, cioè derivanti dall’esercizio normale dell’azione amministrativa, e 3,5 straordinari, legati a condoni variamente definiti (pace fiscale o rottamazione delle cartelle) o a provvedimenti di deflazione del contenzioso (come la definizione delle liti pendenti).

Concentriamo innanzitutto l’attenzione sui 22,8 miliardi strutturali, in aumento di 3,2 miliardi rispetto al 2023, che a loro volta derivano da tre fonti: i versamenti diretti (+1 miliardo), le attività di promozione della compliance (+300 milioni) e la riscossione delle cartelle di pagamento (+1,9 miliardi). Queste definizioni includono attività amministrative molto diverse tra loro.

Nei versamenti diretti sono inclusi, infatti, sia quelli effettuati dai contribuenti a seguito di vero e proprio controllo fiscale (accertamento) sia quelli che conseguono attività di carattere meramente formale.

Ad esempio, nei versamenti diretti finiscono quelli che fanno seguito ai controlli automatizzati, volti a rilevare errori materiali o sviste del contribuente, ovvero ai controlli formali, che confrontano l’importo dichiarato dal contribuente (ad esempio, il suo reddito da lavoro dipendente) con altre informazioni in possesso dell’amministrazione finanziaria (ad esempio, il reddito dichiarato dal datore di lavoro). Quindi sicuramente è positivo che queste imposte vengano recuperate, ma non si tratta di somme relative ad accertamenti nei confronti di evasori incalliti (tantomeno di “evasori totali”), al massimo di contribuenti distratti.

Poiché l’Agenzia non fornisce la suddivisione tra controlli sostanziali e controlli formali, non possiamo sapere quanto del miliardo in più recuperato tra il 2024 e il 2023 sia dovuto ai primi e quanto ai secondi, e, per avere questa disaggregazione, dobbiamo attendere il giudizio di parificazione della Corte dei conti nel prossimo giugno (sperando che nel frattempo non siano stati ridotti i poteri ispettivi della magistratura contabile). Nell’attesa, il miliardo aggiuntivo proveniente dai versamenti diretti può essere considerato positivo, ma non necessariamente perché derivante da un’attività di controllo sostanziale.

Sono sicuramente ed interamente ascrivibili ad un’attività di sostanziale contrasto dell’evasione anche le maggiori imposte riscosse a seguito delle iniziative di promozione della compliance, ossia le lettere inviate ai contribuenti per segnalare la presenza di anomalie nelle dichiarazioni. Questa attività è svolta dall’Agenzia attraverso l’analisi e l’incrocio dei dati ad un livello di approfondimento ben superiore a quello sufficiente ad avviare i controlli formali.

Quindi certamente è un’ottima cosa che essa sia cresciuta nel tempo, ma gli stessi numeri mostrati dall’Agenzia delle Entrate sembrano indicare che questa crescita vada esaurendosi. Il numero delle lettere inviate nel 2024 è uguale a quello del 2023, e il recupero è pressoché identico, in aumento di 300 milioni, cioè del 7 per cento. Soprattutto, all’aumentare del numero delle lettere inviate è corrisposta una riduzione dell’importo medio riscosso per ogni lettera inviata (non considerando il biennio pandemico): nel 2019 questo era di poco inferiore a 1000 euro, nel 2022 era sceso a 781 euro e nel 2024 ha raggiunto i 710 euro.

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La sensazione è che quest’attività abbia raggiunto, nel quadro legislativo vigente, un plafond, e che, per aumentarne l’efficacia sarebbe necessario cambiare alcuni aspetti della legislazione, aumentando le possibilità di azione dell’Agenzia di fronte al caso, invero molto frequente specie per le lettere inviate ai contribuenti che autodichiarano il loro reddito, di inazione totale del contribuente. Queste possibilità erano state considerate in una Relazione del 2021 (che costituiva una milestone del Pnrr e che è quindi disponibile sul sito italiadomani.gov alla voce “relazione evasione”), ma non hanno trovato applicazione.

L’effetto inflazione

Infine, la parte maggiore dell’incremento deriva dall’attività di riscossione svolta dall’Agenzia della Riscossione, che è presieduta dallo stesso direttore dell’Agenzia delle entrate. La crescita di 1,6 miliardi, tuttavia, riguarda solo per 800 milioni le cartelle inviate dall’Agenzia delle entrate, e quindi l’attività di contrasto dell’evasione fiscale in senso stretto.

Anche in questo caso non è chiaro in che misura si tratti di un recupero strutturale e quanto sia dovuto alla ripresa dell’attività di riscossione dopo la pausa pandemica (già l’anno scorso c’era stato un aumento di ben 2,3 miliardi solo per le cartelle dell’Agenzia) ovvero al fatto che sono state riscosse cartelle il cui valore nominale è cresciuto a causa dell’inflazione.

Se, come c’è da augurarsi, gli 800 milioni sono strutturali e non nominali, sono certamente una buona notizia e rappresentano una ragione in più per confidare nell’aumento dell’efficienza delle procedure di riscossione anziché affidarsi all’ennesima, fallimentare rottamazione delle cartelle.

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