spiccioli per le bollette, fermi i pacchi alimentari

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«Voi combattete la ricchezza, non la povertà». A mettere il sigillo su questo ragionamento, rivolto alle opposizioni, è stata la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, nel suo intervento alla Camera sulla mozione di sfiducia respinta dall’aula. Ma, al netto della propaganda, il governo Meloni non brilla per favorire i ceti più deboli.

Il recente caos sul decreto Bollette conferma che l’attenzione verso il tema è abbastanza flebile. Si limita a delle mancette. La dotazione è di 3 miliardi di euro, raggranellati in ogni angolo del bilancio dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, d’intesa con il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Un «intervento per qualche mese», ha osservato il segretario della Cgil, Maurizio Landini.

Per Giorgia Meloni non bastavano, tanto che ha convocato un vertice ieri sera. Ma i soldi non piovono dal cielo, è stato il ragionamento in linea di massima consegnato alla premier. Quindi un provvedimento può essere imbellettato, reso più mediatico e flessibile ai dettami della propaganda. Di sicuro il decreto è finito nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di venerdì 28 febbraio.

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Pacchi fermi

Non sarebbe la prima volta che alla concretezza viene preferita la comunicazione. Basti ricordare il bonus Befana, poi diventato bonus Natale: 100 euro una tantum previsti per una platea molto ridotta. Ed è ormai finito nel dimenticatoio probabilmente pure da chi lo ha percepito.

Ci sono poi storie di misure già belle e pronte, che dovrebbero essere solo attuate, come il caso dei pacchi alimentari destinati ai poveri. Il reddito alimentare è un esempio dell’immobilismo sul versante del contrasto alla povertà. La misura è stata pensata con un duplice vantaggio: evitare lo spreco di alimenti, per garantirli ai più bisognosi. Il via libera risale a oltre due anni fa, con un’intesa bipartisan.

L’emendamento alla manovra approvata a dicembre 2022 era stato presentato dal deputato del Pd, Marco Furfaro, ed era passato grazie al supporto della maggioranza. Da lì si è provveduti a predisporre un decreto, firmato con relativa celerità – nel maggio 2023 – dalla ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone, che ha affidato il dossier alla viceministra meloniana Maria Teresa Bellucci, titolare di queste deleghe.

Da allora, però, l’avvio del progetto è finito nelle nebbie o quasi. Sono state individuate quattro città – Genova, Firenze, Napoli e Palermo – per avviare la sperimentazione del progetto da estendere poi sul territorio nazionale. Ma, come risulta in un’interrogazione alla Camera presentata dal Pd, «non si hanno informazioni pubbliche dell’operatività del gruppo di lavoro», che avrebbe dovuto costituirsi coinvolgendo vari ministeri e organizzazioni di categoria, come Fipe e Confcommercio.

Sul sito del ministero del Lavoro c’è il riferimento a una riunione di «calcio d’inizio» dello scorso 6 febbraio e l’annuncio di un webinar per i soggetti interessati. Solo che gli altri enti, tra cui il comitato promotore, sono all’oscuro.

E dire che il reddito alimentare richiede principalmente una buona volontà. Perché nel dettaglio, come riporta il decreto istitutivo, «consiste nella distribuzione gratuita, anche tramite gli enti del Terzo settore presenti sui territori, di pacchi alimentari realizzati con l’invenduto della distribuzione alimentare, donati dagli esercizi commerciali che aderiscono volontariamente alla sperimentazione».

I beneficiari sono o, meglio, dovrebbero essere le persone che vivono in uno stato di indigenza rientranti in determinate categorie. Anche l’investimento non è impegnativo: sono 3 milioni e mezzo di euro, già stanziati e spalmati su due anni. Una parte di queste risorse serve allo sviluppo di un’app per semplificare la fruizione dell’iniziativa. L’ennesima idea finita alla voce “buone intenzioni”.

«Sono passati due anni dall’approvazione del mio emendamento, ma il progetto non è mai fattivamente partito e parte dei decreti attuativi è rimasta lettera morta», dice Furfaro a Domani, che rilancia l’interrogazione al governo e nello specifico al ministero del Lavoro, direzione viceministra Bellucci.

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Peraltro, il reddito alimentare era piaciuto anche a palazzo Chigi, che ha cercato di intestarsi i meriti. «Giorgia Meloni stessa aveva rivendicato l’approvazione del reddito alimentare, in diretta sui social», osserva il deputato del Pd, che lancia l’affondo: «Tutto questo è un’ingiustizia. Siamo di fronte a una profonda sciatteria».

Sulla pelle dei poveri

Insomma, la lotta alla povertà è solo propaganda. Un altro esempio è la card Dedicata a te, che con i 500 euro all’anno per la spesa nei supermercati è stata giusto confermata, nemmeno potenziata. E, sul fronte delle politiche sociali, resta il vuoto post Reddito di cittadinanza, che è stato rimpiazzato dall’Assegno di inclusione ma con risultati diversi. Se il Rdc, come riportato dall’osservatorio statistico dell’Inps, ha coperto 2,4 milioni di nuclei familiari, corrispondenti a 5,3 milioni di persone, la misura sostitutiva introdotta dal governo Meloni ha dato copertura a 759.872 nuclei, che significano 1,8 milioni persone.

«Tale mattanza viene coperta dal governo con la solita dose di becera propaganda: si afferma infatti che sarebbe ripartito il lavoro, ma le bugie hanno le gambe cortissime», hanno osservato i senatori del Movimento 5 stelle Orfeo Mazzella, Mariolina Castellone e Barbara Guidolin, che hanno seguito la vicenda.

Dal M5s hanno poi rivelato: «Nel 2020, malgrado il Covid, 258mila percettori di RdC “occupabili” hanno trovato lavoro, pari al 19 per cento, e nel 2021 il loro numero è salito a 314mila (24,5 per cento). Ancora: nel 2022 la percentuale è stata del 22,4 per cento, per un totale di 297mila persone». In questa partita di giro, lo stato ha risparmiato più di 2 miliardi di euro sulla pelle dei più poveri.

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