Argentina: Milei ripristina le parole ‘ritardato’, ‘imbecille’, ‘idiota’ per definire le persone con disabilità. Le reazioni: ‘Vergogna inaccettabile’

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Ritardati mentali”, “idioti”, “imbecilli”. D’ora in poi in Argentina per legge si potranno definire così le persone con disabilità intellettiva. È quanto è stato approvato dal governo argentino del presidente Javier Milei. In un decreto di metà gennaio – ritenuto “oltraggioso” e “vergognoso” dalle associazioni locali e non solo – vengono cancellate le indicazioni in materia della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Milei ha così riabilitato l’uso di termini ritenuti altamente offensivi in riferimento alle persone con disabilità intellettive. L’ex economista ultraliberista ha fatto approvare una legge che riforma l’Agenzia nazionale per la disabilità ripristinando, tra le varie cose, anche il “ritardo mentale” tra le patologie riconosciute.

Un altro attacco contro le persone con disabilità – Gli attacchi alle persone con disabilità in Argentina arrivano dopo le gravissime parole pronunciate circa un mese fa da Donald Trump che ha criticato le vigenti politiche di Diversità, equità e inclusione (Dei) accusando, senza presentare prove per dimostrarlo, il personale con disabilità addetto al controllo dei voli civili dell’incidente avvenuto il 29 gennaio sui cieli di Washington. Nel documento approvato a Buenos Aires, come ha riportato il quotidiano spagnolo El País, vengono fornite definizioni che richiamano obsolete classificazioni ormai ritenute errate anche dalla comunità scientifica internazionale. Nel decreto vengono cambiati i criteri per la classificazione delle persone con disabilità da utilizzare per la valutazione dell’indennità di invalidità. L’iniziativa a danno delle persone con disabilità, in un periodo di crisi economica interna, rientra nel quadro complessivo portato avanti di drastici tagli alla spesa sociale e sanitaria.

Milei rivendica: “Chiamare le cose con il loro nome. Termini con radici scientifiche” – Milei, sotto indagine per la truffa della criptovaluta $libra, ha difeso l’utilizzo di tali termini sostenendo la necessità di “chiamare le cose con il loro nome”, senza ricorrere a “eufemismi” che, a suo dire, sono tipici della “cultura woke”. Il leader della coalizione La Libertad Avanza ha affermato che questi termini hanno “radici scientifiche” e sono “stati utilizzati per descrivere le differenti capacità cognitive”. Questi stessi termini comparivano in un decreto che fu approvato in Argentina nel 1988 dal presidente Carlos Menem. Sono stati poi cancellati una decina di anni dopo, scegliendo di aggiornare i criteri argentini e di allinearli a quelli stabiliti dalle Nazioni Unite. Ora a Buenos Aires vengono definiti diversi gradi di persona “mentalmente debole”, divisi tra “profonda”, “moderata” o “lieve”, stabilendo per legge di definire le persone con disabilità intellettive con parole di natura fortemente discriminatoria e dispregiativa. Diverse organizzazioni della società civile hanno chiesto al governo Milei l’abrogazione del decreto e tra queste l’Associazione civile per l’Eguaglianza e la Giustizia (Acij), la Rete per i diritti delle persone disabili (Redi), il Centro di Studi legali e sociali (Cels) e l’Assemblea permanente per i diritti umani (Apdh).

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Le dure reazioni in Italia: “Chi governa dovrebbe tutelare i più fragili, non umiliarli” – Anche il variegato mondo delle organizzazioni italiane che tutelano i diritti delle persone con disabilità sono contrariate dalla legge choc del governo argentino. “Tutta la fatica fatta in 40 anni di vita associativa buttata a mare da persone influenti che stanno attaccando i valori di inclusione e pari dignità su cui pensavamo si fondasse la nostra società”. A denunciarlo a ilfattoquotidiano.it è la vicepresidente dell’Associazione nazionale genitori persone con autismo (Angsa) Benedetta Demartis. “In Italia – aggiunge – siamo a disquisire sulla deistituzionalizzazione delle persone fragili e su misuratori della qualità dei servizi. E poi qualsiasi personaggio divenuto presidente può distruggere ogni cosa. È pericolosissimo”. “Decisioni del genere rischiano di generare effetti devastanti altrove? Non credo che in Italia possiamo correre il rischio di imitare qualcuno dato che diamo già il cattivo esempio”, afferma Alessandra Corradi presidentessa di Genitori Tosti in Tutti i Posti. “Ad esempio a Sanremo, programma seguito da milioni di italiani, anche quest’anno abbiamo avuto la riconferma della mancanza di una comunicazione idonea verso la disabilità. Sui social”, ricorda Corradi, “leggiamo termini come ‘cerebroleso’ o ‘ritardato’ che vengono usati per insultare”. Sulla vicenda contattato da ilfattoquotidiano.it interviene anche Mimmo Pesce, papà di un ragazzo autistico, opinionista tv e autore del libro “Mio figlio è uno sgusciato” (introduzione di Elio). “Rabbrividisco e mi indigno. È una vergogna inaccettabile, un insulto alle loro vite, ai diritti e alla dignità di chi ogni giorno combatte per un minimo di rispetto”. Pesce condanna quanto accaduto: “Da genitore mi si rivolta lo stomaco e mi incazzo: queste parole non sono solo arcaiche, sono violente, disumanizzanti e indegne di una società civile. Chi governa dovrebbe proteggere i più fragili, non umiliarli con terminologie oscene. È una deriva pericolosa che non può essere tollerata”.

Fish: “La società italiana è inclusiva”. Attanasi: “Serve una battaglia culturale” – Ci si domanda scelte simili che tipo di influenza possano avere sull’opinione pubblica italiana. Il presidente della Fish Vincenzo Falabella commenta a ilfattoquotidiano.it: “No, le affermazioni di Milei non avranno un impatto rilevante sull’opinione pubblica italiana. La cultura italiana è profondamente radicata in valori di rispetto e inclusione”. Falabella è convinto che “il nostro Paese oggi è molto più sensibile alla tutela delle persone con disabilità. Episodi negativi sono accaduti però anche da noi. “Anche in Italia si sono sollevate alcune voci, vedi Galimberti e Della Loggia, inaccettabili e irrispettose nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Tuttavia, tali dichiarazioni non hanno trovato finora terreno fertile nella società italiana”. Maurizio Attanasi, membro della Consulta cittadina per la mobilità attiva e l’accessibilità del Comune di Milano, afferma che “è chiaro che in Italia, al netto degli ottimi rapporti Milei-Trump-Meloni, più che su un piano legislativo, il pericolo che queste dichiarazioni impediscano un percorso che in Italia è iniziato c’è sempre”. Infine Attanasi riflette sul fatto che “ancora oggi nei discorsi tra colleghi di lavoro o quando i genitori vanno a prendere il proprio figlio a scuola si sentono ancora termini come ‘handicappato’. È una battaglia culturale quotidiana prima di tutto che va fatta”.



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