Stella e Poggipolini: «in Europa bisogna avere il coraggio di adottare un piano strategico diverso».
«Non vogliamo credere che la Commissione europea scelga di non andare nella direzione necessaria all’industria, così chiaramente evidente nel Rapporto Mario Draghi su questo tema»: inizia così, l’appello di Marco Stella, presidente della Filiera Automotive di Confindustria Emilia, che il direttivo della Filiera Automotive fa alla Ue e al governo, in questi giorni di incontri e di attese per le nuove direttive. «Non dobbiamo temere di cambiare le decisioni prese nella scorsa legislatura europea. È già evidente che l’impianto del “Green Deal” così com’è non funziona, ma c’è un elemento ulteriore: siamo di fronte a uno scenario mondiale drasticamente cambiato e dobbiamo dare risposte adeguate».
Il 2025 è un anno critico per l’automotive italiano, caratterizzato da una stagnazione dei volumi produttivi di autoveicoli a livello nazionale per via dei tempi tecnici necessari ad implementare i nuovi piani produttivi e quindi i nuovi modelli.
Di fronte a dati come quelli di dicembre 2024, che hanno visto la produzione dell’industria automotive italiana, nel suo insieme, registrare un calo del 36,6% rispetto al dicembre 2023, l’intero comparto della componentistica è in grave difficoltà.
Su questi temi interviene il direttivo della Filiera Automotive di Confindustria Emilia, composto dal presidente Marco Stella, amministratore di DTS Spa, e dai delegati aggiunti Renzo Gibellini, presidente di Reflexallen Spa, e Michele Poggipolini, amministratore delegato di Poggipolini Spa.
«Proprio in questi giorni la Commissione europea sta valutando misure per affrontare rapidamente le sfide cruciali in cui si trova l’industria automobilistica europea; in questo contesto non possiamo che ribadire che il Green Deal, così come è stato pensato, non va», analizza Michele Poggipolini.
«“La domanda fondamentale a cui rispondere insieme è “cosa ci manca ancora per liberare il potere innovativo delle nostre aziende e garantire un settore automobilistico solido e sostenibile?”. Non trascurando l’importanza della decarbonizzazione dei trasporti stradali e l’importanza di ridurre le emissioni dei veicoli, ribadiamo la necessità di utilizzare una logica di “neutralità tecnologica” che permette di adottare una pluralità di tecnologie a zero emissioni o a emissioni molto basse».
«E queste considerazioni non si limitano all’automotive e alla sua filiera, ma si estendono a tutta la manifattura italiana. Siamo il settimo paese al mondo per produzione manifatturiera e il secondo in Europa, ma i danni strutturali che si stanno producendo rischiano di compromettere definitivamente un sistema già oggi sotto grave pressione – ricorda Renzo Gibellini -. Da tempo chiediamo un riconoscimento concreto e strategico per la filiera della componentistica, il cui impatto sul territorio è determinante per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico e manifatturiero. È essenziale promuovere un utilizzo più elevato della componentistica prodotta in Italia e in Europa, garantendo così competitività, occupazione e valore aggiunto per il nostro sistema industriale».
L’altro problema è l’eccesso di proliferazione di normative Ue. Nella sola scorsa legislatura, le aziende automotive ne hanno dovuto subire oltre una decina, più di cinquemila pagine di nuovi impegni regolatori che, seppur condivisibili nello spirito, spesso non si parlano tra loro, a volte sono controproducenti per gli scopi settoriali, ma soprattutto impegnano economicamente le imprese europee, con inevitabili impatti sulla competitività dei prodotti rispetto ai competitor asiatici e americani, con risultati catastrofici se non esiziali per la principale industria europea e italiana. Ultimi, ma decisamente i più importanti e impattanti per la filiera, i regolamenti che definiscono i target di riduzione della CO2 di veicoli leggeri e pesanti.
«E, per finire con il fronte europeo – riprende il presidente Stella – non dimentichiamo le multe in arrivo per le case produttrici che non saranno in grado di limitare le emissioni complessive dei loro modelli; occorrono misure urgenti per arginare questa ulteriore stortura che finirebbe per deprimere ulteriormente il mercato, purché lo stop alle multe si inquadri in un più ampio progetto di profonda revisione e modifica del quadro normativo che prevede lo stop definitivo alla commercializzazione di auto con motori endotermici nel 2035. È indispensabile che si ripensi a queste misure, devono essere cancellate».
La perdita di competitività dell’Ue nel settore automotive è stata determinata da un grave disallineamento tra le politiche climatiche, industriali e commerciali e dall’assenza di una politica industriale settoriale per la transizione produttiva e la riconversione della catena di fornitura.
A livello italiano, occorre un aiuto alle aziende della filiera automotive che hanno bisogno di essere supportate in piani di investimento e riconversione. Per farlo, serve una programmazione economica pluriennale che abbia chiari obiettivi di medio e di lungo termine e fondi per sostenerlo; servono, però, anche misure concrete che agiscano sulla competitività, affrontando l’importante tema del costo dell’energia, in primis.
«Oggi il nostro messaggio vuole essere forte e chiaro – conclude il direttivo della Filiera Automotive di Confindustria Emilia – l’Europa e l’Italia hanno bisogno di un settore automotive forte e competitivo a livello globale. Le soluzioni tecnologiche per arrivare alla stessa meta di decarbonizzazione modificando il percorso immaginato ci sono».
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