“Islam fuori tema, esibizione serba toccante”

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Ebbene sì, lo confesso. Incuriosito dall’ accattivante titolo utilizzato “Festival delle culture” e conscio di abitare in un rione, quello di San Giacomo, in cui la multiculturalità è da anni pratica quotidiana, lo scorso venerdì sera ho partecipato convintamente da spettatore interessato ad una serata che, nelle premesse, avrebbe dovuto offrire uno “spettacolare”  spaccato delle molteplici realtà di etnia e religione diverse che compongono sempre più la realtà della nostra città. Promessa mantenuta, ma non del tutto, come cercherò di illustrarvi.

L’appuntamento, organizzato su iniziativa della Quinta Circoscrizione cittadina ed in particolare della Commissione cultura coordinata da Luca Gojak, ha visto un Teatro dei Salesiani stipato all’inverosimile e con un pubblico, di varia estrazione, pronto ad applaudire le performance degli artisti (giovani e meno giovani) che si sarebbero di lì a poco esibiti sul palco. A tenere le fila della serata Lidija Radovanovic dell’Associazione culturale serba “Pontes-Mostovi” che ha curato la preparazione dell’evento sottolineando in apertura quelle che erano le finalità alte dell’incontro, ovvero trasmettere un messaggio di pace e solidarietà che superasse ogni confine geografico.

Nutrito il parterre dei partecipanti in cui ogni Associazione, nell’assoluta libertà di scelta, ha potuto proporre canti e balli che rappresentassero al meglio la propria realtà di provenienza. In stretto ordine alfabetico, ecco i giovani e i bambini della Associazione albanese “Arberia”, (alcuni indossavano vestiti tradizionali davvero molto curati, altri una semplice maglietta rossa col simbolo nazionale dell’Albania, divisa che forse, in un simile contesto, poteva anche essere evitata!). A seguire le danzatrici e i danzatori del gruppo armeno “Arevik” appartenenti alla Associazione “Alfa Dance”, le graziose signore dell’Associazione cinese di Trieste e poi alcuni esponenti del gruppo folcloristico “Orfeas” della Comunità greca.

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Ad affacciarsi sul palco è ora il turno dei bambini dell’Associazione culturale islamica di Trieste, coordinati da alcune insegnanti. La performance che ha visto protagonisti questi bambini, peraltro curati e simpaticissimi, è stata tale da rendere perplessa una larga fetta del pubblico presente. Infatti, la rappresentazione, in buona sostanza, è servita unicamente ad illustrare, con una canzoncina piuttosto ripetitiva, i cinque pilastri dell’Islam fornendo agli astanti la plastica conferma di una Comunità che, al di là del dichiarato intento di volersi integrare, dimostra, in ogni utile occasione, la volontà di fare proseliti, di diffondere i fondamenti della religione islamica anche in contesti e situazioni che avrebbero, come detto, ben altre finalità. Insomma, come minimo ci permettiamo di rilevare che, a nostro modesto avviso, si è andati decisamente fuori tema ed è un vero peccato vista l’occasione ed il pubblico presente. La serata si chiuderà poi in bellezza con l’esibizione molto accattivante dell‘Associazione culturale serba “Pontes-Mostovi” e quella davvero toccante ed incredibile (visti i tempi che stiamo vivendo) dell’Associazione ucraino-russo-italiana “Rodnik” con i protagonisti affratellati in canti e balli dove ciò che conta è vivere in pace insieme per costruire insieme un futuro migliore. 

Proprio da questa emozionante esibizione finale arriva il più bello e vero messaggio di tutta la serata ovvero la dimostrazione di come, nonostante le diverse provenienze, tutte le culture possono coesistere portando un arricchimento reciproco e costituendo il tessuto multiculturale di una città che convive e cresce in armonia. Certo, alcuni recenti episodi sottolineati dalla cronaca cittadina, possono, legittimamente, far dubitare che la Trieste della convivenza e della multiculturalità sia ancora viva e vegeta, ma noi, residenti di lungo corso in quel di San Giacomo, possiamo confermare che il tessuto connettivo del rione, sia pure in continua evoluzione, è ancora sano e pacifico. La gente, qui come altrove e da dovunque provenga, necessita di un lavoro e di una casa, di vivere in pace ed in serenità, nel rispetto reciproco di culture e tradizioni differenti e, magari, coltivando quelle forme di solidarietà umana e di sincera amicizia che aiutano ad inserirsi in realtà diverse e lontane dalla propria patria di provenienza. E’ un’utopia? Forse sì. Ma è proprio dall’incontro di gente dalle più diverse origini, venute qui in cerca di miglior sorte, che storicamente è cresciuta e si è sviluppata la nostra città. L’insegnamento della storia è sempre valido e dovrebbe valere sempre e comunque, quale che sia la propria origine o convinzione religiosa.

 

 

Mauro Zinnanti 



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