Presidente Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la linea vostra trumpiana in politica estera può essere un valore aggiunto e aiutare il dialogo degli Stati Uniti con l’Italia e con l’Ue?
«La Lega ha una linea trumpiana in quanto Trump, come il centrodestra e la Lega in Italia, incarna una attenzione per il mondo del lavoro, per le classi sociali più deboli che la sinistra ha abbandonato. Trump è uno che ha vinto contro la sinistra della cultura woke e gender, che ha sostituito le battaglie per i diritti sociali con quelle per i diritti civili, fino al rigetto delle classi sociali più deboli. La stessa cosa è successa in Italia con la Lega e con le nostre battaglie contro le politiche green che stanno affossando l’automotive o facendo salire i prezzi delle case. Non so se il nostro rapporto potrà aiutare Trump a dialogare con l’Europa, ma ci auguriamo che il nostro rapporto con i Repubblicani aiuti ad avere relazioni bilaterali sempre migliori tra Stati Uniti e Italia».
Lei teme che le aziende italiane possano finire per pagare un prezzo importante nella battaglia dei dazi?
«È evidente che un rischio c’è e per questo l’Italia e il governo italiano devono lavorare con l’amministrazione Trump per evitare che questo accada. Questo è uno dei motivi per cui dovremmo contrattare sui dazi a livello nazionale e non a livello europeo. Gli Stati Uniti sono arrabbiati con l’Europa innanzitutto per l’espansionismo mercantilista tedesco. Certo non sfugge che nel momento in cui i dazi ci fossero, ad esempio sulle auto tedesche, questo porterebbe un danno anche alla nostra filiera della componentistica, questo chiaramente ci preoccupa. Il lavoro diplomatico che dobbiamo fare è cercare di tutelare le nostre aziende in un rapporto diretto con gli Stati Uniti».
Su Zelenski Trump ha assunto posizioni apparentemente molto diverse nel giro di poche settimane. In quale delle due posizioni crede?
«Trump lo conosciamo, a volte lancia delle provocazioni, lo ha fatto con il Messico e con il Canada minacciando dei dazi molto alti, addirittura minacciando di voler annettere il Canada. Su Zelenski ha usato parole difficilmente accettabili ma è chiaro che non può esserci un tavolo di pace senza la presenza dell’Ucraina. Trump però ha il merito di aver avviato un tavolo di pace. Abbiamo sempre detto che l’Europa doveva fare una mossa, l’ha fatta Trump. Ovviamente la pace non potrà prescindere da un accordo con l’Ucraina, ricordando che se oggi può esserci un tavolo di pace è perché Usa, Italia e alleati hanno sostenuto economicamente Kiev, ma non possono essere altri a trattare conto terzi. Trump sta facendo valere il proprio peso politico e credo che dopo la fase della provocazione arriverà quella dei risultati, lasciando perdere ipotesi come quella di Macron che vorrebbe soldati europei in Ucraina e che come Lega riteniamo improponibile».
Sulla politica estera esiste un confronto reale e una dialettica interna alla Lega?
«In Lega il confronto c’è sulla politica estera e su tutti quanti i temi. È evidente che possono esserci sfumature diverse. Ad esempio un Governatore può avere una visione diversa da un ministro, o un parlamentare può esprimersi con sensibilità diversa da un altro. L’importante è avere lo stesso posizionamento comune, siamo tutti d’accordo che bisogna abbattere questo schema di alleanza tra socialisti e popolari che in Europa non ha portato nulla di buono e temiamo non porti niente di buono per il futuro. Poi per quanto riguarda gli Stati Uniti è evidente che essendo un partito territoriale, identitario e di centrodestra non possiamo che stare dalla parte dei Repubblicani».
Crede che vada aperto un confronto con Friedrich Merz?
«Assolutamente sì, la Germania è la locomotiva dell’Europa, è un alleato strategico dell’Italia, abbiamo economie interconnesse in tanti settori. È chiaro che dobbiamo dialogare con lui, nella speranza che non ceda a una alleanza Popolari-Socialisti.
Noi speriamo che Cdu-Csu abbia il coraggio di dialogare anche con i partiti di destra e speriamo che non si dimostrino così falchi sul piano economico e del rigorismo perché questo danneggerebbe il nostro Paese, ma che capiscano che è necessario allentare il rigore della finanza pubblica perché vista la crisi internazionale, lo spettro dei dazi americani, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, permettere agli Stati di usare le loro risorse pubbliche per sostenere il mercato del lavoro e della produzione sarebbe molto utile».
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