Dal 1949 la NATO, al di là della pretesa protezione dell’Europa, intenzioni e capacità fortunatamente mai testate, è stata lo strumento politico-militare dell’impero americano in Europa. Il suo scopo militare era “buy American” per evitare qualsiasi possibile costruzione “autonoma” di difesa militare degli europei, soprattutto della Germania. D’altra parte, tra il 1950 e il 1954 la Comunità di difesa europea (CED) e la consustanziale Comunità politica europea (CPE), che erano il risultato di più grande valore della CECA, sostenuto con forza anche dagli americani che avevano inquadrato un embrione di esercito europeo sotto la NATO, per mano francese non videro mai la luce. Lo scopo politico della NATO era l’addomesticamento delle forze politiche europee, particolarmente le sinistre e le socialdemocrazie, e dei popoli europei nel quadro dell’irrinunciabile e indefettibile adesione ai noti “valori” transatlantici. Il perno dei “valori” era l’indiscutibilità del sistema socioeconomico liberal-democratico, ovvero un sistema di capitalismo economico libero-mercatista al quale erano affiancati obiettivi teleologici democratici, sociali ed economici, che potevano essere dibattuti nel quadro del parlamentarismo liberale opportunamente limitato dal vincolo esterno della “sicurezza garantita” dalla protezione statunitense.
Per la NATO il nemico necessario era l’URSS, ma il nemico invisibile era la cultura democratica sociale sviluppatasi in Europa sin dalla metà del diciannovesimo secolo e sistematicamente oppressa e repressa dai regimi liberali di convergenza degli interessi capitalistico-borghesi e del potere civile e religioso che all’uso della forza accoppiarono quello delle politiche di austerità sorreggendo così l’ascesa dei regimi fascisti in Europa. Le deviazioni nazionalsocialiste europee e il rooseveltismo americano condussero da un lato alla sconfitta, occupazione e spartizione sovietico-americana dell’Europa, e dall’altro, il “diavolo rosso” condusse al decennio maccartista in America del Nord. Il non dichiarato obiettivo comune dei vincitori riunitisi a Yalta era la restaurazione dell’ordine capitalistico, sebbene esso fosse diversamente declinato nei due modelli alternativi e concorrenti del mercato (US) e dello Stato (URSS). Il tutto fu seguito dalla funzionale e breve parentesi delle politiche liberali economiche espansive (un paio di decenni di keynesismo in Europa occidentale), unico vero “momento” di speranza democratica che diede luogo alla costruzione delle istituzioni europee di inquadramento, l’OCSE (sulle ceneri del piano Marshal), la NATO, la CECA, L’EURATOM (poi CEE). L’ultimo sprazzo di lucidità costruttiva “basata su regole negoziate” avvenne nel momento più buio della Guerra Fredda, con alto rischio di scontro nucleare in Europa, nel 1975, con l’adozione dell’Atto Finale di Helsinki della Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE) che è stato il vero pilastro della sicurezza europea anche nel turbolento periodo 1989-1991.
La NATO ha raggiunto il massimo dei suoi obiettivi politici fondanti nel 1999, con il bombardamento (78 giorni) della Serbia eseguito senza eccepire dagli addomesticati governi socialisti e socialdemocratici europei. Da allora la NATO è in cerca d’autore. L’OCSE e la CEE (poi UE) hanno diligentemente contribuito a costruire “l’ordine basato sulle regole”, non negoziate con il resto del mondo, seguendo i desiderata e gli interessi del capitalismo americano e degli Stati Uniti d’America. La CEE ha raggiunto solo qualche parziale obiettivo reale (un mercato unico completo per i capitali ma incompleto per i servizi, parziale sui beni per i quali ancora esistono dazi interni e lacunoso sui diritti sociali), ha rifiutato il libero mercato transatlantico del TTIP, e la libertà di circolazione delle persone è stata possibile grazie alla “pace garantita” dagli Stati Uniti d’America tramite la NATO. Invece, dopo il 1991 il quadro politico-diplomatico collaborativo di sicurezza (CSCE) è stato cloroformizzato sebbene nel 1994 fece nascere l’organizzazione OSCE che però è stata lasciata agire come una cenerentola cieca nelle aree post-sovietiche ad altissimo rischio geopolitico. L’azione di deliberato sabotaggio sistematico della CSCE/OSCE compiuta dagli Stati Uniti d’America dopo il 1994 non ha incontrato particolari resistenze, o concrete azioni di contrasto, da parte degli Stati europei o della UE. Il fallimento dei due accordi di Minsk in Ucraina, per i quali l’OSCE aveva ricevuto il mandato di garanzia tramite l’osservazione militare, non aiuta a vedere una rinascita dell’organizzazione di sicurezza europea.
In questi sette decenni, flotte di politici, intellettuali, accademici, consulenti, giornalisti, militari e amministratori pubblici hanno fatto dell’atlantismo, dichiarato, declinato e di facciata, il proprio trampolino di carriere ben remunerate e protette dal sistema. Decenni di sedimentazione capillare hanno occupato tutti i settori della società, impedendo la libertà di pensiero e di espressione, e il rinnovamento delle classi dirigenti. Un illanguidimento culturale disastroso, esploso nel 2008, che oggi in Europa lascia sul campo degli smarriti pappagalli ammaestrati (europeisti, atlantisti e da ultimo i climatisti del “green deal”) mentre in Stati Uniti d’America ha fatto riemergere l’anima più reazionaria e brutale del capitalismo senza né regole né ordine, dai presunti intellettuali libertari e neocon agli affaristi senza scrupoli stile Trump e ai cripto-evangelici stile Vance e ai tecno-autoritari stile Musk. Il risultato odierno è la frantumazione dell’originario Occidente, che era l’Europa occidentale, e la fine del presunto Occidente transatlantico, che era rappresentato dalla “relazione speciale” anglo-sassone (US-UK) e da quella “dell’amore impossibile” (US-FR). Questo ciclo iniziato nel 1919 a Parigi, nella conferenza che alla pace preferì l’ordine dei banchieri, si è chiuso nel gennaio 2025 a Washington, con l’abbandono di qualsiasi velleità ordinatrice che non sia basata sulla pace dettata dal più forte. Fine della rappresentazione, e forse un po’ di chiarezza d’intenti.
Veniamo ora all’attualità della Difesa e Sicurezza europee.
Quanto costa o deve costare?
Il primo dato utile è fornito da Dipartimento della Difesa (DoD) che presenta un grafico della percentuale del PIL allocato alla difesa negli USA: nel 2024 era il 2.7%[1]. E gli USA sono una superpotenza mondiale con sette comandi operativi in tutti i continenti. E l’attuale amministrazione Trump ha annunciato un taglio del 40% in cinque anni, cioè una spesa USA per la Difesa sotto il 2%!!! Gli Stati europei che non sono più da molti decenni potenze mondiali, e una UE che non è neppure uno Stato, come fanno a immaginare una spesa per la Difesa europea addirittura del 3.5% del PIL? Sorgono sospetti che si tratti di un’operazione pilotata da politici, amministratori europei e un po’ di generaloni per far girare un fiume di danaro pubblico, come è avvenuto al tempo del Covid, senza troppi controlli o verifiche. Scandaloso! Nessuno di questi signori spiega cose basilari. Qual è l’ordine di priorità delle minacce e chi sono i nemici? Se in tempo di guerra la Russia ha speso il 2% del PIL, perché gli europei dovrebbero spendere, in un tempo auspicabilmente di pace, il 3.5% del PIL?
Inoltre, questi Stranamore europei eccitati dall’eventuale liberi tutti di Trump, come spiegheranno ai cittadini europei, già piuttosto disillusi e arrabbiati, che per finanziare +1.5% di spese per la difesa e la sicurezza europee (senza un progetto strategico!!!) si dovranno ridurre le spese per lo stato sociale? I dati del 2023 mostrano che nell’UE27 il 26.8% del PIL è speso per lo stato sociale (quasi la metà solo per i costi delle pensioni), ma con una tendenza di -1% rispetto al 2022[2].
Sarebbe molto interessante se i paesi democratici decidessero un vincolo fiscale tra la spesa per la difesa e sicurezza, rispetto a quella dello stato sociale, rispetto a quella per l’educazione, e a quella ambientale. Un esercizio ben più utile invece delle pagliacciate promosse da declinanti e derisi imperi al di qua e al di là della Manica.
[1] https://www.defense.gov/Multimedia/Photos/igphoto/2002099941/
[2] https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Social_protection_statistics_-_social_benefits#:~:text=statistics%20(ESSPROS).-,Expenditure%20on%20social%20protection%20benefits%20by%20function,gross%20domestic%20product%20(GDP).
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