“Sovversive”, le storie delle donne che sfidarono l’ordine costituito

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Sindacaliste, socialiste, comuniste, ma anche donne istruite o fuori dalle righe. Fin dalla nascita dell’Italia unita, le questure avviano la sorveglianza sulle persone “pericolose per la sicurezza dello Stato”. Storie che riemergono dagli archivi attraverso verbali di pedinamento, perquisizioni, fotografie segnaletiche, lettere intercettate e mai consegnate. Una testimonianza di vite che altrimenti sarebbero dimenticate.



“Sovversive” è un podcast (quattro episodi, prima uscita quotidiana il 3 marzo fino al 7 marzo) di Alice Facchini e Guido Balzani, ideato e realizzato dall’Archivio di storia delle donne di Bologna-Associazione Orlando e dall’Archivio di Stato di Bologna, prodotto e distribuito da Altreconomia, con il sostegno della Fondazione Carisbo e della Fondazione Argentina Bonetti Altobelli. L’editing è di Michele Lapini. Il montaggio e il sound design di Claudio Cadei – SMK Factory. Musiche originali di Valentino Pirino. Le voci degli attori sono di Elena Regnoli e Valerio Monteventi.

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“Sovversive” raccontato da Alice Facchini

“La memoria è uno strumento molto strano -diceva Primo Levi-. Uno strumento che può restituire, come il mare, dei brandelli, dei rottami, magari a distanza di anni”. È vero, la storia ci fa strani scherzi: ci sono vicende che entrano nei manuali e nella memoria collettiva. E poi ci sono personaggi che invece rimangono nell’ombra, fino a che qualcuno non va a frugare nel passato per raccontarli.

All’Archivio di Stato di Bologna c’è una categoria di fascicoli diversa dalle altre: è la serie A8, che indica le “persone pericolose per la sicurezza dello Stato”. Sono coloro che dal 1872 al 1983 sono stati sorvegliati e schedati dal Gabinetto della questura perché giudicati potenzialmente “sovversivi” per l’ordine costituito. Le loro storie riemergono grazie a verbali, fotografie segnaletiche, fogli di via, ritagli di giornale, descrizioni fisiche di carattere lombrosiano, carte d’identità e tessere di partito sequestrate. Ma anche attraverso lettere ad amici e familiari, in cui a volte traspare il timore di essere controllati. Ci sono sindacalisti, socialisti, comunisti, tanti uomini ma anche molte donne, alcune delle quali poste sotto sorveglianza solo perché erano istruite e volevano essere libere di esprimere le proprie idee.

Ad alcune di queste vicende è dedicato “Sovversive. Storie di donne che sfidarono il sistema”, podcast prodotto dall’Archivio di storia delle donne di Bologna-Associazione Orlando, Archivio di Stato di Bologna, Altreconomia e con il sostegno della Fondazione Carisbo. Puntata dopo puntata (sono quattro), il podcast ripercorre quei vecchi documenti: storie “piccole”, che si inseriscono nella cornice di una storia “grande”, quella della dittatura e della sorveglianza in Italia.

“Alcune donne venivano sorvegliate perché erano militanti, altre semplicemente perché erano ‘sopra le righe’”, spiega Francesca Delneri, vicedirettrice dell’Archivio di Stato di Bologna e una delle referenti del progetto “Persone pericolose. Tracce di sovversive e sovversivi negli archivi bolognesi”. “La polizia controllava i loro spostamenti, i cambi di residenza. Annotava ogni dettaglio che potesse renderle sospette, come il fatto di saper tenere ‘pubbliche conferenze’: immaginiamo che cosa significasse a quei tempi per una donna parlare in pubblico, per di più davanti a una platea di soli uomini”. Tra i fascicoli c’è quello di Norma Mazzoni, rinchiusa in manicomio semplicemente perché aveva comportamenti insoliti secondo le norme sociali del tempo. C’è Argentina Bonetti Altobelli, sindacalista che difendeva i diritti delle lavoratrici della terra. Ines Oddone Bitelli, giornalista e fondatrice del periodico La donna socialista. E poi Enrica Astorri, sorvegliata per tutta la vita solo perché era stata la compagna del socialista Andrea Costa, da cui aveva avuto cinque figli.

Dentro a ogni puntata, i documenti prendono vita grazie ai racconti di esperte, storiche e archiviste. Tra loro Elena Musiani, storica ottocentista e referente del progetto per l’Archivio di storia delle donne di Bologna, Anna Salfi, presidente della Fondazione Argentina Bonetti Altobelli, ed Elisabetta Arioti, che ha diretto l’Archivio di Stato di Bologna proprio quando molti di questi fascicoli sono usciti dall’oblio. E poi c’è Francesca Delneri, che oggi insieme a Valentina Gabusi coordina anche il progetto “Adotta un sovversivo”, promosso dall’Archivio di Stato di Bologna, che ha l’obiettivo di restaurare e digitalizzare l’intera categoria A8.

I documenti infatti sono molto fragili e i fascicoli sono deteriorati. Rischiano così di andare perdute testimonianze storiche uniche. Per questo nel 2022 è stato lanciato un crowdfunding che finora ha permesso di restaurare e digitalizzare oltre 200 fascicoli. Tra i sostenitori ci sono ricercatori e appassionati, ma anche discendenti dei sovversivi di allora. Il restauro è complesso, anche perché le tipologie presenti all’interno della serie sono tra le più varie: ci sono documenti di diverso formato e spessore, dattiloscritti, carte a stampa e manoscritti in inchiostro, grafite e pastello. Le antiche graffette hanno fatto la ruggine e stanno rovinando i fogli. Gli inchiostri più aggressivi si stanno espandendo. Alcune fotografie si sono incollate, mentre in alcuni punti l’umidità ha mangiato interi angoli. A essere più danneggiate sono paradossalmente le carte più moderne, più sottili e fragili. Lo spessore dei fascicoli raggiunge in alcuni casi dimensioni considerevoli, e l’assenza di contenitori rigidi, chiusi sui lati corti, porta alla deformazione e alla frammentazione dei margini dei documenti. All’interno del laboratorio di restauro, i professionisti si adoperano per mettere in sicurezza tutta questa documentazione: sul contenitore di ogni fascicolo viene scritto il nome del sovversivo vicino al nome del donatore che ha finanziato il restauro, a testimonianza dell’intreccio tra presente e passato, tra impegno e memoria.


L’autrice e l’autore

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Alice Facchini, giornalista, si occupa di disuguaglianze, diritti e ambiente. Ha collaborato con The Guardian, La7, Rai3, Internazionale, L’Espresso, IrpiMedia, Altreconomia, Millennium e altre testate. Nel 2024 ha vinto il premio Luchetta (sezione stampa italiana), nel 2023 il premio Rossella Minotti e nel 2022 lo European Press Prize (sezione Innovation Awards). Ha curato il saggio “Come ti senti?” (2024), ed è stata coautrice di”Tracce indelebili. Storie di dieci attivisti che hanno cambiato il mondo” (2021). Il suo sito è alicefacchini.it

Guido Balzani è dottorando presso l’Università Iuav di Venezia, redattore presso l’associazione di divulgazione d’arte Altremuse e ha recentemente lavorato con Radio Raheem al programma Deformazioni. Collabora alla comunicazione dell’Archivio di Storia delle Donne di Bologna.

© riproduzione riservata



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