Una messa per il Cesena, don Filippo. “Prossima tappa lo stadio”

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Don Filippo e gli altri sacerdoti celebrano la messa dedicata al Cesena F.C./Credit Photo: Lorenzo Spada

Calcio e religione possono convivere? Secondo don Filippo Cappelli sì. Il parroco cesenate ha organizzato una messa dedicata al Cesena F.C. e scovato il Santo Patrono dei calciatori

Stando a ‘Treccani’ e ‘Zanichelli’, l’aggettivo ‘sacro’, di derivazione indoeuropea che descriverebbe: “ciò che appartiene alla divinità, anche non personificata, ma che rimane separato dal profano e degno di ossequio e venerazione”. Insomma, una qualità che inerisce a elementi e potenze sui cui l’uomo non avrebbe dominio e alla quale si rassegna. Per “profano” enciclopedia e dizionario rimandano a un concetto “terreno; che viola la sacralità di qualcosa”.

Sulla base delle definizioni fornite dalle due autorevoli fonti, l’immaginario collettivo riconosce una netta incompatibilità. Eppure, nella nuova generazione di preti c’è chi ritiene utile una revisione del paradigma. È don Filippo Cappelli, parroco di Badia-Budrio, piccole frazioni nella pianura romagnola ai piedi del comune di Longiano, vicino Cesena. Con una idea “nata dalla lunga condivisione di una passione con i miei colleghi del territorio cesenate” – racconta. Passione culminata nel più profondo dei gesti che caratterizzano la loro missione: una messa. “Domenica 23 febbraio, nella mia parrocchia, abbiamo organizzato una funzione dedicata al nostro amore sfrenato per il Cesena F.C. e a suffragio dei suoi protagonisti. È stato un successo di partecipazione che ci ha permesso di dimostrare come le due sfere emotive che compongono l’animo umano possano e debbano convivere”.

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Cioè, un profano pallone può congiungersi alla sacralità della Bibbia e del Vangelo? “Certo! È una questione di emozioni: vita spirituale e vita terrena viaggiano assieme. Sono forma e sostanza della stessa materia: l’uomo”. Una scelta dettata anche dalla contingenza: “Un tempo era la gente a rivolgersi alla religione, oggi questa propensione è scemata. Sta a noi preti mostrare la bellezza di essere cristiani, ma senza dimenticare l’essenza di ciascuno. E lo sport, il calcio in particolar modo, se vissuto seguendo i suoi più nobili valori ha una capacità attrattiva e aggregativa ineguagliabile”. Pensieri e convinzioni custoditi negli anni: “Sono sempre stato un tifoso sfegatato del Cesena. Ho iniziato ad andare allo stadio ‘Dino Manuzzi’ da bambino insieme al mio papà e negli anni non ho mai smesso, nemmeno una volta entrato in seminario”.

Ricordi di tifoso, ma con mente e cuore sempre proiettati più ‘in alto’: “Era la Cesena di Glauco Carghini, un animale da curva (ride ndr), di Cecca Cecca, del menestrello che animava lo stadio Gian Marten e dell’indimenticabile Brunella: personaggi che hanno fatto la storia di una città prima ancora che di una squadra”. E da qui nasce l’idea: “Abbiamo voluto ricordare le icone che non ci sono più: loro, i mitici presidenti Dino Manuzzi, il Conte Alberto Rognoni, Edmeo Lugaresi, ma anche figure non solo legate alla Romagna, ma anche all’ Italia del pallone come Azeglio Vicini”. Con uno scopo limpido: “La religione è per e dei vivi, ma chi ci lascia vive ancor di più. Con questa convinzione, io, l’uomo della Curva Mare don Paolo Foschi (parroco di Torre del Moro cfr.), don Maurizio Mancini di Montecastello e don Giovanni Savini (San Carlo cfr.) abbiamo ritenuto di condividere questa nostra vicinanza al Cesena per stringere la comunità intorno a un pezzo della sua tradizione”. Passata, presente e futura: “Per la società attuale ha partecipato alla funzione il “Condor” Massimo Agostini, responsabile dell’area tecnica del Cesena. Il giorno prima Pisseri ci aveva chiesto un video motivazionale per la squadra impegnata allo Zini con la Cremonese”. E poi i tifosi: “Dal gruppo fondato da me in parrocchia, ‘Cesena Fan Club – Longiano, ai molti amici, conoscenti e altri concittadini che come me hanno dipinto la loro vita dei colori bianconeri”. Nulla di nuovo: “Come fatto con ‘Duc in altum’, un motoclub creato per i miei fedeli: alla mia Harley e alla mia Triumph non rinuncio” (ride ndr.).

Il Duomo “bianconero” e quel dettaglio scovato durante l’omelia del vescovo

La messa ‘bianconera’ continua il percorso cattolico locale. Quasi all’insaputa di tutti. “C’è un particolare raffigurato nelle vetrate del Duomo San Giovanni Battista di Cesena che materializza a pieno il messaggio che volevamo veicolare con la messa”. Ermeneutica: “La diocesi Cesena-Sarsina prevede che i seminaristi prestino servizio in cattedrale in occasione delle messe celebrate dal vescovo. Quando toccava me trascorrevo il tempo delle omelie, in piedi o in ginocchio di fianco all’altare, perdendomi a guardare ciò che mi circondava”. Così assorto, ma concentrato sui dettagli da scalzare il ‘disegno’ divino con quello ‘umano’.

Mi incantavo a osservare un volto raffigurato sul vetro del finestrone dell’abside. A colpirmi erano i suoi enormi baffi. La guardavo e la ritenevo familiare; poi spostando lo sguardo leggermente sotto quella faccia, ai piedi del San Giovanni predicante e poco distante dalla rappresentazione del suo martirio, individuavo un pallone e degli scarpini da calcio”. Non ha più dubbi: “È Walter Schachner, l’attaccante austriaco idolo dei tifosi nelle stagioni di Serie A fra 1981 e 1983”. Commissionato il restauro nel 1981, lo scultore Nicola Sebastio (1914-2005) decide di disegnare sulle vetrate che illuminano l’altare il volto del simbolo sportivo cittadino di quegli anni. Conferma: “Stringendo gli occhi verso il basso è possibile leggere anche la scritta inequivocabile: ‘A.C.’”.

Cesena don Filippo stadio Manuzzi
Don Filippo e l’amico Andrea all’Orogel Stadium

Le trasferte da seminarista e la nostalgia della “poesia del calcio”

La distanza per lo studio sacerdotale non influisce sul rapporto tra don Filippo e la sua squadra. “Il Cesena mi ha sempre seguito, come io ho sempre seguito la fede. Anche da seminarista, che fosse da un Pc o presenziando allo stadio, non perdevo una partita della mia squadra”. Con equilibrio, senza venire meno alla promessa: “Anche quando andavo in trasferta con lo ‘Stone Bridge’, il caldissimo fan club di Ponte Pietra, quartiere dove risiedevo, avevo le mie regole: la domenica mattina cercavo una chiesa, andavo a messa e poi si partiva pe recarsi allo stadio”. Senza vergogna, sempre con orgoglio: “Anche subendo vari improperi da parte dei miei amici (ride ndr.), ma quelli erano i miei principi”. Un percorso reso possibile dal contesto: “A Cesena siamo molto fortunati. Abbiamo sempre vissuto una realtà più o meno unica. Conosci tutti. Le persone che venivano allo stadio trent’anni fa le vedi anche oggi, così come conosci le nuove generazioni. E sai che non ti devi preoccupare di nulla. Andare all’Orogel Stadium è la festa del sabato pomeriggio”.

Pallone e Sacre Scritture, le bussole del viaggio: “Ho vissuto molti anni a Roma. Lì sei obbligato se vuoi ‘sopravvivere’: o Roma o Lazio. Senza tanti scrupoli io scelsi i colori biancocelesti. Ma le differenze con il tifo cesenate sono enormi: si inseriscono altri interessi”. Interpretazione: “Sono grandi realtà in cui si è persa parte della poesia che avvolge il calcio”. “Anni fa – riporta – al Manuzzi si entrava con le cassette di pesche raccolte dai contadini tifosi e si faceva merenda insieme sugli spalti: era la normalità. Oggi quello scambio tra vita concreta, fantasia emotiva del calcio e sicurezza è scomparso: non puoi portare con te nemmeno una bottiglietta di acqua”.

Cesena don Filippo e Alessandro Teodorani
Don Filippo e il suo idolo, l’ex esterno destro del Cesena Alessandro Teodorani

Tra idoli e ambizioni in bianco e nero

Fede. È proprio il caso di dirlo. Il riferimento resta unico e irraggiungibile, ma anche gli idoli richiedono il loro spazio: Dario Hubner, la tuta con cui girava per la città (risata ndr.) e Alessandro Teodorani per l’assonanza di ruolo. Quando giocavo ero ala destra come lui e come gli dissi direttamente: era la mia fonte di ispirazione. Poi gli ho sempre invidiato il caschetto di capelli biondo (ride ndr.)”. Così forte il sentimento per il Cesena e per il calcio da riconoscervi un innovativo metodo di propagazione della Parola: “Abbiamo già avanzato la nostra proposta: tenere una messa ufficiale sul prato dello stadio Dino Manuzzi prima dell’inizio di una partita del Cesena. Per noi sarebbe una soddisfazione enorme”.

Nessuno scisma, solo nuove prospettive: “Ghettizzare lo sport, il calcio o la mondanità è sbagliato: il bene si cela ovunque. Va scovato. Un prete chiuso in canonica non assolve al suo compito”. Un insegnamento dettato dalla lunga e desiderata esperienza di padre Cappelli in mezzo ai giovani. “Stare accanto a bimbi e ragazzi è emblematico: se gli stessi occhi pieni di gioia, spontaneità e immedesimazione che hanno per un pallone li avessero per la scuola, il catechismo o altri spetti della vita sociale potremmo raggiungere una sorta di ‘perfezione’”.

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Don Filippo a un torneo di bocce con una maglietta autoprodotta dedicata al Cesena F.C.

La scoperta: il Santo patrono dei calciatori

Tanta è la passione di questi parroci tifosi che la portano con loro anche nell’intimità della biblioteca. “Nell’organizzare la funzione religiosa don Paolo Foschi ha cercato fra testi sacri e documenti ufficiali se esistesse un Santo Protettore dei calciatori”. Sì, don Filippo, va bene che ‘tutti i Santi aiutano’, ma così forse… “ed è risalito a San Luigi Scrosoppi, nato a Udine nel 1804, sepolto a Orzano, proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 2001 ed eletto santo patrono dei giocatori di calcio su richiesta del vescovo austriaco Alois Schwartz nel 2010”. Quindi, quel segno della croce che molti atleti fanno prima dell’ingresso in campo ha un indirizzo preciso: “Sì (sorride ndr.), richiamare il Divino o il trascendentale significa donare qualcosa: in quel caso una partita di calcio. Realtà materiale e credo religioso tracciano un disegno di fede integrato: com’è stato per me. Infatti ho fatto stampare dei santini di San Scrosoppi da regalare ai presenti alla messa (ride ndr.)”.

Nessun ‘mistero della fede’. San Luigi Scrosoppi è stato proclamato tale secondo i crismi dell’ordinamento canonico. L’intuizione è di un tifoso della località Portschach sul Wörthersee in Carinzia: Manfred Pesek. Il vescovo locale ha presentato istanza negli uffici competenti del Vaticano motivando la richiesta con la ritenuta vicinanza del presbitero friulano ai giovani. Incentivando in loro la coltivazione di qualità come correttezza, perseveranza, sacrificio e forza d’animo. In sintesi: “I valori che trasmette lo sport”. La scelta del defunto Papa polacco, una volta riconosciute come miracoli alcune opere attribuite a Scrosoppi, è giustificata. Secondo quanto sottoscritto da Papa Wojtyla, San Luigi avrebbe prestato intercessione a due malati terminali: il primo nel 1936, il secondo, un neonato, nel 1942. L’ultimo miracolo utile per raggiungere la santità vede Padre Luigi autore di una “rapidissima, completa e duratura guarigione di Pietro Shungu Shitima da polineurite e cachessia in soggetto HIV positivo”. Come riporta il decreto papale promulgato nel 1996. Insomma, “Unire sacro e profano si può” – (P)arola di don Filippo Cappelli. Sì, e il calcio è proprio una questione di ‘fede’. Ma senza misteri…





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