B. Pomeranzi, Femministe di un unico mondo, Fandango. Una storia dei femminismi per costruire futuro

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 





0





0

“Il destino del mondo sta nel ricominciare il cammino per ripercorrerlo con la donna come soggetto” questa citazione da “Sputiamo su Hegel” di Carla Lonzi, in epigrafe all’Introduzione che Bianca Pomeranzi stessa fa al suo libro “Femministe di un unico mondo”, credo abbia ispirato la vita stessa della scrittrice e condensi il senso profondo di un’esortazione, di un passaggio di testimone che ha voluto lasciare come ultimo messaggio a noi che leggiamo. Il libro, pubblicato da Fandango nel 2024, è uscito postumo a cura di Carla Cotti, dopo la morte di Pomeranzi il 21 luglio del 1923. “Femministe di un unico mondo” si apre con un incipit icastico e descrive la criticità della situazione politica, economica e culturale attuale, una fase in cui spesso “gli apparati epistemologici a disposizione del presente appaiono inadeguati” a interpretarlo. Situazioni simili si sono già presentate nella storia recente, ma a volte, nelle smagliature del flusso degli eventi, si è inserito un elemento “imprevisto”, costituito in genere da chi si ribella. Negli anni Settanta l’imprevisto è stato il femminismo, quell’agire politico delle donne che “a partire da sé” hanno provato a cambiare il mondo. L’autrice ritiene che la fase attuale renda necessaria una riflessione e una restituzione di senso a quanto quelle donne hanno vissuto e costruito. Bianca Pomeranzi è stata una protagonista del femminismo romano e transnazionale e ha lavorato in diverse istituzioni nazionali e internazionali, partecipando alla preparazione degli incontri del femminismo transazionale *. Il libro è pertanto una ricostruzione storica narrata in prima persona con la volontà di lasciare testimonianza di un’esperienza acquisita e metterla a disposizione dei nuovi femminismi.

L’autrice inserisce in modo essenziale e discreto brevi annotazioni sulla sua biografia politica. Sottolinea, come sincera assunzione di responsabilità, la consapevolezza di avere sempre operato in posizione “eccentrica” con l’obiettivo di costruire percorsi di liberazione per sé e per le altre, impegnandosi in movimenti femministi e lesbofemministi, ma anche sapendo “di stare operando all’interno di un dispositivo di governance” nella sua professione in istituzioni nazionali e internazionali. Con uno sguardo ampio, che contestualizza sempre le lotte delle donne nella situazione storico politica internazionale Pomeranzi ricostruisce con spessore storico il dipanarsi dell’agire delle donne nelle rappresentanze istituzionali e nei movimenti femministi del Nord e del Sud del mondo. Ricostruisce la congiuntura per cui un femminismo, forte di un’elaborazione teorica originale e di una consapevolezza della valenza politica delle proprie pratiche, riesce a creare una collaborazione tra le Nazioni Unite e altre associazioni e movimenti delle donne.

Negli anni Sessanta, in un mondo molto diverso da quello attuale, le Nazioni Unite avevano cercato di svolgere una funzione di indirizzo, ma la prima decade dello sviluppo (1961 – 69), iniziata con obiettivi ambiziosi di crescita del Pil mondiale si era conclusa con un fallimento. Ci si rese conto ben presto che “ lo sviluppo non riguardava solo la crescita del Pil, ma richiedeva il confronto tra sistemi sociali differenti, dalla produzione all’organizzazione del quotidiano, dall’educazione alla salute e alle relazioni familiari”. Si rendeva necessario elaborare e far funzionare un diverso concetto di sviluppo e in tal senso furono importanti la Conferenza ONU sull’Ambiente che si tenne a Stoccolma nel 1972 che “per la prima volta guardò allo sviluppo come un tema di politica “globale” ponendo il problema dei limiti della crescita”. Importante per il futuro fu anche la creazione dei Forum, per garantire la partecipazione alle Conferenze della società civile internazionale. Per la prima volta le donne cominciarono a essere visibili, sebbene solo nel ruolo di riproduttrici, nella prima Conferenza sulla Popolazione che si tenne a Bucarest nel 1974. Ma fu proprio Helvi Sipila, prima donna a ricoprire un’alta carica come Assistente del Segretario Generale dell’ONU, a indire a New York un Forum Internazionale sul ruolo delle donne rispetto a popolazione e sviluppo.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

L’iniziativa fu efficace perché introdusse modifiche significative nel “Piano d’Azione”della conferenza di Bucarest, che evidenziavano il ruolo delle donne nella riproduzione umana. Questo successo rese possibile finanziare dati e ricerche sul tema e la realizzazione di tre incontri regionali in Asia, Africa e America Latina come promozione per l’Anno Internazionale delle Donne e per la Prima conferenza Mondiale sulle Donne di città del Messico del 1975, concepita come parte del ciclo di incontri Onu sullo Sviluppo. Il susseguirsi di questi incontri può dare l’idea del lavorio necessario e dell’impegno messo in atto per elaborare nuove visioni e giungere alle Conferenze internazionali che da Città del Messico (1975) a Copenaghen (1980) a Nairobi (1985) completarono il Decennio per le donne che l’Onu aveva indetto per rispondere agli squilibri della decolonizzazione e integrare le donne nello sviluppo economico. In un panorama internazionale critico e che già corrodeva alle basi la funzione multilaterale dell’Onu si terrà nel 1993 l’incontro internazionale delle Nazioni sui diritti umani a Vienna, che introduce il tema della violenza nella Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW)** che non era menzionata nel documento del ’79. Nel 1995 la Conferenza di Pechino si conclude con un’importante piattaforma d’azione che mette al centro i temi dell’empowerment delle donne e dell’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, gender mainstreaming, che avranno una lunga influenza politica.

L’autrice descrive le differenze e i conflitti di associazioni e movimenti all’ interno di queste conferenze, ma soprattutto mette in evidenza l’importanza delle reti internazionali che via via si creano tra gli anni Ottanta e Novanta, instaurando dinamiche feconde che rendevano possibile una lettura originale del presente e la proposta di obiettivi che partivano da sollecitazioni del campo femminista, visioni e interpretazioni della realtà che ancora oggi forniscono chiavi interpretative. Già alcuni anni dopo Pechino i movimenti delle donne avevano messo in luce i limiti della nascente governance neoliberale e soprattutto i Forum delle donne avevano cercato di discutere sui disastri che la globalizzazione stava causando in diverse parti del mondo. Si rendeva progressivamente evidente che l’ipotesi di costruire una “governance globale” portata avanti dalle Conferenze Onu avrebbe richiesto cambiamenti istituzionali a livello nazionale e internazionale non facilmente realizzabili, alcune misure venivano approvate, ma restavano sulla carta.

Si diffonde un senso di fallimento che investe i movimenti femministi, divisi fra chi credeva di poter riformare le istituzioni e chi comincia a creare nuovi spazi di conflitto. Nasce in questi anni una “terza ondata ” di femminismo in tutto l’Occidente, ma i gruppi si concentrano per lo più su obiettivi nazionali e regionali. Le interpretazioni istituzionali mettevano in crisi e svuotavano il carattere trasformativo delle soggettività delle donne e il lavoro delle femministe, come anello di congiunzione tra istituzioni e movimenti femministi. Il loro ruolo fu assunto da “un’elite, le “femocrati, che assumevano il tema dell’uguaglianza tra uomini e donne come rivendicazione di carriera, e quello del mainstreaming come inclusione delle donne nelle strutture di potere”. Nel 1999 l’ONU ricevette poi un colpo mortale con la decisione della NATO del bombardamento di Belgrado senza una specifica Risoluzione ONU. L’abbattersi dell’11 settembre infrangeva l’illusione di un liberismo economico moderato dalla fruizione universale dei diritti umani, che si era delineato negli anni Novanta.

La narrazione di Pomeranzi giunge fino alle gravi criticità dei giorni nostri e proprio constatando che nuove visioni politiche faticano ad affermarsi, ritiene che non serva un nuovo soggetto politico, ma una nuova politica. Le donne possono ancora esprimere la volontà di trasformare il mondo? Pomeranzi risponde di sì, guardando ai nuovi femminismi, che hanno inoltre alle spalle quella così ampia e preziosa esperienza di cui ci ha narrato. Con vigile intelligenza Pomeranzi analizza i femminismi che hanno operato in questo quarto di millennio, il femminismo interiezionale, il femminismo della cura, e avverte che tra riflessione sul passato, comprensione del presente e progettazione di un futuro all’interno del femminismo si apre una tensione e la necessità di “decidere cosa fa parte delle fondamenta e dunque è necessario mantenere dove invece siano necessarie trasformazioni radicali alla luce delle nuove conoscenze. Chi disegna il futuro? Chi muove la storia? Qual è l’ambito della convivenza?”. Forse è venuto il momento, sostiene, che quei femminismi che tanto hanno lavorato per realizzare nuove relazioni internazionali riprendano la parola e definiscano una cittadinanza basata sui diritti fondamentali e sul risvolto umano dei cambiamenti che la situazione attuale impone, “a partire dall’umana fragilità”.

Un libro da leggere e da rileggere per coglierne la complessità.

La presentazione di “ Femministe di un unico mondo” avverrà il 7 marzo 2025 alle 17.00 presso Lo Scalo Community Hub, Via Sette Martiri, 49 Orvieto Scalo. Interverranno Carla Cotti, giornalista e curatrice del libro; Elvira Federici, Società Italiana delle Letterate; Ornella Cioni, Presidente del Filo di Eloisa. Associazione Eloisa Manciati. Letture a cura del Filo di Eloisa.

* Ha lavorato come dirigente in un ente di studi e formazione della Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, che aveva rapporti con i movimenti di liberazione in tutto il mondo. E’ stata cofondatrice insieme a Daniela Colombo e altre dell’ organizzazione non governativa AIDOS nel 1981 e insieme ad altre del Centro Internazionale Alma Sabatini. E’ stata direttrice della Cooperazione italiana in Senegal e Africa Orientale. Come esperta in politiche di genere presso la Cooperazione allo sviluppo (Ministero degli Affari esteri) ha collaborato all’attuazione della Conferenza di Pechino. Dal 2013 al 2016 ha fatto parte del Comitato Onu contro le discriminazioni verso le donne (CEDAW).

**La Convensione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione verso le donne (CEDAW) è una convenzione internazionale adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Trattato internazionale sui diritti delle donne entrò in vigore nel 1981.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link