Crisi idrica in Basilicata, «c’è ancora poca trasparenza»

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Il comitato Acqua pubblica “Peppe Di Bello” attacca la Regione Basilicata sulla crisi idrica: «C’è ancora poca trasparenza». Due lettere esposto


Mancanza di trasparenza e di risposte. Le denuncia in una nota il Comitato Acqua Pubblica “Peppe Di Bello” che scrive, fra l’altro: «Abbiamo già denunciato, in due lettere-esposto, tutte le inadempienze della Regione Basilicata nella gestione della fase emergenziale, nella pianificazione e nella tutela del grande patrimonio idrico lucano. Ora ribadisce con forza le proprie richieste in quanto non è più possibile accettare questa situazione di inefficienza e di stallo protrattisi per troppo tempo».

E sulle prospettive per la prossima estate, la nota segnala ancora: «Il Presidente Bardi, gli assessori competenti e tutti gli enti preposti alla gestione della risorsa idrica, già responsabili della paradossale emergenza idrica, stanno continuando ad omettere (consapevolmente o meno) una questione di non poco conto che si chiama crisi climatica e gli inevitabili riverberi che essa già produce e continuerà a produrre sulla disponibilità più generale del bene acqua.
In tale contesto – proseguono – la Giunta Regionale di Basilicata nulla riferisce su cosa accadrà dopo giugno 2025 e quali misure sono allo studio perché l’emergenza non si ripeta».

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Le richieste del Comitato d’altronde sono fin troppo chiare: Si chiede infatti che la Regione realizzi e approvi il Piano di Adattamento ai cambiamenti climatici. Il Comitato vuole anche che sia redatto con tecnici di comprovata esperienza e professionalità e si approvi il Piano di Tutela delle Acque (cosa che avrebbe dovuto fare nel lontano 2008).

Il Comitato precisa poi che «Senza uno strumento rigoroso di conoscenza dello stato di salute, qualitativo e quantitativo dei corpi idrici di cui la Regione dispone, ogni ipotesi di utilizzo di sorgenti (a partire da quelle recentemente annunciate) o falde superficiali e profonde, rischia di essere affidata a scelte estemporanee. Si chiede poi di avviare l’individuazione e la perimetrazione delle aree di salvaguardia cioè le zone di tutela assoluta, di rispetto ristrette ed allargate per tutte le captazioni ad uso potabile, sia quelle già effettuate in fase emergenziale, sia quelle che sono ancora da effettuare».

La Regione secondo il Comitato deve vietare l’insediamento di centri di pericolo ed allontani o metta in sicurezza quelli già esistenti. L’urgenza di questa azione, si legge ancora nella nota, riguarda l’area del pozzo “Pergola1” in cui sono già state effettuate alcune captazioni ad uso potabile di sorgenti a rischio elevatissimo di inquinamento nell’ipotesi di perdite di greggio, qualora fosse estratto e trasportato.

Sempre sul tema della sicurezza il Comitato chiede che si definisca con Aql il piano di interventi di breve medio e lungo termine sulle reti, «Attualmente affette da perdite perfino superiori al 70%, comprensivo di tempi, priorità, risultati attesi e fonti di finanziamento.
E’ nota la disponibilità già in atto di 49 milioni di euro derivanti dal Pnrr: quali interventi – si chiede – sono stati già eseguiti o si intendono eseguire con tali somme ed in che tempi? A Acque del sud si chiede di comunicare periodicamente e con chiarezza quali siano i finanziamenti già richiesti ed eventualmente ottenuti, a quali interventi di manutenzione e di messa in sicurezza di tutti gli invasi regionali essi facciano riferimento, quale sia il cronoprogamma dell’esecuzione dei lavori e quale il loro stato di avanzamento».

Dal Comitato poi la richiesta di «Convocare urgentemente, con riferimento allo schema idrico Basento-Camastra, un tavolo tecnico che coinvolga Acque del Sud spa, Acquedotto Lucano, Arpab e Direzione Generale Dighe, allo scopo di definire tempi e modi per il ripristino progressivo dei livelli di invaso fino all’altezza massima di regolazione della diga. Gli sversamenti già in corso – sottolinea – proseguiranno finché non verrà autorizzato l’innalzamento della quota di invaso; ogni giorno di ritardo comporta un incremento del rischio di una nuova crisi idrica nel 2025.

Si dovranno prevedere scenari per l’anno in corso, individuare le conseguenti strategie di riduzione del rischio di una nuova crisi idrica ed indicare quali acque verranno erogate ai cittadini nel caso che la diga del Camastra si svuoti nuovamente. La scelta di tali fonti alternative dovrà essere effettuata nel rispetto delle norme in vigore, escludendo definitivamente l’utilizzo per uso potabile sia di acque non classificate che delle acque del Basento, soprattutto se captate a valle di fonti di inquinamento attive o previste».

«Tale precisazione – concludono – deriva dal fatto che il progetto di rendere stabile l’attuale captazione del fiume Basento e della condotta fra il fiume Basento e la diga del Camastra e, nel contempo, di potenziare il potabilizzatore di Masseria Romaniello, potrebbe far desumere l’intento delle istituzioni regionali non solo di riproporre, ma addirittura di rendere definitivo l’uso potabile delle acque del Basento» Ipotesi, conclude la nota a cui Il Comitato si opporrà.



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