Giovanni Galli soddisfatto dell’inserimento dello sport in Costituzione, ma deve essere inserito nell’art. 32 e non 33

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Sono passati quattro anni, ma meglio tardi che mai. All’epoca del Governo Draghi, consigliere regionale della Toscana e membro della Terza Commissione, Sanità, Sociale e Sport Giovanni Galli, all’indomani dell’inserimento dello Sport nella Costituzione, espresse il proprio parere sulla questione auspicando una nuova visione sulla tematica dello sport e della salute.
Oggi, dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Senato della modifica dell’art. 33 della Costituzione in cui verrà inserito lo sport, da ex sportivo professionista, Giovanni Galli non può che essere soddisfatto anche se ritiene, però, che l’impostazione data alla riforma Costituzionale non sia quella corretta, o meglio dia una visione solamente parziale e riduttiva dello sport.

Infatti, il consigliere della Lega ritiene che il riconoscimento costituzionale della funzione dello sport dovrebbe trovare casa nell’articolo 32. Giovanni Galli sottolinea che: “Come uomo di campo riconosco l’imprescindibile valore educativo dello sport, ma leggo nelle parole del sottosegretario Vezzali una motivazione ben più ampia, che non può essere separata dalla salute e dal sociale. Ragioni per cui io ritengo che lo sport debba essere inserito nell’articolo 32 della Costituzione e non nel 33. Lo sport oggi deve essere inteso sotto forma di prevenzione, che vuol dire corretta crescita dei bambini, mantenimento di uno stato di forma delle persone giovani, tutela della salute, ma anche cura di alcune patologie croniche per gli anziani. La stessa Carta Europea dello sport lo definisce come ‘qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”.

Giovanni Galli ricorda che: “Un ulteriore pericolo che nasce dall’inserimento dello sport nell‘art. 33, collegato dunque all’istruzione e alla formazione, quello del concetto di indottrinamento, da sempre lontano da questo mondo che, invece, pretende libertà ed autonomia, nel rispetto delle regole che ne determinano il funzionamento. Una libertà ed un’autonomia che oggi fa associare lo sport alla salute, al sociale, alla formazione, alla cultura, al turismo e, dunque, all’economia, ma che non prescinde mai dal concetto di benessere e da quelli di inclusione e integrazione. Motivi per cui è l’art. 32 della Costituzione la casa dello sport e non l’art.33, che rischia di far restare un bel principio lettera morta, se non si crea al suo fianco una vera politica sportiva scolastica che oggi, di fatto, non esiste”.

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Poi, ancora: “Da politico vado anche oltre: se lo sport viene inserito nell’art.33 della Costituzione significa che lo si vuole relegare all’interno del centralismo statale, mentre se lo si inserisce nell’art. 32, dunque nelle politiche per la salute, lo si trasferisce alle Regioni, con la possibilità di concretizzare il principio di sussidiarietà verticale. Questo aspetto non è secondario, perché oggi, di fronte a tanti bei principi, la realtà dei fatti è che di fronte a circa 200miliardi di euro del Pnrr allo sport sono destinati solo 700milioni, dunque le briciole“.

Infine: “La vera sfida dello sport, e quella sarebbe sì educazione per i giovani, è proiettata al futuro e pone, accanto al benessere di chi lo pratica e che, grazie al concetto di prevenzione, permetterebbe ingenti risparmi finanziari per la cura delle malattie, è anche quella ambientale. Occorre una nuova visione circa il sistema impiantistico, per renderlo sostenibile dal punto di vista ambientale, garantendo, a titolo di esempio, una irrigazione degli stadi di calcio attraverso sistemi di accumulo delle acque piovane, garantendo ai nostri vari impianti una sostenibilità energetica con l’installazione di pannelli fotovoltaici, oppure garantendo sedute per gli spalti attraverso il recupero delle plastiche. Ma non solo: occorre pensare anche al diritto di accesso dei nostri impianti anche per i diversamente abili, che hanno poche possibilità di praticare lo sport proprio per i limiti infrastrutturali del nostro sistema impiantistico. Tutelare l’ambiente vuol dire, ancora una volta, tutelare la salute e questo è un ulteriore contributo che quello che è stato e che è il mio mondo può dare alla sanità. Per queste ragioni, rendendomi disponibile per un confronto, offro questo spunto di riflessione al Presidente Draghi, al sottosegretario Vezzali ed a tutti i parlamentari, lasciando loro questa riflessione: dopo anni in cui la politica non si è occupata di sport, ha senso relegarlo di nuovo in una nicchia o non sarebbe meglio ampliare sempre di più la sua portata considerando gli effetti benefici che questo garantisce alla persona e, dunque, alla collettività?”.



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