i casi Liguria e Catalogna

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Le due regioni di prima accoglienza hanno raggiunto nel 2024 il piĆ¹ elevato tasso di persone che si sono tolte la vita allā€™interno delle carceri nei rispettivi Paesi.

Lā€™ultimo anno ha segnato un brutto record per la Catalogna e la Liguria. Le due regioni sul Mar Mediterraneo hanno contato un numero di morti allā€™interno dei propri istituti penitenziari che non lascia dubbi sul fatto che il carcere sia, non solo un luogo di privazione di libertĆ , ma di privazione di altri diritti, primo di tutti la salute. Le persone che si sono tolte la vita secondo i dati di Ristretti Orizzonti e del Dipartimento Catalano di GiustiziaĀ sono sette in Liguria e undici in Catalogna, con un ampio scarto in confronto alle altre regioni allā€™interno dei rispettivi Paesi.Ā Ā 

Numeri elevati, considerato che sia in Italia che in Spagna sono attive procedure per la valutazione del rischio suicidario applicate dal comparto medico allā€™ingresso in carcere e secondo criteri di livello regionale, nazionale e internazionale. E soprattutto, nonostante il fatto che allā€™interno degli istituti siano presenti psicologi, psichiatri e a volte intere equipe di specialisti impegnate nel ridurre il rischio suicidario.Ā 

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A Roma, lunedƬ 3 marzo, per reagire al silenzio della politica su temi prioritari quali il sovraffollamento nelle carceri, il difficile accesso dei detenuti alle misure alternative, per garantire lā€™affettivitĆ  in carcere, i garanti territoriali delle persone private della libertĆ , regionali e provinciali, hanno indetto una giornata di mobilitazione nazionale in seguito allā€™appello diffuso durante la Conferenza nazionale, in cui si chiedono soluzioni giuridiche immediate sia alla politica che allā€™amministrazione penitenziaria.

Persone, non numeri.Ā 

Si chiamava Hawaray, era entrato nel carcere di Genova Marassi per un piccolo furto compiuto nel 2023 e mentre era dentro, a causa di un litigio tra detenuti, si era visto prolungare la pena di alcuni mesi. Fino a quando per una punizione non ĆØ stato rinchiuso in cella di isolamento dove si ĆØ tolto la vita nel febbraio 2024.Ā Ā 

Si chiamava Moussa, il pizzaiolo ormai naturalizzato genovese, schizofrenico, che una volta entrato in carcere non ha mai ricevuto nĆ© una visita psichiatrica nĆ© una visita di un amico o conoscente, ĆØ stato tra gli ultimi a togliersi la vita nel 2024.Ā 

Storie che restano sul banco degli imputati tra un rimpallo di responsabilitĆ  tra i differenti comparti della sanitĆ  e della giustizia.

In Liguria e Catalogna: tra le cause delle morti il segreto di Pulcinella

Lā€™analisi pubblicata nel 2021 sulla rivista Lancet, che ha riunito i dati di 77 ricerche scientifiche sui suicidi in carcere in tutto il mondo per scoprire una volta per tutte le cause allā€™origine di questa tragedia, aveva giĆ  alcuni anni fa evidenziato come fattore critico lā€™assenza di visite sociali da parte di amici, parenti o familiari. Secondo la scienza, sarebbe quindi la cocente solitudine a impattare negativamente la salute mentale di chi ĆØ rinchiuso.

Lā€™indagine del Dipartimento di Giustizia della Catalogna del 2024 sembra confermarlo. Secondo i dati raccolti, lā€™80% delle persone morte per suicidio tra il 2018 e il 2021 si trovava in isolamento negli ultimi sei mesi di vita. E mentre in Catalogna lā€™isolamento ĆØ un fattore di primo piano, in Liguria le pratiche per lā€™accesso alle visite sociali proibiscono a chi non ĆØ di nazionalitĆ  italiana di ricevere visite sociali e familiari.

In Liguria, come in Catalogna, il numero di detenuti stranieri arriva quasi al 50% del totale della popolazione carceraria e quattro su sette persone che si sono tolte la vita in Liguria erano di origine non italiana. Le lungaggini sono legate a documenti extra, traduzioni e certificazioni, che a volte risultano irreperibili, portano il detenuto ad attendere un tempo indefinitamente lungo per accedere alla prima visita sociale o telefonata dei parenti allā€™ingresso del carcere, momento riconosciuto di maggiore fragilitĆ  psicologica.Ā 

Come nei casi di Moussa e Hawaray, lā€™autorizzazione alle visite non ĆØ stata concessa in tempo.Ā 

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Ornella Favero, di Ristretti Orizzonti, in prima linea sul tema, conferma: ā€œI soggetti a piĆ¹ elevato rischio suicidario sono quelli che rimangono piĆ¹ isolatiā€. E descrive lā€™atmosfera attuale allā€™interno delle carceri: ā€œLe persone, a causa degli elevati tassi di sovraffollamento a cui sono sottoposte, non si sentono ascoltate, si sentono numeri, si sentono abbandonate a se stesseā€.

Continua: ā€œDurante lā€™epidemia di COVID-19 si ĆØ autorizzata una telefonata al giorno di dieci minutie e una videochiamata a settimana per chi non svolge il colloquio. Dopo la pandemia in molte carceri la telefonata quotidiana ĆØ stata eliminata e invece riallacciare in tutti i modi i colloqui affettivi ĆØ lā€™unico appiglio vero per ridurre il rischio suicidarioā€.

Per quanto riguarda i migranti, conferma: ā€œLā€™unica cosa che funziona per la nostra esperienza di Padova ĆØ la creazione di uno sportello apposito che faciliti lā€™espletamento delle pratiche burocratiche, perchĆ© i detenuti possano accedere in tempi brevi ai servizi piĆ¹ importanti per la loro vita detentivaā€.

Favero conclude: ā€œA metĆ  2024 ci siamo rivolti al DAP Giovanni Russo per sensibilizzare la dirigenza sullā€™importanza cruciale dei colloqui affettivi. Ora, a pochi mesi dalle dimissioni di Russo, attendiamo che la nuova dirigenza mantenga la promessa di una circolare per il ripristino della telefonata quotidiana in tutteĀ leĀ carceriā€.

Sovraffollamento e salute nellā€™ambito carcerario tra Liguria e Catalogna

Le due regioni affrontano oggi la stessa sfida del sovraffollamento interno agli istituti carcerari. In Liguria, il tasso di sovraffollamento attuale ĆØ di quasi il 130%, mentre in Catalogna la situazione ĆØ ancora peggiore, con una media che supera quella nazionale spagnola, giĆ  molto elevata, del 146%.

GiĆ  alcuni anni fa, nel 2016, una ricerca scientifica denominata M.E.D.I.C.S., realizzata dal team guidato da Roberto Monarca con i fondi del Ministero della Giustizia italiano, faceva emergere ā€“ grazie a unā€™indagine compiuta tra i diversi operatori allā€™interno delle carceri catalane ā€“ il tardivo intervento del personale medico nei casi di tentato suicidio e una scarsa preparazione del personale, medico e non, sul fronte della salute mentale. La ricerca evidenziava come il sovraffollamento rendesse sempre piĆ¹ difficile per il personale medico reagire e offrire la giusta attenzione ai detenuti. A quasi dieci anni dalla ricerca, poco sembra essere cambiato.

In Catalogna, secondo i dati forniti dal Dipartimento della SanitĆ , pochi medici (123) assistono quasi 8.000 detenuti con lā€™aiuto di 175 infermieri. Per quanto riguarda la salute mentale, sono presenti un totale di 23 psichiatri e 12 psicologi, ossia ā€“ facendo un rapido calcolo ā€“ uno psicologo per circa 650 detenuti. Un numero che spiega, in parte, il crescente ricorso agli psicofarmaci nel tentativo di gestire la popolazione carceraria.

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I dati della Liguria non sono piĆ¹ favorevoli: tre ore di lavoro di uno psichiatra bastano per seguire cento detenuti, di cui ben 43 assumono regolarmente psicofarmaci ipnotici e sedativi. Questi dati celano storie vere che trasformano quotidianamente un luogo volto alla rieducazione in un ambiente in cui la punizione arriva a colpire la salute del detenuto, senza pietĆ  e nella sua forma piĆ¹ estrema.

Approfondimento a cura di Laura Ghiandoni

Foto Credits ā€œWeb-doc Inside Carceri, Antigone e Next New Mediaā€

Questo articolo ĆØ stato realizzato con il supporto di Journalismfund Europe





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