Il summit di Londra sul futuro dell’Ucraina e della difesa europea ha rappresentato un momento cruciale per la politica internazionale, riunendo leader di alto livello per discutere delle strategie di supporto a Kiev e delle prospettive di pace. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha ospitato l’evento, che ha visto la partecipazione di rappresentanti di Canada, Francia, Germania, Italia, Spagna e Ucraina, oltre ai vertici dell’Unione Europea e della NATO.
Il dilemma della pace e il ruolo degli Stati Uniti
Uno dei punti centrali dell’incontro è stata la possibilità di negoziati per la pace. Mike Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha avanzato l’idea che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe collaborare più strettamente con gli Stati Uniti e la Russia per giungere a una soluzione, suscitando perplessità sulle sue reali intenzioni politiche. Questa dichiarazione ha alimentato il dibattito sul ruolo degli Stati Uniti nel conflitto, con Starmer che ha ribadito la necessità di una “coalizione di volenterosi” per garantire il rispetto degli accordi di pace.
Il Regno Unito si è detto pronto a fornire uomini e mezzi per sostenere l’iniziativa, sottolineando il ruolo strategico degli Stati Uniti. In questo contesto, l’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump ha assunto una rilevanza particolare: la premier italiana ha sottolineato l’importanza di evitare divisioni interne all’Occidente, evidenziando come qualsiasi frattura potrebbe rivelarsi disastrosa per la stabilità globale.
Il sequestro dei beni russi e il nodo delle sanzioni
Durante il summit, il primo ministro polacco Donald Tusk ha sollevato il tema del sequestro dei beni russi per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Tuttavia, la questione si è rivelata divisiva: alcuni Paesi europei temono ripercussioni economiche e possibili ritorsioni da parte di Mosca. Nonostante queste preoccupazioni, Tusk ha insistito sulla necessità di prolungare le sanzioni dell’UE contro la Russia, sebbene l’Ungheria abbia già minacciato di porre il veto su ulteriori misure punitive.
Parallelamente, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito che l’Ucraina è vittima di una “grande aggressione” e che il sostegno militare e finanziario a Kiev è essenziale per la sicurezza dell’Europa. Ha inoltre dichiarato che la Russia non può imporre un governo filo-russo in Ucraina né pretendere la smilitarizzazione del Paese.
L’Italia tra cautela e supporto strategico
La premier italiana Giorgia Meloni ha espresso riserve sull’idea di inviare truppe europee in Ucraina, pur accogliendo positivamente le proposte di pace avanzate da Francia e Regno Unito. Ha ribadito che l’Italia non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di un coinvolgimento diretto sul terreno, sottolineando la necessità di soluzioni diplomatiche sostenibili.
Meloni ha anche proposto un vertice tra Stati Uniti e Unione Europea per definire strategie comuni, evitando così pericolose divisioni tra gli alleati occidentali. La sua posizione è stata accolta con favore dal premier polacco Tusk, che ha evidenziato l’importanza della cooperazione transatlantica e del rafforzamento delle difese ai confini orientali dell’Europa.
Il ruolo della NATO e l’aumento delle spese militari
Mark Rutte, segretario generale della NATO, ha elogiato gli impegni europei per incrementare le spese militari destinate a Kiev, sottolineando l’importanza di garantire la sicurezza dell’Ucraina anche nel caso di un cessate il fuoco. Ha inoltre espresso fiducia nel ruolo degli Stati Uniti all’interno dell’alleanza, definendo Trump un “amico” e sottolineando la necessità di una NATO coesa e determinata.
A rafforzare questa linea è intervenuta Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, che ha dichiarato la necessità di “trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio”, rendendola inespugnabile agli attacchi russi. Ha poi annunciato che il Consiglio Europeo del 6 marzo discuterà un piano dettagliato per il riarmo dell’Europa, evidenziando l’urgenza di aumentare gli investimenti nella difesa comune.
Il pacchetto di aiuti e il piano di pace anglo-francese
Tra le decisioni concrete del summit di Londra, il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da 2 miliardi di euro per l’Ucraina, comprendente l’acquisto di 5.000 missili per la protezione delle infrastrutture strategiche del Paese.
Starmer ha inoltre confermato che il Regno Unito e la Francia lavoreranno insieme per elaborare un piano di pace per l’Ucraina, che verrà successivamente sottoposto a Donald Trump. Il summit di Lancaster House ha avuto come obiettivo proprio il consolidamento del sostegno degli alleati europei a questa iniziativa.
La visione di Meloni e il dibattito sull’ombrello nucleare europeo
Durante il vertice, Giorgia Meloni ha ribadito la necessità di garantire una pace “giusta e duratura” per Kiev, in linea con la posizione della NATO, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Tuttavia, ha espresso scetticismo sull’idea di un “ombrello nucleare europeo”, considerandolo un segnale di disimpegno da parte degli Stati Uniti, scenario che l’Italia non auspica.
In questo contesto, anche il premier canadese Justin Trudeau ha ribadito il sostegno incondizionato del Canada all’Ucraina, affermando che Ottawa è pronta a fare “tutto il necessario” per garantire la pace, incluso l’invio di truppe di peacekeeping.
Un’Europa divisa o unita nel riarmo?
Il summit di Londra ha mostrato un’Europa determinata a sostenere l’Ucraina, ma con differenze significative sulle modalità di intervento. Da un lato, i paesi come il Regno Unito e la Polonia spingono per un maggiore coinvolgimento militare, mentre altri, come l’Italia e la Germania, preferiscono soluzioni diplomatiche e il mantenimento di un equilibrio tra difesa e negoziati.
L’urgenza del riarmo europeo, sottolineata da Ursula von der Leyen, apre un nuovo capitolo sulla sicurezza del continente, con il rischio di un’escalation militare o, al contrario, l’opportunità di rafforzare la deterrenza e prevenire ulteriori conflitti.
Resta da vedere se l’Occidente riuscirà a mantenere una linea comune o se le divergenze tra i vari leader porteranno a nuove fratture, proprio nel momento in cui la coesione è più necessaria che mai.
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