Direttive europee e legislazione nazionale sul lavoro obbligano alla scelta umana. Anche i dati personali dei lavoratori non possono essere trattati automaticamente da sistemi digitali. Ma è un muro normativo che non può resistere all’infinito
Ormai non passa giorno senza che Elon Musk non ci stupisca con effetti speciali nel suo nuovo ruolo di capo del DOGE, l’ufficio governativo creato per incrementare l’efficienza dei dipendenti pubblici statunitensi. Tra le iniziative più discusse dell’imprenditore di origine sudafricana rientra sicuramente il progetto di creare un software da utilizzare per decidere in maniera automatica chi licenziare e chi no, sulla base di una serie di informazioni raccolte dall’intelligenza artificiale.
Quello che sta facendo Elon, il Doge americano, in Europa è vietatissimo
Un approccio del genere – accompagnata da un uso disinvolto, già in queste prime settimane, del potere di licenziamento, sulla base di prassi impensabili in qualsiasi ordinamento del nostro continente – non sarebbe in alcun modo consentito nei Paesi dell’Unione Europea, dove l’utilizzo dei sistemi di intelligenza sui luoghi di lavoro è soggetto ad alcune regole precise. Il tema è stato regolato, in particolare, dall’Unione Europea con la Direttiva sul lavoro tramite piattaforma (2024/2831), che regola l’attività dei lavoratori impiegati tramite le piattaforme digitali. Questa Direttiva, approvata in via definitiva il 23 ottobre 2024, dovrà essere recepita entro due anni all’interno di ciascuno Stato Membro dell’Unione Europea, e ha una sezione specifica che affronta la questione dell’interazione tra sistemi di gestione del personale e personalità umana in tutti i campi lavorativi. Con rifermento a questo aspetto, in coerenza con i principi già affermati in altre misure precedenti, la Direttiva vieta l’utilizzo di sistemi automatici digitali per il trattamento dei dati personali dei lavoratori (come i dati biometrici oppure il loro stato emotivo) e, soprattutto, afferma la necessità di garantire una supervisione “umana” su tutte le decisioni prese da strumenti digitali automatizzati.
I paletti stretti sull’utilizzo della intelligenza artificiale nei rapporti di lavoro
Questo principio sembra indirettamente rispondere alle iniziative di Musk perché fissa un paletto molto chiaro e significativo: è possibile usare sistemi di intelligenza artificiale nella gestione dei rapporti di lavoro – dalla selezione del personale sino agli avanzamenti di carriera e alla valutazione della performance – ma questo utilizzo trova un limite invalicabile nella supervisione umana. Spetta all’uomo, e non alla macchina, l’ultima parola nelle decisioni, anche quando gli elementi utili ai fini delle scelte sono raccolti dall’intelligenza artificiale. Tanto più che nella materia dei licenziamenti le regole comunitarie e degli stati membri sono incompatibili con qualsiasi processo automatizzato, essendo sempre richiesta una motivazione, che si tratti di licenziamento disciplinare o di tipo economico, per rompere un rapporto di lavoro. Tutto a posto quindi? Possiamo concludere pensando che le regole europee ci mettono al riparo da un futuro che sembra disegnato da uno sceneggiatore di Black Mirror, la fortunata serie di Netflix che ha anticipato l’avverarsi di scenari che solo pochi anni prima sembravano fantascienza? Purtroppo, no, non è tutto a posto. I sistemi di intelligenza artificiale diventano ogni giorno più potenti; hanno una grandissima diffusione in tutti i contesti della società, perché sanno fare tantissime cose a costi ridotti e con risultati incredibili.
Anche la selezione del personale fatta dalla IA è vietata dalla legge
Per rimanere nel campo del lavoro, sono ormai molto diffusioni i sistemi di selezione digitale del personale che fanno colloqui ai candidati rilevandone anche i comportamenti, il tono della voce e l’atteggiamento. Per non parlare della montagna di dati che possono offrire i sistemi di monitoraggio della prestazione o le c.d. wearable Technologies, gli oggetti digitali che si possono indossare (occhiali, orologi, ecc.). Per non parlare dei meccanismi che analizzano gli infortuni sul lavoro e consentono di prevenire la loro ripetizione, o di quelli che rilevano la produttività del lavoro. Molti di questi sistemi oggi non devono fare solo i conti con la regola della prevalenza della decisone umana, ma sono vietati in quanto ledono la dignità dei lavoratori e compromettono il loro diritto alla riservatezza.
I divieti però non sono una barriera sufficiente, e i sistemi giuridici dovranno aggiornarsi
Tuttavia, pensare che la grande potenza che accompagna questi strumenti si possa fronteggiare solo con un pacchetto di divieti è, purtroppo, illusorio; perché questi divieti sono messi sotto pressione (e violati) ogni giorno, sotto la spinta potentissima dell’innovazione tecnologica. I sistemi giuridici dovranno continuamente aggiornarsi, nei prossimi anni, nel tentativo costante di conciliare la spinta sempre più forte per l’utilizzo dei sistemi digitali con l’esigenza di tutelare la dignità umana, limitando un’invasione eccessiva delle macchine sull’uomo. Come andrà a finire? Non è possibile dirlo: forse ci darà la risposta la nuova serie di Black Mirror.
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