Giorgia Meloni può ricucire tra Trump e Zelensky? «Tutti l’ascoltano, con le spese militari al 2% andrà presto alla Casa Bianca» – L’intervista

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Giangiacomo Calovini, deputato FdI e membro dell’assemblea parlamentare Nato: «Oggi l’Italia è apprezzata e rispettata, e la premier terrà a bada la Lega»

Dentro i confini del governo, ascoltare tutti, tenere a bada gli alleati più scalmanati e «trovare la sintesi». Su scala globale, tenere dalla stessa parte della barricata Donald Trump e Volodymyr Zelensky, scongiurando la capitolazione dell’Ucraina. È la doppia, titanica sfida cui in queste ore è votata, per non dire costretta, la premier Giorgia Meloni. Impossibile? No, alla sua portata, dice ottimista a Open Giangiacomo Calovini. Il deputato bresciano di FdI siede in Commissione Esteri dalla Camera, ma anche nell’Assemblea parlamentare della Nato, e dall’ultima riunione di Bruxelles, pochi giorni fa, è tornato con una convinzione: che l’Italia di Meloni sia oggi così rispettata e apprezzata da avere tutte le carte in regola per gestire la prova del fuoco geopolitica della rottura in diretta mondiale Trump-Zelensky. O per lo meno contribuire a quell’urgente opera di ricucitura.

Una tregua di un mese per «testare» Vladimir Putin, truppe europee in Ucraina per garantire il cessate il fuoco. Da Parigi e Londra piovono nuove idee per gestire la crisi aperta dallo scontro Trump-Zelensky. Non è chiarissimo come queste siano recepite a Roma.

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«Il momento è estremamente teso e delicato e tutti cercano di capire che ruolo possono avere. Certo tutti siamo rimasti colpiti dalla scena di venerdì alla Casa Bianca, al culmine di una settimana di tentativi diplomatici (le visite di Macron e Starmer a Washington, ndr) che avevano mostrato i loro limiti. Il vertice di Londra ha avuto il merito di mettere finalmente tutti insieme. Dopodiché è chiaro che alcuni Paesi spingono per una linea di maggior indipendenza europea, altri come Italia e Polonia – per i loro legami storici e non solo – propongono di coinvolgere di più gli Usa. La speranza è che emerga poi una linea comune efficace per tutti».

L’Italia dal canto suo sta lavorando quindi in particolare a quel vertice Europa-Usa «chiamato» da Giorgia Meloni già poche ore dopo lo scontro Trump-Zelensky?

Giangiacomo Calovini, deputato FdI (Ansa/M. Brambatti)

«Questo non glielo so dire, di certo sarebbe una cornice ottimale in cui confrontarsi. D’altronde come noto Giorgia Meloni sta lavorando per andare presto da Trump alla Casa Bianca e anche quella sarà un’importante occasione di confronto».

Trump però anche in queste ore torna ad attaccare a testa bassa Zelensky, che Meloni ha invece sempre tenacemente sostenuto. Come si fa a sostenere entrambi contemporaneamente?

«Ottima domanda, ma la politica è fatta proprio di queste sfide: tra il bianco e il nero, ottenere il grigio. L’Italia, prima e al di là del governo Meloni, sostiene l’Ucraina, ma Roma è anche vicina a Washington, e questo governo lo era anche prima, con l’Amministrazione Biden. Dobbiamo lavorare tutti per una soluzione».

La Lega non pare proprio sulla stessa linea: Zelensky pare averlo scaricato senza troppi complimenti, e Salvini ora chiama gli italiani in piazza per la «pace» di Donald Trump. Posizioni compatibili con lo stare dentro questo governo?

«Io guardo ai fatti, e i fatti dicono che nei dibattiti e nei voti in Parlamento la maggioranza è sempre compatta, anche in tema di missioni militari e politica internazionale. Mi pare acute divisioni sul tema ci siano piuttosto nel campo delle opposizioni. Quanto a noi, non penso proprio che questo governo avrà dei problemi per via del riflesso di azioni di un governo amico come quello di Donald Trump».

Forse potrebbe averne per il riflesso di azioni dell’Ue di von der Leyen? Domani arriverà sul tavolo dei leader un piano di «riarmo d’Europa» da centinaia di miliardi, che la Lega già attacca a testa bassa.

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«Che la Lega a Bruxelles abbia posizioni politiche diverse non è una novità. Sono tranquillo, Giorgia Meloni ascolterà tutte le istanze e farà la sintesi politica, come ha dimostrato di saper fare anche su altri temi. Anche per questo il governo è forte e l’Italia è tornata ad essere ascoltata come non era da anni in tutte le capitali d’Europa, e oltre».

Non è che per avere davvero le «carte» cui Trump tanto guarda Meloni dovrà prima dimostrare di voler cambiare passo sulle spese militari, su cui l’Italia è clamorosamente indietro rispetto ai desiderata Usa?

«Ma non c’è dubbio che su questo il governo è impegnato, il ministro Crosetto lo va ripetendo ormai da tempo. In questo quadro, e col necessario sostegno dell’Ue in termini finanziari, il 2% del Pil in difesa non è più un obiettivo, ma una conditio sine qua non. È la nostra collocazione geopolitica che ci porta lì. Non credo che Trump non aprirà a Meloni le porte della Casa Bianca per questo, ma certo ci faremo trovare pronto facendo “i compiti a casa”».

Alla riunione Nato di Bruxelles partecipavano anche molti parlamentari americani, anche repubblicani. Che mood ha percepito? Teme un disimpegno Usa dall’Alleanza atlantica?

Mah, credo che se gli Usa uscissero dalla Nato sarebbe un costo anche per loro. No, non ho percepito segnali di disimpegno. Di dialettica muscolare, quello sì».



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