Il certificato di destinazione urbanistica è rilasciato sulla base di consolidati documenti e atti, collazionati nel tempo e nella disponibilità della PA, che “certifica” la condizione giuridica dei terreni – Associazione Segretari Comunali e Provinciali

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Tratto da: Lavori Pubblici  

Il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU) è un documento fondamentale per conoscere la destinazione d’uso di un terreno e le relative prescrizioni urbanistiche. Richiesto in diverse situazioni, dalla compravendita di terreni alla richiesta di permessi di costruire, il CDU fornisce informazioni essenziali per valutare la possibilità di edificazione, eventuali vincoli e le norme applicabili.

Esso costituisce uno stato di fatto della destinazione urbanistica di un terreno, in possesso dell’Amministrazione e in quanto tale rappresenta un atto ufficiale e dichiarativo.

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Il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU) è un documento che attesta la destinazione urbanistica di un terreno, in base alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti (Piano Regolatore Generale – PRG, Piano Urbanistico Comunale – PUC, Piani di Lottizzazione, ecc.).

Il CDU riporta informazioni come:

  • la classificazione urbanistica del terreno (agricolo, edificabile, area a servizi, ecc.);
  • le prescrizioni urbanistiche vigenti, inclusi eventuali vincoli (es. paesaggistici, idrogeologici, archeologici);
  • l’indice di edificabilità, se applicabile.

Il certificato ha una validità di un anno dalla data di rilascio, salvo modifiche degli strumenti urbanistici nel frattempo intervenute.

 

Il CDU è necessario in diverse situazioni, tra cui:

  • compravendita di terreni: è obbligatorio per il trasferimento di diritti reali su terreni superiori a 5.000 mq, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001);
  • richiesta di permessi di costruire: serve per verificare se un’area è edificabile;
  • procedure di successione: può essere richiesto per valutare il valore del terreno ai fini fiscali;
  • accesso a finanziamenti agricoli: nel caso di domande di contributi per interventi di miglioramento fondiario o attività agricole.

Ed è proprio quest’ultimo caso al centro della sentenza del TAR Puglia del 25 febbraio 2025, n. 272 con la quale è stato accolto il ricorso di un imprenditore agricolo, che aveva richiesto la rettifica degli elaborati del PPTR Puglia, che classificavano i terreni adibiti da tempo a seminativo nella categoria residuale pascoli e prati naturali, impedendogli di accedere a dei finanziamenti per attività agricola.

Il TAR ha evidenziato come nel provvedimento di diniego dell’Amministrazione si ammettesse la trasformazione del suolo già dal 1998, e che non si potesse addossare al ricorrente la probatio diabolica, pretendendo di ricercare e di produrre i titoli autorizzativi della trasformazione dei terreni, risalenti ad anni remoti, anteriori al 1998,

Sul punto il giudice ha ricordato che, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la validità degli atti di trasferimento dei diritti reali relativi ai terreni, va allegato “[…] il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata”.

Il certificato:

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  • è rilasciato sulla base di consolidati documenti e atti, collazionati nel tempo e nella disponibilità dell’amministrazione, quale depositaria ufficiale degli stessi, che indi “certifica” (ossia rende certi) la condizione giuridica dei terreni, qual risulta in base al contenuto di atti pubblici preesistenti;
  • è diretto ad effettuare una ricognizione della qualificazione urbanistica dell’area, con le indicazioni delle previste prescrizioni, per come attribuita dagli strumenti urbanistici generali e connesse varianti.

In effetti, il certificato di destinazione urbanistica, riepiloga nel dettaglio la disciplina urbanistica ed edilizia territoriale, dando per verificati i presupposti della stessa.

Rientra così un tal atto nella categoria degli atti di certificazione, redatti dal pubblico ufficiale, aventi carattere dichiarativo, ossia certificativo del contenuto di atti pubblici preesistenti e formati dalle preposte autorità pubbliche che, risultando da pubblici registri o documenti ed è munito della correlata fede privilegiata.

Non solo: ai sensi dell’art. 43, co. 1, d.P.R. n. 445/2000, è l’amministrazione, quando rilascia un atto ufficiale, a esserne il primario depositario e a collazionarlo, previa apposizione di registrazione e di protocollo, nei propri archivi; mentre al privato viene rilasciata per notifica o comunicazione un’altra copia fedele all’originale.

Per cui, una volta auto-certificata una data condizione dei terreni, è la pubblica amministrazione che ne dubiti la consistenza e/o abbia la necessità di reperire determinati atti anteriori a doverli ricercare nei propri archivi.

In questo caso, la natura agricola dei terreni risultava:

  • da consolidati atti di compravendita;
  • dal certificato di destinazione urbanistica (rilasciato dall’ente pubblico territoriale);
  • dall’asseverazione di un tecnico;
  • dai rilievi orto-foto acquisiti e nella disponibilità delle parti in giudizio.

Pertanto, la natura legittima dei terreni in discussione è quella agricola, alla data di approvazione del nuovo PPTR, avvenuta nel 2006, con le specificazioni di cui al certificato di destinazione urbanistica.

Non può addossarsi da parte dell’amministrazione, depositaria pubblica ed ufficiale degli atti e dei documenti che rilascia, oneri indebiti ai privati di reperimento di risalenti atti, documenti, o istanze, quando quelli più recenti danno per acquisita e dimostrata la natura di taluni beni.

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Il ricorso è stato quindi accolto, con annullamento del diniego all’istanza e accertamento nell’erronea perimetrazione dei terreni, sulla base della certificazione urbanistica in possesso dell’Amministrazione.

 



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