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Le disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro: la nostra rivolta è il voto

L’8 marzo non è una festa, ma un momento di lotta. Per le donne in Lombardia e in tutta Italia, il mondo del lavoro continua a essere un terreno di disuguaglianze e precarietà. Ecco perché la CGIL si schiera al fianco delle lavoratrici e invita tutte a sostenere i quesiti referendari che mirano a garantire più diritti, più sicurezza e maggiore equità nel mondo del lavoro.

Donne e lavoro in Lombardia: una fotografia preoccupante

I dati parlano chiaro: in Lombardia, le donne rappresentano il 44% dei dipendenti nelle imprese, con una presenza che varia significativamente tra le province, raggiungendo il 54,3% a Pavia (polis.lombardia.it). Tuttavia, il tasso di occupazione femminile nel 2019 era del 60,4%, inferiore alla media europea del 63,0%, con un divario di 15,8 punti percentuali rispetto agli uomini (assolombarda.it).

Le donne sono spesso relegate in settori meno retribuiti e con minori possibilità di carriera, fenomeno noto come segregazione orizzontale e verticale, che impedisce alle lavoratrici di raggiungere posizioni di vertice e di ottenere stipendi adeguati (consiglieradiparita.regione.lombardia.it). Inoltre, le lavoratrici percepiscono pensioni mediamente inferiori del 40% rispetto ai loro colleghi uomini, evidenziando una persistente disparità di genere nel sistema previdenziale (lombardianotizie.online).

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Le donne sono anche più esposte al rischio di licenziamento e a forme di occupazione precaria. I contratti a termine colpiscono prevalentemente le lavoratrici, che hanno maggiori difficoltà nel passare a un contratto a tempo indeterminato (inps.it). In Lombardia, il 54% dei contratti a termine attivati riguarda le donne, che spesso restano intrappolate nella precarietà lavorativa senza prospettive di stabilizzazione (Inail, report 2023).

A questo si aggiunge la fragilità delle condizioni di lavoro nelle piccole imprese, dove le tutele sono minime e il rischio di perdere l’impiego per motivi illegittimi è più alto. Le donne, in particolare, sono maggiormente impiegate in settori con livelli salariali più bassi e meno tutele contrattuali. Inoltre, nei settori in cui il lavoro viene affidato in appalto, le donne rischiano di non vedersi riconosciuti i diritti, soprattutto in caso di infortunio o malattia professionale. Il rischio di malattie professionali per le lavoratrici nella filiera degli appalti è infatti più alto rispetto ad altri settori, e spesso non viene riconosciuto un risarcimento adeguato (Inail, andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali – 2025).

I quesiti referendari: una risposta necessaria

Anche per contrastare e mettere fine a queste disuguaglianze strutturali, la CGIL ha promosso i cinque quesiti referendari che mirano a rafforzare i diritti di tutte le lavoratrici.

  1. Diritto alla reintegra in caso di licenziamento illegittimo: attualmente, chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 non ha la garanzia di reintegro sul posto di lavoro. Votare Sì significa ridare dignità alle lavoratrici, garantendo la giusta protezione contro i licenziamenti ingiusti.
  2. Più tutele nelle piccole imprese: nelle aziende con meno di 15 dipendenti, oggi le tutele contro i licenziamenti illegittimi si riducono a un indennizzo economico, spesso insufficiente. Il voto Sì è essenziale per assicurare pari diritti a tutte le lavoratrici, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.
  3. Stop ai contratti a termine senza causale: la liberalizzazione del lavoro a termine ha reso ancora più precaria la condizione delle donne, che sono le prime a subire contratti brevi e senza garanzie. Votare Sì significa ridare stabilità e prospettive a chi lavora.
  4. Maggior sicurezza negli appalti: nei sistemi di appalto e subappalto, le donne sono più esposte a rischi per la salute e alla negazione dei diritti. L’abolizione della norma che esclude la responsabilità solidale dell’azienda committente è necessaria per tutelare le lavoratrici da infortuni e malattie professionali.
  5. Cittadinanza per chi vive e lavora in Italia: in Lombardia molte donne con background migratorio lavorano nei settori della cura e dell’assistenza. Ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per ottenere la cittadinanza significa riconoscere il valore del loro contributo alla società e garantire loro pieni diritti.

L’8 marzo, il voto è la nostra rivolta

La CGIL Lombardia crede che il lavoro debba essere uno strumento di emancipazione e libertà, non di oppressione e precarietà. Per questo, in questa giornata di mobilitazione femminista, ribadiamo l’invito a sostenere i quesiti referendari per un mondo del lavoro più giusto per tutte.

Per questo, le categorie e le strutture della CGIL in tutta la Lombardia, impegnate costantemente nella lotta contro le discriminazioni di genere e per il femminismo, organizzano in occasione dell’8 marzo diverse azioni di sensibilizzazione: qui trovate l’elenco delle iniziative (in aggiornamento)

 

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