«L’intelligenza artificiale provoca un cambiamento d’epoca da affrontare con coraggio e senza nostalgie» – Chiesa di Milano

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È andato a Piero Bassetti, primo presidente di Regione Lombardia e attento studioso dei processi di innovazione e globalizzazione, il 22esimo Premio internazionale Vittorino Colombo, assegnato dall’omonima fondazione che tiene viva la memoria dello scomparso presidente del Senato e storico promotore dei rapporti tra Italia e Cina.

Il premio è dedicato a personalità di livello internazionale del mondo della politica, dell’imprenditoria e della cultura che abbiano contribuito allo studio e alla diffusione dei valori autentici della politica diretta alla solidarietà e alla collaborazione fra i popoli. È stato assegnato in passato a personaggi come Romano Prodi, Emilio Colombo, Boutros Boutros-Ghali, Andrea Riccardi, Lucio Magri.

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La decisione è scaturita all’unanimità dalla Giuria presieduta dal Cavaliere del lavoro Mario Boselli e di cui fanno parte illustri esponenti del giornalismo, della cultura e dell’imprenditoria come Salvatore Carrubba, Antonio Calabrò, Angelino Alfano, Antonella Sciarrone Alibrandi, padre Antonio Spadaro e Ferruccio de Bortoli.

«Questo riconoscimento – ha sottolineato Mario Boselli consegnando il premio – non è solamente un tributo per quanto Piero Bassetti ha fatto per la nostra città, la regione e tutto il Paese, ma il nostro modo di dirgli grazie per la sua capacità di leggere il presente, le trasformazioni in corso che spesso ci lasciano disorientati, con uno sguardo sempre originale e mai scontato sempre rivolto al mondo nella sua totalità. Non a caso la definizione che credo più gli piaccia, tra le tante che gli hanno dato, è quella di “planetarista” coniata dal corrispondente del Times Peter Nichols. Ecco, Bassetti per tutti noi è uno che ci aiuta a leggere il pianeta nella sua interezza e nelle sue molteplici e mutevoli dimensioni».

Il dialogo con De Bortoli

Piero Bassetti e Ferruccio de Bortoli

Nel corso dell’evento di premiazione, Bassetti, classe 1928, ha risposto ad alcune domande poste da Ferruccio de Bortoli, presidente della Fondazione Corriere della Sera.

Un suo ricordo di Vittorino Colombo…
Io e Vittorino eravamo molto diversi: lui era di estrazione operaia, popolare mentre io venivo dalla borghesia imprenditoriale, ma ci siamo trovati quasi sempre d’accordo. C’era un plafond di valori comuni nella Democrazia cristiana che ci teneva alla fine tutti insieme. Di Vittorino ho sempre ammirato la lealtà e il disinteresse, una sorta di santo laico.

Davanti a ciò che accade oggi nel mondo lei è preoccupato?
Sono preoccupato che l’Europa non riesca a svolgere il suo ruolo storico di civilizzazione e di moderazione tra i due grandi player mondiali (Usa e Cina). E non riesce a farlo perché l’architettura istituzionale basata sui 27 Stati è sbagliata. Non saremo mai uniti sommando 27 statualità nazionali, dobbiamo partire dai popoli, dalle regioni, dai territori.

La sfida dell’innovazione oggi su cosa si gioca?
Sulla rivoluzione del bit, quella che ho chiamato Gutenberg 2. Come la stampa a caratteri mobili ha cambiato il mondo nel XV secolo democratizzando la cultura e anche la religione, così l’intelligenza artificiale provocherà anzi sta già provocando un cambiamento d’epoca che bisogna affrontare con coraggio e senza nostalgie per il passato.

La democrazia è in pericolo?
Si, perché è in crisi il voto. Quello che era il suo punto di forza sta diventando la sua debolezza più macroscopica. In un mondo così complesso votare in modo consapevole e informato è sempre più difficile e infatti la gente non va più a votare. L’altro problema che ha oggi la democrazia è la qualità della classe dirigente politica che è sempre più scarsa proprio quando avremmo bisogno di maggiori competenze. Senza la politica il potere della finanza e dei centri di diffusione delle informazioni è senza freni: lo vediamo già oggi con Musk che si muove come fosse il vero presidente degli Stati Uniti, e per molti aspetti lo è.

Dove devono stare i cattolici in politica?
In un mondo che cambia anche la Chiesa cambia e il suo ruolo nella società. Oggi i cattolici non esprimono più un’egemonia culturale, non sono in grado di innervare la società con i propri valori. Il problema non è dove collocarsi, ma che ruolo giocare in una società che non è più quella di cinquant’anni fa, ma neppure di dieci o quindici. Bisognerebbe prendere spunto dalla civilizzazione cinese che è di carattere sapienziale più che confessionale. In questa prospettiva il problema di “dove stare” si relativizza molto.

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Di Giorgia Meloni che giudizio dà?
Ottimo come politica. È riuscita a tenere insieme il centrodestra, mentre il fronte opposto è diviso e quindi perde. Pessimo come valori e retroterra culturale da cui sono lontanissimo. In particolare trovo immorale l’approccio viscerale, emotivo, populista alla soluzione dei problemi. Così si estremizzano le divisioni nella società, ma non si amministra. Per governare ci vuole il consenso più ampio possibile. Ringrazio il presidente Mattarella, perché fa quasi da solo quel lavoro indispensabile di cucitura tra istituzioni e opinione pubblica senza il quale il Paese va in pezzi.

Le piace ancora Milano?
Si, a condizione di aver presente che è un’altra cosa dalla città che abbiamo conosciuto e in parte costruito noi. Quella straordinaria alleanza tra ceti popolari e borghesia imprenditoriale nel nome dell’innovazione e della ricerca del benessere, quel patto sociale che ha fatto grande Milano e così diversa ad esempio da Torino non lo vedo più o quasi più. La città dell’Area C che vota a sinistra e guarda ai diritti dall’alto di un benessere spesso ereditato non riesce più a dialogare, a entrare in sinergia con la Milano delle periferie, dei ceti popolari e dei milanesi di nuova acquisizione. Chi amministrerà dovrà ridare un compito, una missione a questa città: una nuova stagione del regionalismo che tenga insieme il Paese e lo porti (o lo riporti) in Europa. Questa cosa la può fare solo Milano.

A un giovane che oggi voglia fare politica che consiglio può dare?
Di impadronirsi degli strumenti di comunicazione moderni. Per acquisire una leadership oggi bisogna padroneggiare i social, internet, l’intelligenza artificiale. E bisogna aiutare la gente a distinguere tra vero e falso, tra propaganda e verità. La competenza oggi si gioca innanzitutto sul versante della comunicazione.



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