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L’ARTE COME MESSAGGIO DI PACE
AL MUSEO FONDAZIONE TITO BALESTRA DI LONGIANO (FC)
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PER LA PRIMA VOLTA IN EMILIA-ROMAGNA IN ESPOSIZIONE
JOSÉ ORTEGA. DISEGNI PER I CICLI PASSARONO e MORTE E NASCITA DEGLI INNOCENTI 1968-1970
123 DISEGNI, OPERE GRAFICHE E LIBRI D’ARTISTA
INAUGURAZIONE SABATO 15 MARZO
Comunicato Stampa. Longiano (FC) 4 marzo 2025
L’arte come messaggio di pace. Il polo culturale Fondazione Tito Balestra di Longiano in provincia di Forlì-Cesena considera fondamentale concentrare i propri sforzi di divulgazione artistica su questo tema assai prezioso vista la situazione politica globale e i conflitti in atto; valori e pensiero che la contraddistinguono che saranno un filo conduttore per tutto il 2025.
In questa direzione si colloca la mostra “José Ortega. Disegni per I cicli Passarono e Morte e nascita degli Innocenti 1968-1970 e altre opere grafiche e libri d’artista”, realizzata in collaborazione con il Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant’Andrea (PZ). L’esposizione verrà inaugurata sabato 15 marzo ore 17 nell’ex chiesa Madonna di Loreto al Castello malatestiano.
L’importante esposizione per la prima volta in Emilia-Romagna accoglie 123 disegni preparatori per i cicli “Passarono” e “Morte e nascita degli innocenti” (1968-1970) nati dalla convinzione di Ortega che “Ci sono momenti nella vita dei popoli in cui gli artisti sentono che un’arte di contenuto rivoluzionario è una necessità”. È un disegno fatto di comunicazione visiva diretta perché nessuno ignori l’orrore e l’errore. Ortega si fa testimone e interprete della realtà del suo tempo (e del nostro): nelle strade di Madrid e di Barcellona, sulle sierre, nelle trincee di città sconosciute, dove si vive esuli, si consumano tradimenti e infamie. Artista fortemente impegnato politicamente, fu uno dei rappresentanti del realismo sociale durante la Guerra civile spagnola. Si trasferì a Madrid a tredici anni dove iniziò a dipingere e prese parte ai circoli antifranchisti. Condannato per reati di opinione a 26 anni, uscì dal carcere nel 1952 e realizzò il suo primo ciclo di xilografie. Negli anni successivi, durante il suo esilio a Parigi, ricevette la medaglia d’oro per la sua lotta per la libertà.
La sua mano è inquieta come l’occhio del fotografo, disegna per raccontare ciò che gli altri non possono vedere, scopre il vero senso della lotta, sceglie un particolare e lo dilata trasformandolo in simbolo. Ogni segno traccia un’immagine-visione in presa diretta. Ecco, allora, il paesaggio con la quercia e il paesaggio con il grano e il mietitore , il paesaggio con gli ulivi e i mandorli e il paesaggio con l’asino e il cardo; il gatto e gli uccelli, il pugno e il piede, la catena e la fame, la vita e la morte, la manifestazione, il dittatore, il poliziotto, la scena di violenza, il carceriere, il «pronunciamento», il condannato, la donna che guarda e la donna che implora, la madre dolorosa, il terrore, la fucilazione, il massacro, il contadino ucciso e il compagno morto, la strage degli innocenti, la madre e il figlio, il bambino solo, l’amore tra i mandorli.
L’esposizione evidenzia le tante letture e le molteplici influenze di Ortega, da Josep Renau, artista della propaganda politica visiva, al Picasso spagnolo del 1934-1938 la cui soluzione espressiva affascinerà tutta l’Europa; ma anche Alberto Sánchez Pérez, scultore toledano, e Gonzales de “La contadina di Montserrat”, fino a Goya dei “Disastri della guerra”.
Da queste ascendenti parte la ricognizione formale del repertorio linguistico di Ortega che filtra di continuo i riferimenti delle antiche tradizioni della cultura popolare al contemporaneo. Intrusioni e contaminazioni operano recuperi, prove di stile e innovazioni, prima attraverso la grafica poi mediante la cartapesta che gli offre la possibilità di realizzare opere originali di forte immediatezza visiva, di intenso lirismo, dalle piatte campiture e dalla pennellata veemente.
A corredo della mostra sono previsti alcuni eventi collaterali: la visita guidata dal direttore della Fondazione il 24 aprile in occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione e il 17 maggio un importante momento in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Longiano che presenterà le maschere e gli interventi sulla pace realizzati dagli studenti della scuola media ispirati dai disegni di José Ortega.
José Ortega nasce nel 1921 a Arroba de los Montes, nella Mancia, la terra fantasiosa dell’epopea di Don Chisciotte. La sua famiglia si stabilisce a Madrid nel 1934. Quando esplode la guerra civile spagnola, è già un artista contestatore. Lavora in uno studio di pittura e decorazioni e dipinge manifesti. Si iscrive al partito comunista e viene condannato a 10 anni di prigione (1947). Liberato nel 1952, si iscrive alla Scuola Nazionale di Arti Grafiche e al Circolo Libero delle Belle Arti di Madrid, diventa uno degli animatori di “Juglaría”, un gruppo di giovani intellettuali, responsabile del primo programma di opposizione al regime franchista stilato in ambito culturale. In questo contesto pubblica “El terror” (dieci xilografie), testimonianza della sua esperienza in carcere e di denuncia contro il regime terroristico spagnolo. Nel 1953, con una borsa di studio dal governo francese, studia alla “École Estienne” e all’“École des Beaux Arts” di Parigi. Ritorna in Spagna fra il 1954 e il 1959, vivendo in clandestinità. Vince un premio per la grafica a Varsavia nel 1955, viaggia in Cina nel 1957, fonda il gruppo “Estampa popular” e pubblica il manifesto “Arte Contro” nel 1958. Ormai in esilio a Parigi, fra il 1962 e il 1970, viene considerato uno dei principali artisti spagnoli della nuova generazione, tanto da essere incluso nella grande rassegna dedicata nel 1964 ai “Peintres d’Espagne”. Numerose le mostre, in Francia e all’estero (Parigi, St. Louis, Toronto, Filadelfia, Torino, Roma, Zurigo, Essen, Lussemburgo, Bruxelles, Colonia, Amburgo, Minden, Basilea, Salisburgo). Nel 1959 è ad Albisola dove realizza un nucleo di ceramiche ed entra in contatto con alcuni fra i più noti artisti contemporanei come Lam, Jorn, Appel, Fontana e Sassu. Nel 1963 il Congresso Internazionale di Critici d’arte di Verucchio, presieduto da Giulio Carlo Argan, gli assegna una medaglia d’oro per la sua arte e per il suo impegno a favore della libertà. Nel 1964 è a Roma per la mostra a La Nuova Pesa. Del 1968 è “Il pitocco” di Francisco de Quevedo, del 1968-1969 sono “Le quattro stagioni”, del 1969-1970 i “Segadores”, del 1972 il ciclo di 60 incisioni «Ortega + Dürer» esposte al Museo di Norimberga, al Castello Sforzesco di Milano, alla Galleria Punto di Valencia, alla Galerie Guyot e al Salon de Mai di Parigi, Alla Galerie Kriekar di Amsterdam, alla Galerie Blumen di Lugano. Da questo momento, il suo lavoro si svilupperà sempre per serie. Fissa i suoi ateliers a Roma (1964) e a Matera (1973). Nel 1976, rientrato in Spagna, espone i cicli Passarono e Morte e Nascita degli Innocenti alla Galleria Jolas Velasco di Madrid, al Museo di Bellas Artes di Bilbao, alla Galeria Punto di Valencia. Nel 1980 mostra retrospettiva ad Almagro, nella Mancia, nella Galleria Fucares e nella Chiesa di San Augustin. Il sindaco ne ordina la chiusura il giorno dopo l’inaugurazione. Fissa definitivamente il suo studio a Bosco di San Giovanni a Piro. A partire dagli anni Ottanta la sua opera evolve verso una figurazione meno schematica, tinta di metafisica e impregnata di mistero. La sua ultima personale, con opere dal 1964 al 1990, è alla Galleria Appiani Arte Trentadue di Milano. Muore a Parigi il 24 dicembre 1990.
L’esposizione verrà inaugurata sabato 15 marzo 2025 alle 17 nell’Ex Chiesa Madonna di Loreto al castello Malatestiano di Longiano (FC), e sarà visitabile fino all’11 maggio 2025 secondo gli orari del museo.
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