Pryangika non parla. Non parlano più neanche i suoi occhi.
Da molti anni ormai lo sguardo è fisso in un punto lontano che nessuno vede.
Quella domenica il suo mondo si è fermato. O meglio, il suo mondo ha continuato ad esistere in un altro spazio e tempo dove non entrano il terrore, le corse dei familiari, il viso esanime della figlia di tre anni. Intorno a lei sono trascorsi vent’anni, il figlio maggiore si è sposato, il marito se ne è andato trasportato da una guerra fratricida, la loro casa a Batticaloa, costa est dell’isola, è stata ricostruita e tutto intorno sembra non ricordare cosa è successo il 26 dicembre del 2004.
Tutto questo lei forse non lo comprende o forse é davvero più sicuro quel luogo lontano della mente che viene violentato da uomini e natura.
La catastrofe del maremoto
Lo tsunami del 26 dicembre 2004, causato da un potentissimo terremoto sottomarino al largo della costa occidentale dell’Indonesia, ha avuto un impatto devastante su numerosi paesi dell’Oceano Indiano, incluso lo Sri Lanka.
Circa 35.000 persone sono morte e altre 5.000 sono rimaste ferite. La maggior parte delle vittime proveniva dalle zone costiere del paese, in particolare nelle regioni meridionali e orientali, come Hambantota, Galle, Matara, Batticaloa e Trincomalee. Ma l’onda ha raggiunto anche Jaffna, Mannar, Colombo e Negombo.
Le onde gigantesche hanno distrutto case, edifici, infrastrutture e coltivazioni agricole, con danni enormi a tutte le zone costiere. Intere comunità sono state annientate.
Migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case e le aree colpite sono rimaste senza accesso a servizi di base per settimane o mesi.
L’impatto economico è stato devastante, specialmente nel settore della pesca, che era una fonte vitale di sostentamento per le comunità costiere. La perdita di imbarcazioni e attrezzature ha ridotto drasticamente le capacità produttive, con conseguenze a lungo termine per l’economia locale.
Le onde gigantesche hanno distrutto case, edifici, infrastrutture e coltivazioni agricole, con danni enormi a tutte le zone costiere. Intere comunità sono state annientate.
Le comunitá di pescatori sono diventate all’improvviso comunitá di sfollati, dipendenti in tutto e per tutto dagli aiuti. A ció si é aggiunto il delicatissimo problema della terra: moltissime delle abitazioni sulla costa erano costruite, oltre che di materiali deperibili e poveri, su terreni demaniali. Di fatto quindi gli abitanti non avevano alcun diritto o documento di proprietá e si sono trovati poverissimi, senza fonte di sostentamento, senza abitazione e senza un posto a cui tornare: dopo il maremoto, infatti, il governo ha istituito una zona cuscinetto di diverse centinaia di metri dal mare, rendendo di fatto inabitabile e non edificabile lo spazio che prima lo era.
Lo tsunami, nonostante la distruzione immane, per un po’ ha portato anche la speranza che la guerra si potesse fermare, che l’odio potesse trovare uno spazio comune in cui sciogliersi, uno spazio fatto di vicinanza e di solidarietà tra etnie diverse di uno stesso Popolo.
Invece dopo una prima speranza, dopo i primi soccorsi, dopo il momento in cui era fisicamente impossibile continuare a combattere perché circondati da distruzione, macerie, cadaveri e mancanza di futuro, il conflitto è ripreso in tutta la sua violenza per terminare soltanto cinque anni dopo con una selettiva repressione da parte delle forze armate
La trentennale guerra civile
La guerra civile in Sri Lanka è stato un conflitto armato che ha avuto luogo tra il governo dello Sri Lanka e il gruppo separatista dei Tamil Tigers (Liberation Tigers of Tamil Eelam, LTTE) dal 1983 al 2009. Il conflitto ha avuto radici profonde nelle tensioni etniche tra la maggioranza singalese (che costituisce circa il 75% della popolazione) e la minoranza tamil (circa il 15%), con i Tamil che si sentivano emarginati e discriminati dal governo centrale dominato dai Sinhalese.
Le cause del conflitto sono state di varia e complessa natura ma si possono schematizzare in una iniqua distribuzione del potere e del senso identitario nel Paese.
I Tamil accusavano il governo singalese di escluderli politicamente, socialmente ed economicamente, in particolare dopo l’indipendenza dello Sri Lanka nel 1948. L’introduzione di politiche che favorivano la lingua sinhalese e l’educazione dei Sinhalese contribuì a creare un senso di esclusione tra i Tamil.
Ecco allora che negli anni ’70, alcuni gruppi separatisti Tamil, tra cui l’LTTE, iniziarono a lottare per l’indipendenza della minoranza Tamil nel nord e nell’est del paese. Il movimento chiedeva la creazione di uno stato indipendente chiamato “Tamil Eelam”.
Il conflitto – fatto sino ad allora di eventi singoli a bassa o media intensitá – si intensificò nel 1983, quando un attacco dell’LTTE a soldati governativi scatenò una serie di violenze interetniche, con migliaia di Tamil uccisi durante i pogrom (noti come Black July). Da allora, il conflitto divenne una guerra aperta, con combattimenti regolari tra il governo e l’LTTE.
Durante gli anni ’90, l’LTTE ottenne il controllo di vasti territori nel nord e nell’est dello Sri Lanka, utilizzando guerriglia, attacchi suicidi (tra cui l’uso di “kamikaze”) e il terrorismo. Il gruppo divenne noto per la sua brutalità, sia nei confronti delle forze governative che dei civili, e anche dell’arruolamento forzato di bambini.
I Tamil accusavano il governo singalese di escluderli politicamente, socialmente ed economicamente, in particolare dopo l’indipendenza dello Sri Lanka nel 1948. L’introduzione di politiche che favorivano la lingua sinhalese e l’educazione dei Sinhalese contribuì a creare un senso di esclusione tra i Tamil.
Ci furono vari tentativi di negoziare una pace, tra cui i processi di pace sostenuti dalle Nazioni Unite e da paesi come la Norvegia, ma questi non riuscirono a fermare il conflitto. Il governo e l’LTTE non riuscirono mai a raggiungere un accordo duraturo.
Durante gli anni 2000, la guerra si intensificò nuovamente, con il governo che ottenne il supporto di alleati internazionali, tra cui l’India e gli Stati Uniti. Da ricordare, nel quadro della geopolitica dell’Area asiatica, l’intervento diretto dell’esercito indiano che di fatto non riuscí a cambiare le sorti della guerra, ma anzi soltanto a complicarla.
Nel frattempo, l’LTTE continuò a ricevere sostegno da alcune diaspore Tamil nel mondo per poi esser riconosciuta come un’organizzazione terroristica a livello internazionale.
Nel 2009, dopo anni di pesanti combattimenti, il governo del presidente Mahinda Rajapaksa lanciò una serie di offensive decisive per distruggere l’LTTE. A maggio 2009, il leader dell’LTTE, Velupillai Prabhakaran, fu ucciso, e l’LTTE fu definitivamente sconfitto.
Tutto ció con una comprovata serie di violazioni dei diritti umani ed una cruentissima fase finale che portó alla deportazione forzata di centinaia di migliaia di cittadini verso campi profughi affollati e distanti dalle aree di guerra.
Si stima che il conflitto abbia causato tra 80.000 e 100.000 vittime e milioni di persone siano state sfollate, sia Tamil sia singalesi. La guerra ha avuto un impatto devastante sulle infrastrutture e sull’economia, specialmente nelle regioni settentrionali e orientali.
Entrambe le parti hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, torture, sparizioni forzate, reclutamento di bambini soldato e attacchi a civili.
Anche dopo la fine della guerra, le tensioni etniche e politiche non sono state completamente risolte. Molte comunità Tamil lamentano il fatto che i diritti e l’autonomia siano ancora negati loro, e le cicatrici sociali e psicologiche del conflitto rimangono vive. La questione della ricostruzione del nord e della giustizia per le violazioni dei diritti umani è ancora una delle principali sfide per il paese laddove tra 60 e 100 mila persone risultano ancora disperse.
Si stima che il conflitto abbia causato tra 80.000 e 100.000 vittime e milioni di persone siano state sfollate, sia Tamil sia singalesi.
Pryangika continua a non parlare.
il suo sguardo é fisso su un punto lontano. Forse lei li vede il futuro cristallizzato dalle onde del passato.
Forse sente il fragore del mare ha lasciato il posto al fruscio dolce del vento tra le palme da cocco.
Forse il silenzio é l’unica reazione possibile a questa storia di vent’anni, fatta di oceano, armi, speranza, fughe, dolore, attese, bombe, scomparse, partenze, impegno, preghiera e lotta.
Forse Pryangika lo sa. E tace.
Aggiornato il 04/03/25 alle ore 11:57
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