Warren Buffett, qual è stato il più grande errore negli affari?

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Oggi è ritenuto un vero e proprio genio degli affari. L’economista e filantropo americano siede su una montagna di dollari che secondo alcune stime sarebbe pari a 334 miliardi. Ma questo non significa che non abbia mai commesso errori, come la volta che non ha intuito le potenzialità di Google. La nuova puntata di A lezione di fallimento di Francesca Corrado

Nel 1962, Warren Buffett acquistò le azioni di un’azienda produttrice di tessuti in sofferenza con sede in Massachusetts, la Berkshire Cotton Manufacturing. Ne possedeva il 7%. Fondata nel 1889, l’azienda si sviluppò rapidamente, diventando un colosso del settore tessile. Nel 1929, controllava il 25% della produzione nazionale di cotone. Tuttavia, la fusione del 1955 con Hathaway Manufacturing segnò l’inizio di un periodo difficile. In meno di dieci anni, la Berkshire Hathaway vide il suo valore azionario dimezzarsi e subire perdite operative per oltre 10 milioni di dollari.

Racconta R. Hagstrom che «nel 1964, il management di Berkshire Hathaway si offrì di riacquistare la quota di Buffett a 11,50 dollari ad azione. Warren Buffett si disse d’accordo. Due settimane dopo, quando arrivarono i documenti, il prezzo indicato per le azioni era di 11,375 dollari, 12 centesimi e mezzo meno di quanto concordato con S. Stanton». Buffett, dirà in seguito di essersi «irritato dall’atteggiamento tirchio di Stanton». Rimandò indietro i documenti, acquistò tutta l’azienda e licenziò Stanton. Alla fine del 1965 controllava la Berkshire Hathaway Inc. Il prezzo delle azioni salì a 18 dollari.

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«Quella fu una decisione monumentalmente stupida» scrive Warren Buffett nella lettera agli stakeholders dal titolo Berkshire – Past, Present and Future. Nei due decenni successivi, gli sforzi per rilanciare gli stabilimenti tessili del New England si rivelarono infruttuosi. Nel 1985 Buffett chiuse l’azienda perché «la testardaggine – stupidità? – ha i suoi limiti», mettendo fine a un’attività che andava avanti da 100 anni. Forse per onorare o ricordare il suo errore darà il nome di Berkshire Hathaway Inc. alla holding di investimento di cui è Presidente dal 1996.

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Secondo il suo socio, Munger, la scelta di comprare l’azienda per una differenza di pochi centesimi nel prezzo delle azioni è stato dettato dalle emozioni. Il suo giudizio era stato annebbiato dalla morte del padre, avvenuta 5 giorni prima dell’acquisizione. Secondo i calcoli fatti dallo stesso Warren Buffett, questo errore che considera «il più grave errore di investimento che abbia mai commesso» gli è costato 200 miliardi di dollari. Nonostante ciò, l’esperienza non fu un completo fallimento ma una grande fonte di apprendimento. In primo luogo, ha compreso che un buon imprenditore lascia le emozioni fuori dall’investimento.

«Per investire con successo non servono un QI stratosferico, intuizioni di business fuori dal comune o informazioni dall’interno. Quello che serve è un corretto sistema di riferimento intellettuale per prendere decisioni e la capacità di impedire alle emozioni di corroderlo», scrive Buffett nella prefazione al libro The Intelligent Investor del suo maestro B. Graham. Una seconda lezione appresa è che raramente i riposizionamenti societari vanno a buon fine. Nella sua lettera del 2014 agli azionisti di Berkshire Hathaway, scrive: «Potete credere che nel 1975 comprai Waumbec Mill, un’altra azienda tessile del New England?».

Leggi anche: Nessuno è perfetto: nemmeno Warren Buffett, l’uomo da 334 miliardi di dollari

Sebbene avesse giurato di non investire più nel settore tessile, cedette alla tentazione di un affare apparentemente vantaggioso. Purtroppo, l’investimento si rivelò un errore fatale, portando l’azienda al fallimento. E ora qualche buona notizia, scrive Warren Buffett: «l’industria tessile del nord è finalmente estinta. Non dovete più andare nel panico se sentite che sono stato avvistato mentre vagavo per il New England». Sorridere dei propri errori è un atto di umiltà e di saggezza.

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Errori di commissione e di omissione

Warren Buffett distingue tra due tipi di errori. Gli errori di commissioni sono decisioni di fare che producono perdite, gli errori di omissione sono dovuti alla mancata azione. Quelli che reputa più gravi sono quelli di omissione, che non si vedono nei documenti contabili, perché sono opportunità mancate: «Le cose che dovevo fare, e potevo fare, ma non ho fatto costituiranno gli errori più grossi della mia vita».

Il socio di Warren, Munger, ricorda che entrambi hanno odiato per decenni le azioni ferroviarie, «ma il mondo cambiava e alla fine il paese ha avuto quattro enormi ferrovie di vitale importanza per l’economia americana». All’indomani del collasso finanziario del 2008, e basandosi su prospettive di aumento della domanda per il trasporto ferroviario, acquistarono la società ferroviaria Burlington Northern Santa Fe. «Siamo stati lenti a riconoscere il cambiamento, ma meglio tardi che mai». Era la fine degli anni 2000 quando Sergey Brin e Larry Page, fondatori di Google, bussarono alla porta di Buffett, proponendogli di diventare uno dei loro investitori. La risposta fu no, considerando erroneamente Google uno dei tanti motori di ricerca.

E disse no perché la regola a cui si atteneva fedelmente era quella di non investire in settori esterni al proprio campo di competenza. Le aziende tecnologiche erano per lui materia ignota. La conseguenza di questa regola? Decidere di non investire in Intel, Microsoft e Google. Investì in Amazon solo nel 2019 e accompagnò la sua scelta all’affermazione: «Sono stato un’idiota per non aver acquistato prima».

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Un altro dei suoi rimpianti è non aver comprato la stazione NBC di Dallas-Fort Worth per 35 milioni di dollari. Nella sua lettera agli azionisti del 2007, Buffett ha spiegato di aver perso la possibilità di acquistare la stazione nel periodo in cui ha acquistato See’s Candies nel 1972. Ricordando l’opportunità mancata, Buffett ha sottolineato che la stazione ha guadagnato 73 milioni di dollari al lordo delle imposte nel 2006, e al momento in cui ha scritto la lettera, era valutata 800 milioni di dollari.

Sbaglia, accogli l’errore, analizzalo e vai oltre. Non rimuginare

La lezione è chiara: cogli l’opportunità quando si presenta. Se ti mancano le competenze, acquisiscile o delega a chi ne sa più di te. In ogni caso, apprendiamo da Buffett, «non è mai saggio passare ore a soffermarsi sugli errori del passato. Trascorrere del tempo a preoccuparsi dell’errore non farà che aggravare l’errore e peggiorarlo nel tempo».

I punti di flesso che piacciono a Warren Buffett

L’andamento dell’economia, delle situazioni geopolitiche, delle vicende individuali o sociali, del mercato finanziario è sempre caratterizzato da up & down. Esiste sempre un momento in cui la curva ha un punto di flesso, un punto nel quale la curvatura cambia di segno, da positivo a negativo. Buffett ha attraversato decenni nei quali più volte ha dovuto fare i conti con crisi, recessioni, crolli del mercato. E con cadute dovute ad errori di valutazione dei rischi, delle opportunità o delle persone: «sono spesso inciampato nel valutare la fedeltà o l’abilità dei manager in carica o di quelli che ho nominato». Il punto critico è che spesso questi errori possono richiedere molti anni, anche decenni, per emergere e maturare.

È consapevole che prima o poi le cattive notizie arrivano, e si aspetta che il suo staff glielo dica immediatamente e non cerchi mai di nasconderle. Anzi, ancora meglio è andare alla ricerca di notizie negative per anticipare gli eventi dal momento che Buffett pensa che nel mondo degli affari, lo specchietto retrovisore è sempre più chiaro del parabrezza. Basarsi sulle sole informazioni passate aumenta il rischio e la possibilità di fare errori.

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Certamente, afferma, si verificherà un’altra crisi forse domani, forse tra molti decenni «e in quel caso Berkshire avrà la sua parte delle perdite. Ma a differenza di molti altri saremo ansiosi di aumentare la nostra attività il giorno successivo». Ogni crisi offre anche grandi opportunità per chi sa coglierle e per questo Buffett sprona chiunque a fare il passo successivo, anche se questo passo è ancora da immaginare.

Le regole d’oro

Le tre regole le apprendiamo dalle stesse parole di Buffett.

Onestà: Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per rovinarla. Se ci pensi, farai le cose in modo diverso.

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Capacità di apprendimento: Ogni investitore (leggi persona) commetterà un errore significativo ad un certo punto della propria carriera. Ma questi passi falsi sono solo una parte del processo, e dovremmo cercare di imparare il più possibile da loro.

Flessibilità: Se ti trovi in una barca che perde cronicamente, l’energia dedicata al cambio di navi è probabilmente più produttiva dell’energia dedicata a rattoppare le perdite.





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