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Sono passati tre anni dall’allargamento della guerra in Ucraina. Tanto tempo, troppo per chi ogni giorno deve fare i conti con la paura delle bombe, con la perdita di un amico, di un parente, con la paura che il proprio figlio vada al fronte. La guerra è un mostro vorace che divora la vita, la gioia, i sogni. I sogni che sempre sono la chiave per aprire il futuro. La guerra non è mai giusta. E noi, a tre anni di distanza, insieme italiani e ucraini, ci chiediamo: di fronte al crescere della violenza, dell’ingiustizia, cosa possiamo fare?

Ci sono alcuni sentimenti che forse col tempo hanno trovato posto nel nostro cuore: la rabbia, la frustrazione, il senso di fallimento, l’impotenza, l’indignazione di fronte all’assenza di giustizia.                         Sono sentimenti umani. Sono sentimenti presenti nella Bibbia, in tante sue pagine.                                                 

 Ma Dio non ci vuole prigionieri di sentimenti e risentimenti. Dio non ci vuole schiavi di una tristezza senza prospettive. Il Signore vuole liberarci da sentimenti che svuotano il cuore.

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Per questo Dio ci vuole insieme, ci chiede di essere una famiglia senza confini, capace di resistere alle tempeste della storia. L’affetto, la fiducia, la gratitudine – quando crescono nel cuore- hanno il potere di liberarlo da sentimenti bui. Alla sua famiglia oggi il Signore chiede aiuto. Tornano alla mente le parole del racconto della vocazione del profeta Isaia: Chi manderò e chi andrà per noi? All’appello del Signore, Isaia aveva risposto il suo “si”: Eccomi, manda me! Ma in cosa consisteva la sua missione? In cosa consiste la missione del cristiano nel tempo storico in cui vive? Leggiamo all’inizio del capitolo 61 del libro del profeta: Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti.                        

Un immenso piano di resistenza, un appello alla coscienza dei discepoli di ogni tempo. Chi manderò e chi andrà per noi? Questa domanda di Dio risuona ancora oggi e giunge al nostro cuore, lo interroga. Aveva interrogato anche Gesù. Gesù aveva letto il rotolo del profeta Isaia in sinagoga e lo aveva fatto proprio, lo aveva sentito come una responsabilità personale, come una strada di resistenza di fronte al male del proprio tempo.

Ma noi non siamo Gesù, non siamo neppure Isaia. Cosa possiamo fare di fronte a tanto male? Il profeta usa una parola forte: vendetta. Ma qual è la vendetta di Dio? Verso il male della guerra, della violenza, dell’ingiustizia?  La vendetta di Dio contro il male è liberare i cuori e riaprirli alla speranza. Il cuore dell’uomo è il vero terreno che il male sempre prova a conquistare.

Allora resistere significa riconquistare i cuori alla speranza e all’amore. Farlo in questo anno straordinario di Giubileo, l’anno di grazia del Signore. Ecco –come dice il profeta- questo è il giorno della vendetta del nostro Dio, ilgiorno in cui il Signore libera i cuori degli uomini dall’amarezza, dall’odore di morte, dall’odio, dal lutto, dalla disperazione. In che modo avviene questa liberazione?

Facendo trovare loro una famiglia, una casa, un motivo per vivere. Lenendo le ferite del cuore con parole di consolazione. Riaprendo le mani agli altri, al loro bisogno, per tornare ad assaporare il gusto della gioia. E questo è il grande lavoro che le nostre Comunità di Sant’Egidio portano avanti in Ucraina: organizzare la speranza, riunire chi era disperso, ritessere legami di fiducia, aiutare chi manca di tutto e soprattutto donare il calore di una casa e di una famiglia in cui iniziare ad aiutare gli altri. Un grande disegno di resistenza. È quello che Sant’Egidio porta avanti in tante parti del mondo: a Goma, ad Haiti, nel nord del Mozambico. Davvero si compiono le parole del profeta:

Si chiameranno querce di giustizia. Manifesteranno la sua gloria e restaureranno le città desolate, i luoghi devastati.

Anche a noi tutti viene chiesto di resistere. E resistere è anche aiutare a resistere! Sostenere, incoraggiare, riaprire gli animi alla speranza, liberarli dall’odio, far sentire ricordati, amati, presenti nella nostra preghiera.

Il Signore proprio adesso continua a piantare le sue querce di giustizia, perché diventino una piantagione sparsa per il mondo. Non un esercito che toglie vita, ma una piantagione che aiuta la vita! Aggiunge il profeta: le querce di giustizia manifesteranno la sua gloria.  Dio non è un fallito, Dio non è disarmato. Dio ha una strategia e noi siamo parte del suo piano di salvezza.

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Ciascuno di noi può essere un albero dalle radici ben piantate, una quercia dalle radici saldamente ancorate alla Parola di Dio e a questa fraternità universale. Se lo saremo, lentamente bonificheremo la terra da tanto odio, l’aria dall’odore acre della morte.

Il Signore già prepara la sua venuta e non ci lascerà soli. Perché lo ha promesso.

E il nostro è un Dio che le promesse le mantiene sul serio.   

(*) Comunità di S. Egidio



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