Elezioni tedesche: il segreto del successo della Linke

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In un Paese dove anche i sondaggi sembrano funzionare con precisione, i risultati delle elezioni tedesche del 23 febbraio hanno riservato poche sorprese. Tra  queste, l’affluenza al voto: di quasi 60 milioni di aventi diritto, sono andate a votare circa 49 milioni di persone, segnando un record di partecipazione nella storia tedesca dalla riunificazione a oggi.

La vittoria della CDU/CSU guidata da Friedrich Merz era data per scontata, e così è stato: l’Unione è cresciuta di quattro punti, fermandosi al 28%. Previsto era anche il crollo dei partiti di governo, con la SPD al suo peggior risultato (16%) e i Verdi all’11%. Prevedibile, infine, che i liberali della FDP, responsabili della scomposta crisi della “coalizione semaforo”, fossero puniti alle urne e non riuscissero a superare la soglia di sbarramento del 5%.

Altro dato annunciato, ma non per questo meno inquietante, era la crescita dell’estrema destra: l’AfD è con il 20,8% ormai la seconda forza del Paese. Dal 10% delle ultime parlamentari del 2021, passando al 15% delle europee dello scorso anno, il partito di Alice Weidel ha raccolto a questa tornata più di 10 milioni di voti.

Di questi, 2 milioni provengono da chi alle ultime elezioni non aveva votato e stavolta ha invece deciso di dare la sua preferenza all’estrema destra. La motivazione sempre la stessa: troppo migrazione, poca sicurezza interna  «È  un risultato storico», commentava Weidel, sorridente, alle prime proiezioni, mentre alle sue spalle un gruppo di persone eleganti – tutti uomini – sventolano bandierine della Germania.

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L’estrema destra è avanzata nei cosiddetti “nuovi Bundesländer”, le regioni un tempo sotto la DDR e ancor oggi economicamente in difficoltà. Qui nel 2021 aveva vinto la SPD con percentuali intorno al 30%, quattro anni dopo i socialdemocratici si sono polverizzati e hanno più che dimezzato il loro consenso, lasciando che l’AfD si confermasse primo partito. Un partito ormai radicato e diventato bacino di raccolta della frustrazione dei tedeschi orientali, con risultati che oscillano tra il 30 a il 40%, fino al picco del 46,7% nel collegio elettorale di Görlitz, in Sassonia. Segno che lo spettro della riunificazione fallita non smette di tormentare la Germania, ancora una volta spaccata, dopo queste elezioni, lungo la linea dove un tempo correva il confine, tra un Est dominato dall’estrema destra e un Ovest che vota a maggioranza CDU/CSU.

Ma il dato elettorale che sorprende, e allo stesso tempo preoccupa, è che l’AfD avanza in realtà anche nelle regioni occidentali: si attesta come secondo partito dietro i conservatori con una media del 18%, crescendo talvolta anche di 10 punti percentuale e arrivando addirittura a vincere in due collegi elettorali in Nordrhein-Westfalen e Rheinland-Pflaz.

Le percentuali odierne dell’AfD nelle regioni occidentali sono simili a quelle che il partito segnava nel 2021 nella Germania dell’Est, e c’è chi già parla di una “orientalizzazione” della Germania Ovest. «L’Ovest – scrive ad esempio la fondazione Antonio Amadeo, che fa sensibilizzare sul tema dell’estrema destra – è in ritardo di soli quattro anni rispetto all’Est in termini di sostegno all’AfD e sta recuperando sempre più velocemente».  

Queste elezioni hanno dato insomma all’AfD una vocazione nazionale. È ormai un “partito popolare”, come lo ha definito la stessa Weidel: Volkspartei, un termine solitamente usato in Germania per indicare SPD e CDU, i partiti tradizionali “di maggioranza”, con una solida e ampia base elettorale in tutti i Bundesländer. «Tendiamo la mano per realizzare la volontà popolare e siamo aperti per entrare in trattativa con la CDU», ha detto Weidel alla conferenza stampa dopo il voto, mettendo in chiaro le aspirazioni di governo dell’estrema destra.

Ma la stretta di mano per ora non è avvenuta e venerdì 27 febbraio Unione e socialdemocratici hanno cominciato a Berlino le prime consultazioni per la formazione di una grande coalizione. Insieme i due partiti potrebbero contare su 328 seggi su un totale di 630, e quindi su una fragile maggioranza di 12 deputati.

Delle consultazioni poco o nulla è stato fatto arrivare all’esterno, ma non si fa fatica ad immaginare quali siano i punti, presenti e futuri, su cui una potenziale coalizione dovrà accordarsi: migrazioni, riarmo e autonomia strategica, allentamento del freno al debito pubblico – le differenza da appianare non sono poche.

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Il successo inaspettato della Linke

Nel frattempo, nel Bundestag, si è ricostituito il nuovo gruppo parlamentare della Linke, che potrà contare su 64 tra deputati e deputate. Il gruppo si era dovuto sciogliere nell’ottobre del 2023 per mancanza del numero minimo di seggi: dieci  parlamentari erano fuoriusciti per aderire al Bündnis Sara Wagenknecht (BSW), il nuovo partito che punta a riconquistare consenso nell’Est, strappandolo dalle mani dell’AfD attraverso un mix di temi sociali di sinistra e misure anti-migranti di destra. Una linea ribadita a poche settimana dal voto del 23 febbraio, quando il BSW aveva votato insieme all’AfD una proposta di legge per inasprire il diritto di asilo proposta da Merz che aveva portato milioni di persone, scioccate dalla collusione con l’estrema destra, a scendere in piazza. Se lo scorso anno il BSW aveva preso fino al 15% in alcuni parlamenti regionali dell’Est, a questa tornata elettorale è invece restato al 4,97%, mancando di soli 13.400 voti l’ingresso nel Bundestag. La retorica del partito resta confinata nelle regioni orientali ed è quasi completamente assente all’Ovest. Wagenknecht sta sondando comunque la possibilità di fare ricorso: i suoi seggi, secondo le regole del sistema tedesco, sono stati ridistribuiti tra gli altri partiti e hanno consentito a CDU ed SPD di avere insieme la maggioranza che potrebbe portare a una grande coalizione.

Il sentimento antifascista delle grandi manifestazioni di febbraio è stato invece intercettato dalla Linke. Dato alla fine dell’anno scorso al 3%, si pensava il partito combattesse per entrare in parlamento e nessuno avrebbe creduto potesse arrivare, come invece è successo, all’8,7% (+4%).

Rispetto alle scorse elezioni parlamentari, la sinistra è cresciuta ovunque. Resta Ostpartei, partito storicamente radicato all’Est, dove soffre tuttavia la competizione con il BSW, ma riesce a convincere, seppur con numeri più bassi, anche l’elettorato della Germania Occidentale.

Si è mostrata così credibile nel rappresentare l’unico “voto utile” per fermare la deriva a destra del Paese. Il risultato è stato un’emorragia di elettori ed elettrici socialdemocratici e verdi, più di 1 milione in tutto, che hanno deciso di votare per la Linke. Ma non solo: la sinistra ha avuto un boom di 100mila nuovi iscritti ed è risultata, soprattutto tra le elettrici più giovani, il primo partito. Il 35% per cento delle elettrici tra i 18 e 24 anni ha infatti votato a sinistra, mentre la maggioranza degli elettori loro coetanei (27%) per l’estrema destra.

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Ripartire da Neukölln

Ma la capacità di successo della Linke si è mostrata soprattutto a Berlino. Nella capitale, dove al momento governa una grande coalizione a guida CDU, a febbraio avevano manifestato 250mila persone contro la convergenza di AfD e CDU. Qui la sinistra è per la prima volta partito più votato della città (19,9%): all’Est, non solo ha confermato la sua presenza vincendo al voto uninominale in due suoi tradizionali collegi, ma ha anche strappato il quartiere di Friedrichshain-Kreuzberg ai Verdi.

All’Ovest, ha conquistato per la prima volta un collegio uninominale fuori dai confini della ex-DDR, quello del quartiere multiculturale di Neukölln, nonché il voto proporzionale in alcune circoscrizioni di Mitte, il centro dove vive la borghesia più liberal.

«Non avrei mai creduto che avremmo vinto in modo così schiacciante», dice Antonia. Antonia ha 27 anni ed è entrata nella Linke nel 2017, durante le proteste anti-immigrazione di Pegida. Con lei c’è Anton, 29 anni, anche lui nella Linke dal 2021. Entrambi hanno partecipato alla campagna elettorale della Linke a Neukölln, che ha portato per la seconda volta nel Bundestag Ferat Koçak, attivista antifascista di origine curda vicino ad alcuni gruppi extraparlamentari e ai movimenti antirazzisti. Koçak è volto noto nel quartiere: già molto presente in strada, alle manifestazioni, una volta parlamentare si è tagliato lo stipendio a 2500€ e un giorno a settimana incontra regolarmente gli abitanti che hanno problemi. Per queste elezioni, intorno a lui si è andata a costruire una campagna che ha mobilitato centinaia di persone.

«Non vinci attraverso i social media, ma attraverso le discussioni e una campagna porta-a-porta fatta a tappeto », spiega Antonia. Il quartiere è migrante, abitato in modo densissimo nella parte settentrionale dalla diaspora palestinese, turca, curda, araba e da un proletariato tedesco in quella più meridionale. «Abbiamo individuato le parti di Neukölln dove le persone vivono in situazioni più precarie, dove prendono sussidi, dove ci sono problemi di povertà per i bambini, dove vivono migranti, dove l‘astensionismo era alto», racconta Antonia.  Poi è partita una campagna in due fasi. Nella prima, durata due mesi, hanno bussato a diecimila porte chiedendo alle persone quali fossero i problemi del quartiere. Sulla base delle risposte hanno poi formulato quattro proposte politiche: affitti più bassi, lotta all’inflazione, pulizia del quartiere, mezzi pubblici gratuiti e in orario. «Sono temi centrali della sinistra, ma è interessante che non siano stati posti da noi, ma dagli abitanti del quartiere», dice Anton.

Un metodo di fare politica del basso che viene da Lipsia. Là, proprio attraverso una campagna porta-a-porta per le elezioni regionali in Sassonia, Nam Duy Nguyen, figlio di lavoratori vietnamiti immigrati nella DDR, aveva conquistato nel 2024 un collegio uninominale con cui la Linke era entrare nel parlamento. 

«A livello federale, anche il partito ha preso Lipsia a modello. E ci sono sezioni che hanno cominciato a chiedere direttamente alle persone cosa avrebbero voluto cambiare, se avessero avuto la possibilità di farlo. Purtroppo il tempo per la compagne  elettorale è stato breve e non è stato ovunque possibile. Ma a livello federale abbiamo bussato a 600mila porte», spiega Anton.

Chiusa la prima fase, la sinistra a Neukölln ha organizzato insieme a Koçak un’assemblea di quartiere per presentare a tutti e tutte le proposte formulate insieme agli abitanti. Dopo di che, a gennaio e febbraio, compagni e compagne hanno ribussato alle porte chiedendo di votare la Linke. In tutto, si sono mobilitate duemila persone: interne al partito, ma anche esterne, amici, conoscenti, attivisti di altre organizzazioni. Sono arrivati anche alla Weiße Siedlung, alla High-Deck-Siedlung, a Gropiusstadt, nei fitti complessi condominiali nella parte meridionale di Neukölln, dove vivono le fasce più proletarie ed emarginate, riuscendo a portare la gente a votare. «Questa forza di mobilitazione è stata la chiave del successo», continua Anton.

Adesso, con la vittoria in tasca, le sfide sono diverse. Capire, per prima cosa, se questo modello di mobilitazione e partecipazione potrà funzionare al di fuori delle grandi città, dove la sinistra raccoglie più facilmente consenso. Seconda poi, se servirà ad intercettare il proletariato tedesco spaventato dalle migrazioni che continua a votare estrema destra. A votare AfD sono in gran parte operai (38%) e disoccupati (34%), uomini tra i 30 e i 40 anni, mentre solo l’11% della classe operai è restata fedele alla sinistra.

«Nella Weiße Siedlung la Linke ha preso più del 50%, il che mostra come con questa campagna siamo riusciti a raggiungere la classe lavoratrice migrante. Abbiamo mostrato come le persone vogliano un’altra politica, basata su solidarietà e comunità e non su odio e divisione», dice Antonia.

L’idea è che il tutto non finisca con le elezioni e che si continui a fare politica con la gente del quartiere, creando spazi di incontro e socialità. Feste di quartiere, ma anche altre assemblee per confrontarsi di nuovo con gli abitanti. «Ora si tratta di consolidare queste strutture che abbiamo costruito e costruirne ancora, per cambiare le cose insieme ed organizzarsi», conclude Anton.

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L’immagine di copertina è di Die Linke, da Flickr.

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