Le brusche richieste di Elon Musk ai dipendenti americani sbarcano anche in Italia. La domanda, in perfetto stile Doge, il Dipartimento per l’efficienza del governo americano, è “Cosa avete fatto la scorsa settimana?” e l’obiettivo è quello di dimostrare di essere utili a qualcosa. La mail con la richiesta di chiarimenti rispetto alla propria attività lavorativa è arrivata anche al personale delle basi militari americane di Aviano e Vicenza, dove lavora personale civile italiano. I lavoratori hanno investito le organizzazioni sindacali locali che sono intervenute per chiedere chiarimenti. Il caso, però, è tutt’altro che risolto e sono ora le organizzazioni sindacali nazionali a dover prendere in mano la situazione.
Consistent with President @realDonaldTrump’s instructions, all federal employees will shortly receive an email requesting to understand what they got done last week.
Failure to respond will be taken as a resignation.
— Elon Musk (@elonmusk) February 22, 2025
L’origine del problema è questa comunicazione alla quale sono ispirate le mail ‘sparate’ a chiunque lavori per una struttura pubblica americana. Nell’ultima riga introduce, come da copione, l’elemento della minaccia e della ritorsione: “Non rispondere equivale a dimettersi”. Nessun datore italiano si sognerebbe mai di mandare una comunicazione del genere, completamente aliena da qualsiasi interpretazione del diritto del lavoro.
Il caso assume una proporzione diversa rispetto a quella che per l’Italia finora è stata solo propaganda veicolata da Musk via X. La prima domanda che si pone un lavoratore di fronte a una richiesta del genere è: Devo rispondere?. E la seconda, che viene subito dopo, è: Cosa mi succede se non rispondo o se rispondo male? Le stesse domande sono state immediatamente girate ai sindacati. Perché in Italia, a differenza di buona parte del settore pubblico americano, ci sono anche le relazioni industriali e le organizzazioni che hanno il compito di farle funzionare.
Un elemento dal quale non si può prescindere è che per il personale civile che lavora nelle basi militari americane si applica la legislazione italiana. La logica e il buon senso direbbero che quella richiesta non può avere alcun peso. Ma, si sa, la macchina burocratica è capace di piegare sia la logica sia il buon senso. Come avviene anche in questo caso.
Ai lavoratori dell’AAFES di Aviano, l’ente che gestisce i servizi commerciali per i militari della base, è stato chiesto di fornire comunque una risposta. Stiamo parlando di una infrastruttura militare italiana utilizzata dall’USAF, l’aeronautica militare statunitense. “E’ una situazione imbarazzante e speriamo si tratti di un grande equivoco”, ha spiegato all’Adnkronos Angelo Zaccaria, il coordinatore Uiltucs della base di Aviano e segretario Uiltucs Pordenone. “Abbiamo appena superato una riorganizzazione che ha provocato 44 esuberi. Le email sono arrivate come un fulmine a ciel sereno. La lettera – ha raccontato – è arrivata ai vari supervisori e anche al personale locale italiano o europeo. Alcuni dipendenti sono stati costretti o spinti a rispondere alla lettera dai loro manager. E’ lì che c’è un grande equivoco perché non siamo dipendenti federali Usa. I dipendenti italiani nelle basi Usa – ha ricordato – hanno un contratto di natura privata e a loro si applica la normativa di lavoro italiana. Quindi questa lettera è stata impropriamente girata ad alcuni di noi, ai dipendenti della base di Aviano ma anche ad altre basi in Italia”.
Trattandosi di un tema di rilevanza nazionale, i responsabili sindacali della Uiltucs ritengono che sia necessario coinvolgere i sindacati a Roma per un confronto con i vertici statunitensi.
Ecco che una mail maldestra, in cui si chiede di rispondere con una breve relazione in cinque punti per rendere conto delle attività svolte nell’ultima settimana, può diventare un caso di scuola. Per capire fino a dove può arrivare, diritto del lavoro e contratti alla mano, la potente macchina di Elon Musk e del Doge in Italia. (Di Fabio Insenga)
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