Questa è “un’era di riarmo” e l’Europa “è pronta” a fare quello che serve per difendersi. Lo dice la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, presentando a Bruxelles, senza consentire domande alla stampa,il piano in cinque punti ‘Rearm Europe’ elaborato in vista del summit straordinario di giovedì. “Viviamo – afferma – in tempi molto pericolosi. Non serve che descriva la grave natura delle minacce che affrontiamo. O le conseguenze devastanti che dovremo sopportare se quelle minacce si realizzassero”.
Perché, continua, “la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo reale. O se l’Europa debba assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza. In verità, conosciamo da tempo le risposte a queste domande. La vera domanda che abbiamo di fronte è se l’Europa è disposta ad agire con la decisione che la situazione richiede. E se l’Europa è pronta e in grado di agire con la rapidità e l’ambizione necessarie”.
“Nei vari incontri delle ultime settimane – prosegue – l’ultimo due giorni fa a Londra, la risposta delle capitali europee è stata tanto clamorosa quanto chiara. Siamo in un’era di riarmo. E l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente la spesa per la difesa. Sia per rispondere all’urgenza di agire a breve termine e per sostenere l’Ucraina, ma anche per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi molte più responsabilità per la nostra sicurezza europea”.
Attivare clausola nazionale salvaguardia
“La prima parte di questo piano di riarmo dell’Europa – spiega in dichiarazioni alla stampa a Bruxelles, senza che siano consentite domande – è quella di consentire l’uso dei finanziamenti pubblici e della difesa a livello nazionale”.
Gli Stati membri, continua Von der Leyen, “sono pronti a investire di più nella propria sicurezza se dispongono di spazio fiscale. Dobbiamo quindi consentire loro di farlo. Ed è per questo motivo che proporremo di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del patto di stabilità e crescita”.
Questo, prosegue, “consentirà agli Stati membri di aumentare significativamente le spese per la difesa senza innescare la procedura per i disavanzi eccessivi. Pertanto, se gli Stati membri aumentassero la spesa per la difesa in media dell’1,5% del Pil, ciò potrebbe creare uno spazio fiscale di quasi 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni”.
Nuovo trumento Ue, 150 miliardi di prestiti
Il secondo punto del piano “sarà un nuovo strumento. Fornirà 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa”. “Si tratta fondamentalmente – continua Von der Leyen- di spendere meglio e di spendere insieme. E stiamo parlando di ambiti di capacità paneuropei come, ad esempio, la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le munizioni, i droni e i sistemi antidrone, ma anche di rispondere ad altre esigenze, dalla mobilità informatica a quella militare, ad esempio. Ciò aiuterà gli Stati membri a mettere insieme la domanda e ad acquistare congiuntamente”.
E naturalmente, aggiunge, “con queste attrezzature, gli Stati membri possono aumentare in modo massiccio il loro sostegno all’Ucraina. Quindi equipaggiamento militare immediato per l’Ucraina. Questo approccio di appalti congiunti ridurrà anche i costi. Ridurrà la frammentazione, ma aumenterà l’interoperabilità e, naturalmente, rafforzerà la nostra base industriale di difesa. E ciò può andare a vantaggio dell’Ucraina, come ho appena descritto. Questo – conclude – è il momento dell’Europa e dobbiamo essere all’altezza”.
Con Rearm Europe fondi per 800 miliardi
Il piano per riarmare l’Europa consentirà di mobilitare per la difesa Ue circa 800 miliardi di euro. Oltre alla clausula nazionale di salvaguardia del patto di stabilità e ad un nuovo strumento da 150 miliardi, “il terzo punto – afferma – è utilizzare il potere del bilancio dell’Ue e c’è molto che possiamo fare in questo ambito nel breve termine per indirizzare più fondi verso investimenti legati alla difesa”.
E’ per questo motivo, prosegue la presidente, “che posso annunciare che proporremo ulteriori possibilità e incentivi affinché gli Stati membri decidano se utilizzare i programmi della politica di coesione per aumentare la spesa per la difesa. Gli ultimi due ambiti di azione mirano a mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli investimenti e, ovviamente, attraverso la Banca europea per gli investimenti”. “Per concludere, l’Europa è pronta ad assumersi le proprie responsabilità. L’Europa potrebbe mobilitare quasi 800 miliardi di euro di spese per la difesa per un’Europa sicura e resiliente. Naturalmente continueremo a lavorare a stretto contatto con i nostri partner nella Nato”, conclude.
Tra i più forti critici dell’iniziativa – che tra le altre misure prevede di attivare la clausola nazionale di salvaguardia, 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa, mobilitare per la difesa Ue circa 800 miliardi di euro – c’è la leader del Partito democratico Elly Schlein e il numero uno del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. E con loro esponenti di Avs e Azione, uniti affinché la presidente del Consiglio spieghi al Parlamento quale sarà la linea del governo sul tema quando siederà tra i leader e i vertici Ue il 6 marzo prossimo.
Schlein: “Serve difesa comune, non riarmo”
Quella di von der Leyen “non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse”, ribatte la segretaria del Pd, Elly Schlein.
“Il piano von der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune. Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa – avverte – non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo”.
“Noi – argomenta Schlein – abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune”.
“Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali. È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all’altezza della sfida globale – strategica, economica, politica – al ruolo dell’Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi. Noi porteremo la nostra posizione già al prossimo vertice dei socialisti e democratici a Bruxelles, in vista del Consiglio straordinario”, conclude Schlein.
Conte all’attacco: “E’ furia bellicista”
“Noi siamo per l’Europa di Next Generation, che ha portato in Italia 209 miliardi. Adesso invece abbiamo l’Europa di von der Leyen che vuole investire 800 miliardi per il riarmo, questo significa 30 miliardi per l’Italia sottratti a sanità, istruzione, scuola, sottratti agli aiuti, al sostegno per famiglie e imprese che sono vessati, al caro bollette, al carovita”, tuona intanto Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
“E’ una furia bellicista – prosegue – che noi contrasteremo in ogni modo. Il blu dell’Europa si tinge di verde militare. Il 5 aprile a Roma, tutti insieme, per manifestare a favore dei cittadini e non dei signori della guerra”.
“Perché cosa” dovremo essere in piazza il 15 marzo? “Per quale Europa? Per l’Europa di von der Leyen? Adesso c’è da prendere posizione su questo. Le nostre idee sono chiare, sono per una Europa che investa a favore dei cittadini, un’Europa più verde e solidale, non l’Europa del riarmo, delle armi. Questo va chiarito ed è per questa ragione che non possiamo dire, in questo momento, più Europa se è quella di von der Leyen”, aggiunge il pentastellato sulla possibilità di prendere parte alla manifestazione lanciata da Repubblica sull’Europa.
Opposizioni chiedono Meloni alla Camera prima del Consiglio Ue
Intanto le opposizioni chiedono che la premier Meloni riferisca alla Camera prima del Consiglio Ue. Alla richiesta della presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, si sono infatti associati altri deputati dei partiti di minoranza.
“Chiediamo che la premier Meloni venga in aula prima del consiglio europeo di giovedì 6 marzo”, la richiesta di Braga. “E’ inaccettabile che il presidente del Consiglio si sottragga al Parlamento che non è il passacarte dei decreti del governo. Siamo abituati alla sedia vuota della Meloni ma siamo ancor più preoccupati dell’assenza in aula. Qual è la posizione di Meloni su Europa, sulla collocazione internazionale, sulla difesa comune, sull’Ucraina, sui dazi? Meloni deve riferire al Parlamento”, sottolinea.
Marco Grimaldi di Avs ha chiesto anche un’informativa al ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Chiediamo al governo di uscire dal silenzio”. E quindi Benedetto Della Vedova di Più Europa: “Noi vogliamo che la premier venga a riferire. Lo fa per i consigli europei ordinari, molto meno rilevanti. Lo faccia a maggior ragione per questo consiglio europeo straordinario che ha una straordinaria importanza. Venga a spiegare quale è la posizione che intende portare”.
Fabrizio Benzoni, rinnovando la richiesta a nome di Azione, osserva: “Forse la premier Meloni ha paura di confrontarsi con l’opposizione, ma anche con la sua maggioranza vista la posizione della Lega. Siamo pronti anche a bloccare i lavori pur di avere una risposta dalla presidente del Consiglio”.
Infine i 5 Stelle con il capogruppo Riccardo Ricciardi: “Abbiamo chiesto le comunicazioni di Meloni e non una informativa in modo che ci sia un voto. Lo abbiamo chiesto mercoledì scorso e nel frattempo è successo di tutto: un piano da 800 miliardi di riarmo dell’Europa, i dazi di Trump e lo scontro tra Trump e Zelensky nello studio ovale e Meloni ancora non si degna di venire in Parlamento”. Infine Maria Elena Boschi di Italia Viva: “Ci uniamo alla richiesta delle altre opposizioni, richiesta già avanzata all’ultima capigruppo e rinnovata con lettera il 1 marzo al presidente della Camera. Non abbiamo avuto risposte. Nelle prossime 48 ore questo Parlamento non può discutere alcun argomento più importante di quello del consiglio europeo di giovedì 6 marzo. Noi siamo pronti a convocarci, anche di notte”.
Meloni in ogni caso non riferirà in aula al Senato prima del Consiglio straordinario europeo, quanto è emerso dalla capigruppo del Senato con le opposizioni che puntano il dito sull’assenza della presidente del Consiglio.
”Abbiamo chiesto come opposizioni la Meloni in aula prima del Consiglio straordinario del 6 marzo – ha detto il capogruppo Pd Francesco Boccia al termine della capogruppo -. Ci è stato detto che non è nelle condizioni di venire. Ci dispiace molto. Sono settimane che le opposizioni lo chiedono, dal caso Almasri a Paragon, ma purtroppo Meloni non verrà. Siamo molto preoccupati perché avremmo voluto capire, prima del Consiglio straordinario, la posizione della presidente sulla collocazione internazionale del nostro paese, sulla difesa comune, sui dazi e in generale sull’Europa. Anche di fronte ad una gravissima crisi internazionale Meloni ha privilegiato qualche trasmissione televisiva al parlamento. Ci pare di poter dire che non venga in parlamento perché la maggioranza è molto divisa sulle grandi questioni internazionali ed evitano di mostrare queste divisioni in parlamento”.
”Ci hanno detto: ‘Fateglielo prima fare questo Consiglio e poi sapremo’. Ma a noi ci interessa saperlo prima -ha aggiunto Ivan Scalfarotto (Iv). ”Mi sembra sacrosanto – ha aggiunto Stefano Patuanelli capogruppo M5s – che le opposizioni chiedano alla presidente del Consiglio di capire se la posizione del governo è quella di Tajani o di Salvini, è quella di Fi o della Lega o nessuna delle due”. Per Peppe De Cristofaro (Avs) è la ”terza vicenda sulle questioni internazionali in cui la presidente del Consiglio si sottrae al dibattito parlamentare. Poche settimane fa c’è stata la vicenda Almasri e prima Paragon”.
Tajani plaude a von der Leyen
Tra i chiamati a riferire in Aula dall’opposizione, Tajani intanto plaude al piano della presidente della Commissione Ue. “Bene von der Leyen: finalmente si fanno concreti passi in avanti per costruire una indispensabile difesa europea. Era il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi. Ora bisogna realizzarlo, senza indugi, nel modo migliore possibile per rendere più forte l’Europa nel contesto di una solida alleanza con gli Stati Uniti”, le parole su del ministro degli Esteri e vicepremier.
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