Botte e pestaggi, così funzionava il servizio di riscossione dei Santapaola

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La mafia mette radici nelle falle del sistema e nei gangli della burocrazia lumaca. Sono davvero tanti coloro che preferiscono ricorrere ai servigi dei mafiosi anziché adire vie legali o giudiziali. Nelle carte del blitz “Old horse”, che ieri ha portato a 9 arresti tra le file dei Santapaola-Ercolano dell’hinterland etneo, sono documentate le sollecitazioni di ingegneri e imprenditori al boss di San Pietro Clarenza Orazio Santonocito per la riscossione di crediti o semplicemente per dare una lezione dopo un torto subito. Addirittura c’è chi ha assoldato l’esponente mafioso per “uccidere”.

Ma il macellaio, con una militanza di oltre 30 anni in Cosa Nostra, avrebbe preso tempo. Per il santapaoliano prima di un gesto estremo, con il rischio di attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, è bene provare altri metodi. Sempre violenti, ma non definitivi. Un sistema che sarebbe stato molto utile per riscuotere somme di denaro. Gli esattori del clan dovevano essere pronti a trasformarsi in picchiatori. Calci, pugni, bastonate. I carabinieri hanno documentato un pestaggio in diretta, ripreso da alcune telecamere.

La crudeltà dei senza onore

La crudeltà di Santonocito, figura chiave dell’inchiesta, emerge in modo inequivocabile dalle intercettazioni. Impartisce delle vere e proprie lezioni di violenza mafiosa. Ecco cosa diceva nel 2021 al suo braccio destro Alfio Caruso: «Quando lo vedete là, che scende a Picanello toglietegli la macchina … E ci date na sughiata (lo massacrate a botte). E ci diamo una vuscata di botte, guarda come mi porta i soldi».Il boss non ha scrupoli. E pianificava un altro pestaggio a un debitore che pare non volesse sborsare quanto richiesto: «Gli date una passata di bastonate, cosa vuole fare fa, non mi interessa, non mi interessa perché non è una persona, questo i pantaloni li porta per cumparsa, perché non è che paga, domenica se vengono di mattina mi chiami a me e ce lo diciamo una volta e per sempre».

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Il commercialista che rivuole la macchina

Tre anni fa era un commercialista che chiedeva il favore al clan Santapaola per riavere la macchina rubata. L’asticella si era alzata. Si ricostruiscono contatti tra Santonocito e Cristian Paternò, uomo di altissimo livello della famiglia mafiosa catanese di Cosa Nostra. Ed è proprio Paternò a chiedere a Santonocito di «organizzare una spedizione punitiva ai danni di un imprecisato soggetto»: «Ci devi dire tu… gli devi far male… ci spacco la testa». Il boss di San Pietro Clarenza incaricava della questione il suo delfino Caruso. L’indagato avrebbe dovuto pianificare «un’azione dimostrativa ai danni dell’autore di un furto» che avrebbe avuto la colpa di agire «senza autorizzazione». Caruso si sarebbe dovuto muovere «in modo discreto», attirandolo «con un pretesto in una zona isolata» e poi lo avrebbe dovuto picchiare facendo «il suo nome» e gli avrebbe dovuto intimare di «non menzionare a sua difesa né il clan Cappello né quello dei Carateddi».

La follia criminale di Santonocito

Parlava come un folle criminale Santonocito: «U lignu (bastone) l’hai? e te lo metti nella macchina… una gliela dai per me e gli dici: “chista ta manna “u zio Orazio ca’ ti voli tanto bene”, e tra i colpi di legno alle gambe, gli devi riferire che uno era perché avrebbe dovuto informarlo…».Un uomo si rivolgeva a Santonocito con una richiesta agghiacciante: «Uccidere uno dei suoi datori di lavoro», colpevole «di non avergli saldato il corrispettivo che gli doveva». Santonocito, fortunatamente, rispondeva che prima «si sarebbe limitato a farlo picchiare». «Ci vado con uno, ci insegno dove abita, dobbiamo guardare chi è chi non è, e ci faccio dare quattro colpi di legno, così di buona a buona senza, senza motivo, uno c’è lo dice comportati bene perché la prossima volta ti scippiamo la testa».La regola “dell’uomo avvisato mezzo salvato” pare valere anche per gli uomini d’onore. Che di onore, in verità, non hanno proprio nulla.





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