Il vero prezzo delle Low-Cost è una “falsa” libertà di scelta

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Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari, 5 marzo 2025 – Ogni giorno, nei cieli d’Europa, decine di migliaia di voli low-cost decollano con a bordo passeggeri entusiasti di aver trovato il biglietto aereo a prezzi stracciati.

Ma dietro questa apparente rivoluzione democratica del trasporto aereo si cela una verità scomoda e preoccupante: il costo ridotto non è affatto un miracolo economico, ma un “trabocchetto” ben architettato perché qualcuno, inevitabilmente, deve pagare la differenza. E, come sempre, a pagare sono i cittadini contribuenti.

Le compagnie aeree low-cost ricevono quotidianamente circa 10 milioni di euro dagli aeroporti europei sotto forma di incentivi, sussidi e agevolazioni. Soldi che provengono dalle casse pubbliche, dagli sconti sulle attività aeroportuali e, in ultima istanza, dalle tasche dei contribuenti. In altre parole, ogni biglietto a 9,99 euro che tanto entusiasma è in realtà finanziato con soldi pubblici, cioè di tutti anche da chi l’aereo non lo ha mai preso, a discapito di servizi essenziali che invece avrebbero bisogno di investimenti reali.

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Il modello di business delle compagnie low-cost quindi non solo riceve fondi pubblici, ma si basa su un abbattimento dei costi che si traduce in salari bassissimi per i dipendenti, condizioni di lavoro precarie per il personale di volo e una pressione insostenibile sugli aeroporti più piccoli, costretti a offrire condizioni di favore, pagando le compagnie tramite varie forme di incentivi, per non perdere il traffico aereo.

Il dumping sociale praticato da queste compagnie porta a una drastica svalutazione del lavoro nel settore dell’aviazione commerciale: piloti e assistenti di volo sono spesso costretti ad accettare contratti atipici, a partita IVA o con salari compressi ai minimi, con turni massacranti e diritti ridotti al lumicino. Questo non è solo un problema etico, ma anche una minaccia concreta per la sicurezza dei voli.

Gli aeroporti più piccoli, pur di garantire la presenza delle low-cost, devono offrire sconti sproporzionati su tasse e servizi aeroportuali, una pressione finanziaria che si traduce in una perdita netta di risorse pubbliche, che poi il cittadino contribuente viene chiamato a sanare il rosso di quei bilanci delle società aeroportuali.

Questa strategia predatoria non è altro che un modo per avere sussidi indiretti, scaricando i costi reali sulle amministrazioni locali e, di conseguenza, sulla collettività. Nel lungo periodo, gli stessi aeroporti diventano dipendenti dai voli low-cost e vulnerabili a ricatti commerciali: basta un aumento delle tariffe aeroportuali perché queste compagnie abbandonino lo scalo, lasciando infrastrutture sottoutilizzate e territori isolati.

Tutto questo avviene a danno delle compagnie di bandiera, che invece garantiscono contratti dignitosi, investimenti sulla sicurezza e una struttura economica più sostenibile. Mentre le compagnie tradizionali sono costrette a mantenere una gestione finanziaria più trasparente e regolamentata, le low-cost operano con un’aggressività di mercato spregiudicata, tagliando ogni costo possibile, compresi quelli relativi alla qualità del servizio.

Questa competizione drogata, basata su uno squilibrio normativo e fiscale, sta distruggendo l’intero settore dell’aviazione civile, portando a una selezione naturale in cui sopravvivono solo le compagnie disposte a sacrificare qualità, sicurezza e diritti dei lavoratori. E alla fine, a pagare non sono solo i dipendenti del settore, ma tutti noi, con un servizio sempre più scadente e con un sistema economico che continua a trasferire denaro pubblico nelle tasche di pochi grandi azionisti privati che, in molti casi, non hanno residenza nel nostro Paese.

Non da ultimo, molte compagnie aeree low-cost, nel tentativo di compensare bilanci in rosso, sembrerebbe che, ricorrano a carburanti additivati con sostanze altamente nocive. Questo espediente non solo comprometterebbe la qualità dell’aria, tema che da molto tempo sta alimentando il dibattito sulle cosiddette scie chimiche, ma è ritenuto da molti movimenti di cittadini, parte di strategie di geoingegneria volte a modificare il clima. Un fenomeno che sta sollevando gravi interrogativi sull’impatto ambientale, ma soprattutto sulla trasparenza delle politiche adottate nel settore dell’aviazione.

Siamo davvero sicuri che un biglietto ultra-economico valga il rischio?

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I sostenitori del low-cost parlano di libertà di scelta per il consumatore, ma è una libertà fittizia. La verità è che paghiamo comunque, anche quando una parte dei passeggeri potrebbe utilizzare il trasporto ferroviario che, in alcune direzioni, rappresenterebbe un’alternativa.

Altro problema a cui non si vuole guardare è che, la quota di mercato delle rotte italiane in mano alle compagnie nazionali è solo del 7,6%, tutto il resto è ben presidiato dalle low-cost estere.

Quindi, la prossima volta che trovate un volo a meno di dieci euro, chiedetevi: chi sta realmente pagando e soprattutto chi stiamo pagando? Perché la risposta è semplice: lo paghiamo tutti, lo paghiamo caro e lo paghiamo ad altri.

Forse è giunto il momento di chiedere una regolamentazione seria e di pretendere che i fondi pubblici siano investiti non più in regali alle compagnie low-cost. Altrimenti, continueremo a illuderci di volare a poco prezzo, mentre il vero costo lo paghiamo ogni giorno, facendo pure finta di non accorgercene.





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