Le pensioni delle donne italiane sono del 36% inferiori a quelle degli uomini

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La causa? Il gap contributivo e di genere, e la discontinuità delle carriere lavorative. Le donne pagano anche il costo “sommerso” della cura della famiglia, facendosi carico del 74% del tempo dedicato all’assistenza.

Un gap pensionistico come conseguenza diretta del gap retributivo. È quanto mette in luce (e il dato non è nuovo) l’ultimo rapporto annuale dell’INPS a settembre, che indica come nel 2023 la pensione media sia pari a 1.750 euro lordi per gli uomini e 1.069 euro lordi per le donne, ossia, rispettivamente, circa 1.430 e 947 euro netti: un dato inferiore del 36% per le donne. E, secondo quanto riporta Moneyfarm in una nota, non sarebbe riconducibile tanto al tasso di sostituzione netto, cioè al rapporto tra la retribuzione pensionistica netta e l’ultima retribuzione netta da lavoro dipendente o autonomo, sostanzialmente sovrapponibile tra uomini e donne, quanto al gap retributivo di genere e alla discontinuità lavorativa, che penalizzano pesantemente le lavoratrici italiane.

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Gap retributivo

Sempre da dati INPS, presenti nell’Osservatorio 2023 sui lavoratori dipendenti del settore privato, emerge una retribuzione media annua degli uomini pari a 26.227 euro contro i 18.305 euro delle donne: una differenza di quasi 8 mila euro all’anno che si traduce inevitabilmente in un assegno più basso per le future pensionate. Il divario salariale di genere inizia a manifestarsi “quando le donne raggiungono l’età in cui si tende a mettere su famiglia”, a questo si associa, dunque, il tema del costo “sommerso” della cura di figli e familiari. 

Moneyfarm cita a questo proposito il dato del rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, per cui le donne italiane si fanno carico della quasi totalità (74%) del tempo dedicato all’assistenza e alla cura della persona non retribuite: oltre cinque ore di lavoro al giorno a titolo gratuito, contro le neanche due ore degli uomini. Secondo i calcoli della società di consulenza finanziaria con approccio digitale, “se per questo lavoro ‘extra’ di tre ore al giorno alle donne venisse corrisposto un salario minimo di nove euro all’ora per cinque giorni alla settimana, a fine anno una lavoratrice potrebbe contare su circa 7 mila euro in più”. Il dato è inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto ad altre grandi economie europee come Francia (61% del tempo dedicato ad assistenza e cura) e Germania (62%).

Gli impatti sul lavoro

Il costo non è soltanto in termini di lavoro familiare non retribuito, ma proprio a causa del carico di lavoro legato alla cura della famiglia, il 21% delle donne italiane in età lavorativa dichiara di non cercare attivamente un impiego o di non essere disponibile a lavorare. Nel complesso, le donne tra i 30 e i 59 anni hanno un tasso di occupazione medio del 63% circa, contro l’83% degli uomini, ma per le madri di bambini di età inferiore ai sei anni il tasso di occupazione cala al 53,3 per cento.

Il buco della previdenza complementare

Gli effetti dei dati si rivelano poi lungo tutta la catena lavorativa e previdenziale. Su 24,2 milioni di cittadini nati tra il 1965 e il 1994, soltanto il 26% aderisce alla previdenza complementare, ma tra le donne di età compresa fra i 30 e i 39 anni il dato cala al 17 per cento. “Il motivo è da ricondurre non soltanto al fatto che le giovani lavoratrici aderiscano meno degli uomini ai fondi pensione (27% vs 33%), ma soprattutto, ancora una volta, al fatto che vi siano ben 17 punti di tasso di occupazione a separarle dai loro coetanei uomini”, specificano da Moneyfarm. “La maternità, le pause lavorative per crescere i figli o il caregiving possono influire significativamente sulla costruzione di un patrimonio solido e su una pensione adeguata”, sottolinea Patrizia Franchi, investment consultant manager di Moneyfarm. “Queste variabili rendono essenziale un approccio personalizzato alla pianificazione finanziaria e previdenziale, per assicurarsi che le donne possano proteggere e far crescere il loro capitale nel tempo, nonostante le difficoltà e gli imprevisti che potrebbero emergere durante il cammino. In un simile contesto, diventa fondamentale mettere da parte risorse in proporzione alle proprie possibilità, per migliorare la propria situazione finanziaria e costruirsi un domani più sicuro e indipendente”. 



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