’Ndrangheta e appalti truccati: 32 a processo, politica e mafia a braccetto in Piemonte

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La Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per 32 imputati nell’ambito dell’inchiesta Echidna, un’indagine che ha svelato presunti legami tra la ‘ndrangheta e il mondo degli appalti pubblici nel Nord-Ovest.

L’udienza preliminare, fissata per il 14 marzo, sarà il primo passo di un procedimento giudiziario che punta a far luce su un sistema di infiltrazioni mafiose ben radicato e su una rete di connivenze che avrebbe favorito l’assegnazione irregolare di lavori pubblici, in particolare nel settore della manutenzione stradale.

Al centro dell’indagine c’è la famiglia Pasqua, che secondo la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) avrebbe creato una cellula operativa della ‘ndrangheta a Brandizzo (Torino), su diretto mandato delle ‘ndrine Nirta e Pelle di San Luca, uno dei centri nevralgici della mafia calabrese. Attraverso un controllo capillare del settore del movimento terra e del trasporto, il gruppo avrebbe imposto la propria presenza economica sfruttando canali privilegiati e collusioni per ottenere appalti e lavori pubblici in maniera sistematica.

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Le indagini hanno messo in evidenza i rapporti tra il clan e Roberto Fantini, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Sitalfa, la società che si occupa della manutenzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia (A32). Fantini, oggi imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, è accusato di aver favorito le imprese riconducibili alla ‘ndrangheta nell’assegnazione degli appalti, garantendo corsie preferenziali e trattamenti di favore che avrebbero permesso alle aziende mafiose di inserirsi stabilmente nel settore. Il suo ruolo sarebbe stato centrale non solo nella gestione delle gare d’appalto, ma anche nella creazione di un sistema di protezione che impediva la concorrenza e lasciava spazio solo alle imprese “gradite”.

Nell’elenco degli imputati compare anche Salvatore Gallo, 84 anni, storico esponente della politica torinese e indicato negli atti come “esponente del Partito Democratico”. Sebbene non sia accusato di reati di stampo mafioso, la sua posizione resta delicata a causa di un’accusa di violazione della legge elettorale del 1960. Secondo gli inquirenti, in occasione delle elezioni amministrative del 2021, Gallo, tra le altre cose, avrebbe tentato di raccogliere voti per le candidate Caterina Greco e Sonia Gagliano a lui vicine, promettendo al “collettore” un aiuto concreto per ottenere una visita specialistica e un intervento chirurgico in tempi brevi.

In una conversazione, Gallo avrebbe detto: “Questo ti costa 50 voti di preferenza… non sto scherzando se no… non chiedere più niente. Devo vincere… Mi devi dimostrare che ci siano i voti, se no ti tolgo il saluto.”

Grazie a tali strategie, sia Greco che Gagliano sono state elette, ottenendo rispettivamente 857 e 244 voti.

È importante sottolineare che né Caterina Greco né Sonia Gagliano risultano indagate nell’ambito di questa inchiesta.

L’accusa, se confermata, getterebbe un’ombra pesante sull’ex politico, il quale attualmente è sottoposto alla misura interdittiva del divieto di esercitare uffici direttivi in associazioni e imprese e al divieto di esercitare pubblici uffici.

Per Roberto Fantini è invece in vigore il divieto temporaneo di esercitare attività di impresa, un provvedimento che sottolinea la gravità delle accuse mosse nei suoi confronti e il ruolo che avrebbe avuto nel facilitare l’inserimento della criminalità organizzata negli appalti pubblici.

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Il numero di imputati è leggermente sceso rispetto ai 35 inizialmente coinvolti nella chiusura delle indagini, ma il quadro che emerge resta inquietante.

L’inchiesta Echidna ha acceso i riflettori su un sistema collaudato di corruzione e collusioni che avrebbe consentito alla ‘ndrangheta di penetrare il tessuto economico e politico del Piemonte, con un impatto significativo sugli appalti pubblici. Se il giudice accoglierà la richiesta della DDA di Torino, il processo potrebbe rivelare ulteriori dettagli su un meccanismo di potere che per anni ha garantito vantaggi economici a imprenditori legati alla mafia, mentre la politica chiudeva un occhio o, nel peggiore dei casi, giocava un ruolo attivo nella spartizione delle risorse pubbliche.

L’udienza del 14 marzo sarà solo l’inizio di un procedimento che potrebbe riscrivere i confini del rapporto tra criminalità organizzata, affari e politica nel Nord Italia.





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