Scacco matto alle rinnovabili 2025: i dati del nuovo report di Legambiente e la presentazione dell’Osservatorio Aree Idonee e Regioni
Italia bocciata rispetto all’obiettivo 2030 sulle rinnovabili: rischia di raggiungere gli 80.001 MW con 8 anni di ritardo, ossia nel 2038. Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria le peggiori in classifica, con ritardi che oscillano dai 45 ai 20 anni. Il Lazio unica regione che, ad oggi, centrerebbe l’obiettivo al 2030. Negli ultimi 4 anni in Italia abbiamo installato in media quasi 4.500 MW all’anno di nuovi impianti a fonti pulite, ma nei prossimi 6 dovremo accelerare, arrivando a oltre 10.000 MW all’anno. Sulla futura realizzazione di impianti pesano decreti sbagliati, come quelli su agricoltura e aree idonee, iter burocratici lenti per le inadempienze delle Regioni, e freni del Ministero della Cultura: in Italia salgono a 92 le storie di blocco delle rinnovabili censite da Legambiente
La Sardegna è indietro del 18% rispetto agli obiettivi posti dal decreto aree idonee per il 2024.
Occorre più che quadruplicare la velocità con la quale si realizzano gli impianti per fare la nostra parte nella transizione energetica e nella lotta ai cambiamenti climatici e raggiungere gli obiettivi del 2030.
Legambiente Sardegna chiede di avviare una transizione governata e partecipata che contempli la realizzazione dei migliori progetti utili alla decarbonizzazione.
Cointeressamento dei territori e una efficace politica industriale di promozione della filiera delle rinnovabili sono le chiavi della transizione che serve all’isola.
Legambiente: “La crisi climatica ed energetica e il rincaro delle bollette si affrontano puntando sulle rinnovabili, non su gas e nucleare. Si sblocchino gli iter autorizzativi, si potenzino gli uffici che valutano e autorizzano i progetti, si approvino leggi sulle aree idonee per accelerare la realizzazione di impianti, ma serve anche una rivoluzione culturale che consideri questa transizione un’occasione di investimento e sviluppo occupazionale per i territori”
Italia bocciata rispetto al raggiungimento dell’obiettivo al 2030 sullo sviluppo delle rinnovabili fissato dal Decreto Aree Idonee. Nonostante i risultati parziali e positivi di questi ultimi anni – con 17.717 MW di rinnovabili installati dal 2021 al 2024 con una media annuale di 4.429 MW l’anno – l’Italia rischia di non rispettare l’obiettivo degli 80.001 MW di nuova potenza da installare entro il 2030 e di raggiugere questo obiettivo nel 2038, impiegando 8 anni in più. Ad oggi la Penisola con 17.717 MW ha, infatti, raggiunto appena il 22% dell’obiettivo 2030, mancano all’appello 62.284 MW da realizzare nei prossimi sei anni, pari a 10.380,6 MW all’anno, ma la strada da percorre è tutta in salita, sia a livello nazionale sia a livello regionale e comunale, anche a causa di decreti e leggi sbagliate, ritardi, ostacoli burocratici e opposizioni locali.
A scattare questa fotografia è Legambiente, che oggi presenta alla fiera KEY di Rimini il nuovo report Scacco matto alle rinnovabili 2025 – in cui è contenuto l’Osservatorio Aree Idonee e Regioni (che ha anche landing page su www.legambiente.it con una mappa interattiva) – con un’analisi puntuale sui ritardi dell’Italia, sui blocchi alle rinnovabili e sulla questione aree idonee. Obiettivo inviare un chiaro appello al Governo Meloni e alle Regioni ribadendo che i ritardi che sta accumulando l’Italia sul fronte rinnovabili sono inaccettabili, se si considera l’accelerazione della crisi climatica nella Penisola (2.098 eventi meteo estremi dal 2015 a oggi, di cui 753 allagamenti e 522 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 1137 i comuni colpiti) e le mancate occasioni di sviluppo, anche in termini occupazionali, per i territori.
Servono interventi strutturali che Legambiente riassume in 10 proposte a partire da tre caposaldi: lo snellimento degli iter autorizzativi per velocizzare la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, a partire dalle attività di repowering degli impianti eolici già esistenti; il rafforzamento del personale tecnico negli uffici regionali e comunali preposti alla valutazione e autorizzazione dei progetti e il completamento dell’organico della Commissione PNRR/PNIEC del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica; la revisione del Decreto Aree Idonee, della Legge 199/2021 – dando indicazioni univoche e meno ideologiche alle Regioni – e del Decreto Agricoltura, fornendo una maggiore distinzione tra fotovoltaico e agrivoltaico e prevedendo ad esempio la possibilità di realizzare il fotovoltaico a terra alle aree agricole all’interno nei siti di interesse nazionale e regionale da bonificare. Senza dimenticare che nel Paese è necessario avviare una “rivoluzione culturale” invitando a guardare questi impianti come occasione di investimento e sviluppo occupazionale per i territori.
Top five dei ritardi regionali: A livello regionale Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria, sono le peggiori regioni in classifica, rischiano di registrare i maggiori ritardi – stimati tra i 45 e i 20 anni – rispetto all’obiettivo fissato al 2030 dal Decreto Aree Idonee, diverso per ogni regione in base al potenziale realizzabile. In particolare, la Valle d’Aosta impiegherà 45 anni per raggiungere l’obiettivo 2030 pari a 328 MW (ad oggi ha raggiunto solo il 7%), il Molise viaggerà sui 29 anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto solo il 10% dei 1.003 MW richiesti al 2030), la Calabria impiegherà 23anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto solo il 12% dei 3.173 MW al 2030), la Sardegna 21 anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto appena il 13% rispetto ai 6.264 MW al 2030), l’Umbria 20 anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto il 13% dell’obiettivo di 1.756 MW al 2030).
Tra le altre regioni, la Sicilia, ottava in classifica, raggiungerà i 10.485 MW al 2030 con oltre 13 anni di ritardo, ad oggi ne ha realizzati appena il 17%. Unica regione che, stando alla media di quanto realizzato negli ultimi 4 anni, centrerebbe l’obiettivo al 2030, pari a 4.757MW, è il Lazio, che nel 2024 ha raggiunto il 39,9% del suo obiettivo 2030. Quelle che impiegheranno quasi due anni di ritardo sono Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Focus Aree Idonee: Ad oggi, sottolinea Legambiente, sono 9 le Regioni che hanno avviato pubblicamente o approvato l’iter per la definizione delle Aree Idonee. Analizzando gli iter normativi, sono 4 le regioni – Sardegna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo – bocciate da Legambiente; 3 – Piemonte, Sicilia e Calabria – quelle giudicate non classificabili in quanto la proposta sulle aree idonee non è ancora finalizzata o incompleta; una regione rimandata – la Puglia – e una sola è stata promossa – la Lombardia – seppur il suo iter non si sia ancora concluso. Le altre 11 regioni (Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Liguria, Molise, Trentino e Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto) ad oggi non hanno ancora avviato, almeno pubblicamente, l’iter di definizione delle Aree Idonee.
“Il ritardo dell’Italia rispetto agli 80.001 MW da raggiungere entro sei anni – commenta Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – è preoccupante così come il muro che diverse regioni stanno innalzando sul tema aree idonee come nel caso in primis di Sardegna e Toscana che renderanno rispettivamente il 99% e il 70% del territorio regionale non idoneo alla realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Due regioni che stanno purtroppo facendo scuola, stando alle dichiarazioni di rappresentanti di altre amministrazioni, nonostante il Governo abbia fatto ricorso alla Corte Costituzionale proprio per bloccare la legge sarda sulle aree idonee. Il nostro Osservatorio Aree Idonee e Regioni vuole fornire un’analisi dettagliata su quanto sta accadendo tra iter normativi regionali e ritardi, vigilando e stimolando le amministrazioni a un maggior coraggio, soprattutto considerando che le rinnovabili e l’efficienza sono le uniche risposte concrete ai problemi del Paese e che l’obiettivo 2030 rappresenta solo un primo passo verso gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2035 per la produzione elettrica ed entro il 2050 per tutto il resto del sistema energetico”.
Focus Sardegna
La Sardegna è stata la prima regione a darsi una legge per l’identificazione delle aree idonee ed ha recentemente avviato la procedura per l’aggiornamento del piano regionale energia e ambiente. Purtroppo, se da un punto di vista normativo la regione sta procedendo speditamente, non si può dire altrettanto riguardo alla autorizzazione e realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Infatti, dei 998 MW di nuova potenza rinnovabile che avrebbe dovuto essere aggiunta entro il 2024, solo 812MW risultano effettivamente all’appello, ben il 18% in meno.
Per comprendere l’entità del ritardo, è sufficientemente considerare che, per raggiungere gli obiettivi assegnati per il 2030 (6264MW), la velocità con la quale si realizzano gli impianti in Sardegna dovrebbe più che quadruplicare, passando da 203MW a ben 908,6MW installati ogni anno. Né può essere considerata in linea con lo spirito di una efficace lotta ai cambiamenti climatici una legge, come quella recentemente promulgata dalla Sardegna, che definisce come non idonea la quasi totalità della superficie regionale, assumendo un ruolo più ostruzionistico che di condivisa gestione e pianificazione del complesso processo di trasformazione che ci aspetta.
“La Sardegna è una regione per la quale la sfida dei cambiamenti climatici sarà particolarmente ardua – avverte Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna – e affrontare con decisione la decarbonizzazione del settore energetico è urgente e indispensabile. Legambiente Sardegna chiede che si cambi passo, accelerando il processo autorizzativo per raggiungere gli obiettivi del burden sharing del 2030 e affrontando la transizione energetica con la stessa serenità e lo stesso rigore dovuti a tutte le trasformazioni necessarie di simile portata. La Regione deve raccogliere la sfida, riconoscere il contributo diverso e complementare degli impianti di scala industriale e delle comunità energetiche e dare corso a un processo di partecipazione permanente sui temi del paesaggio e dell’energia che restituisca il giusto, e doveroso, protagonismo ai territori per far convergere verso un unico punto di caduta l’interesse dei cittadini con quello della transizione”.
“Se gestita con spirito propositivo, la transizione energetica potrebbe essere la strada maestra per invertire la tendenza che oggi vede tanti giovani sardi costretti a rivolgersi altrove per trovare una prospettiva di lavoro, generando una vera e propria emorragia di capitale umano che impoverisce la nostra isola – aggiunge Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna. La Sardegna ha bisogno di energia in abbondanza e a buon prezzo per consentire la ripartenza dei settori industriali energivori e lo sviluppo di nuovi.
Nel contesto geopolitico attuale solo le fonti rinnovabili, di cui disponiamo in abbondanza, possono garantirci energia sicura a costi contenuti, indipendente dalle speculazioni finanziarie cui sono soggette le fonti fossili per le quali dobbiamo approvvigionarci all’estero. Perciò, sviluppo e lotta ai cambiamenti climatici sono dalla stessa parte. Legambiente chiede che la Regione acceleri i processi autorizzativi attraverso un’analisi severa e partecipata dei progetti, e sviluppi una politica industriale dell’energia rinnovabile che faccia rimanere in Sardegna tutta l’economia indotta dal settore, creando opportunità di lavoro qualificato per i nostri giovani”.
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