La crisi della moda italiana vista dalla Svizzera

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Keystone

“Il fiore all’occhiello dell’Italia è scivolato in una crisi strutturale”, scrive questa settimana la Neue Zürcher Zeitung. La stampa svizzera si interessa anche agli investimenti di Swisscom nella Penisola, alle case a un euro e a un edificio simbolo della presenza italiana nella Confederazione.

“Aumenti folli e mancanza di creatività”

A Milano si è da poco chiusa l’ormai tradizionale settimana della moda. Uno spunto per alcune testate per presentare le ultime tendenze emerse durante la rassegna milanese. La Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno parla invece delle difficoltà attraversate dalla moda italiana. “Aumenti dei prezzi folli, armadi straripanti e mancanza di creatività: l’industria della moda italiana è in crisi”, osserva il giornale zurighese.

Gucci, che si è recentemente separata dal suo direttore creativo Sabato De Sarno, è un po’ lo specchio di quanto sta vivendo tutto il settore. La casa di moda fondata oltre un secolo fa a Firenze ha chiuso il 2024 con un calo del fatturato del 23% a 7,6 miliardi di franchi. Gucci non è un’eccezione. “Il fiore all’occhiello dell’Italia è scivolato in una crisi strutturale. Nel 2024 il settore della moda, compresi i settori della gioielleria, degli occhiali e dei cosmetici, è diminuito del 5,3%”, scrive la NZZ.

Le cause sono diverse e per contrastare alcune di esse – come il calo del potere d’acquisto della classe medio-alta in molti Paesi – il settore non ha nessuna leva. Tuttavia, i marchi di lusso ci hanno messo del loro, “compensando a lungo il calo della domanda con una politica dei prezzi esagerati”. Prima o poi, scrive la NZZ citando un esperto del ramo, “questa situazione sarebbe esplosa, poiché la clientela ha iniziato a guardare al settore con occhi nuovi […] mettendo in discussione il valore degli acquisti”.

loghi swisscom e vodafone

Keystone / Michael Buholzer

I dubbi sulle operazioni italiane di Swisscom

Gli affari di Swisscom in Italia continuano a essere sotto i riflettori nella Confederazione. L’azienda di telecomunicazioni elvetica, il cui azionista di maggioranza è la Confederazione, è ormai diventata il numero due del settore nella Penisola, grazie alla recente acquisizione di Vodafone. E sul mercato italiano Swisscom sta ormai per raggiungere lo stesso fatturato che registra in Svizzera, osserva la SonntagsZeitungCollegamento esterno. L’investimento si sta rivelando proficuo non solo per quanto concerne la cifra d’affari: mentre in Svizzera la crescita langue, in Italia si stima che “l’utile operativo di Vodafone e Fastweb [l’altra società nelle mani dell’azienda elvetica, ndr] ammonti a 2,2 miliardi di franchi”.

Per ora il sole splende sulle attività italiane del principale operatore svizzero. Ma in passato Swisscom non ha sempre avuto successo all’estero e le vicende legate a Debitel in Germania e a Eircom in Irlanda, conclusesi con forti perdite, sono lì a dimostrarlo, osserva la SonntagsZeitung. Vi sono poi questioni legate alla regolamentazione: “È giustificabile che una società di proprietà della Confederazione investa massicciamente all’estero mentre in Svizzera l’espansione della rete sta subendo una battuta d’arresto? E non c’è il rischio che alla fine i contribuenti svizzeri debbano pagare per perdite finanziare in Italia?”, scrive il settimanale.

Queste preoccupazioni sono condivise anche da una parte del mondo politico. Alcune voci propongono di limitare le attività di Swisscom all’estero e/o di privatizzare la società. Secondo il presidente del Partito liberale radicale (destra) e consigliere agli Stati Thierry Burkart, dovrebbe essere riconsiderata la partecipazione di maggioranza della Confederazione nell’azienda, poiché non spetta al contribuente svizzero accollarsi i rischi di un’acquisizione errata. La posizione del Governo è però diversa: “Il Consiglio federale considera le acquisizioni all’estero come parte della libertà imprenditoriale delle imprese statali e pertanto non intende vietarle”.

vecchia casa

Keystone / Alessandro Della Valle

Le case a un euro

Il settimanale economico BilanCollegamento esterno fa dal canto suo il punto sul progetto di case a un euro lanciato già diversi anni fa in Italia. “Un progetto, scrive il giornale, che sta vivendo un successo che non si esaurisce e che ha fatto degli emuli”. La giornalista della testata si è recata a Mussomeli, nel centro della Sicilia, dove ha incontrato una coppia di francesi che sei anni fa ha fatto il grande passo, acquistando una casa da ristrutturare, oggi utilizzata come residenza di vacanza.

Questo modello, pensato per ridare vita a borghi che si stanno spopolando, è oggi applicato in una settantina di comuni italiani e lo si ritrova anche in Spagna, Svezia, Croazia e addirittura in Giappone, osserva Bilan. Un altro comune siciliano, Sambuca, “particolarmente apprezzato dagli americani, ha ricevuto durante una nuova vendita nell’estate 2024 circa 110’000 richieste per 15 immobili”. Per decidere tra i numerosi pretendenti, le proprietà vengono ora la maggior parte delle volte vendute all’asta, con una puntata iniziale fissata a un euro.

Spesso, però, i potenziali acquirenti sottostimano l’investimento necessario per rendere abitabili queste case. La coppia di francesi di Mussomeli, che ha investito nei lavori di ristrutturazione e nelle spese notarili circa 35’000 euro, non rimpiange comunque la scelta: “Se lo rifarei? Sì, senza dubbio”, afferma la donna. “All’inizio avevamo paura di fare il più grande errore della nostra vita. Ma ci siamo resi conto che nel peggiore dei casi avremmo perso un po’ di soldi, ma non molti”.

edificio

Un’immagine d’epoca della Casa d’Italia di Zurigo.


Creative Commons By Sa 4.0 / Baugeschichtliches Archiv,

L’epicentro delle tensioni tra fascisti e antifascisti a Zurigo

La Casa d’Italia di Zurigo, di proprietà dello Stato italiano e da un secolo simbolo della presenza italiana in Svizzera, si trova ultimamente spesso sulle pagine dei giornali. L’edificio, oggi in fase di ristrutturazione, è stato posto sotto sequestro cautelativo per un caso piuttosto complesso del quale abbiamo riferito in questo articolo. Non è però di questa vicenda recente che parla questa settimana la Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno, bensì della storia di questo stabile durante il regime fascista. Un edificio altamente simbolico, che sorgeva in un quartiere all’epoca dominato dai “rossi” e attorno al quale si sono cristallizzate le tensioni. Mussolini voleva infatti fare di questo complesso una sorta di testimonial all’estero delle presunte conquiste del fascismo.

Così, la sera del 12 aprile 1932 un forte boato scosse la zona. Una bomba era esplosa all’interno dell’edificio, facendo crollare un muro. Gli autori del gesto non sono mai stati scoperti, ma secondo la stampa dell’epoca l’ipotesi più plausibile è che si fosse trattato di esuli socialisti. Poco più di una settimana dopo, si sfiora un’altra catastrofe. Il 21 aprile, il “Natale di Roma” trasformato in festività nazionale dal regime, il console generale italiano Bianchi invita a un’anteprima esclusiva della Casa d’Italia (l’edificio era in fase di trasformazione). I socialisti organizzano da parte loro un’assemblea nei pressi del complesso. Il faccia a faccia si fa sempre più teso e la polizia cerca di allontanare i manifestanti antifascisti. La situazione precipita e “si trasforma in una vera e propria battaglia di strada, con due poliziotti che impugnano le armi e sparano ai loro aggressori”.

La Casa d’Italia fu poi ufficialmente inaugurata il 6 novembre 1932, “senza grandi cerimonie […], forse per paura di ulteriori disordini”, rileva la NZZ. L’anno successivo il Governo cantonale di Zurigo autorizzò l’apertura della scuola italiana all’interno dell’edificio. Questa non ebbe però un grande successo. “Il fatto che ai bambini veniva richiesto di giurare fedeltà al Duce fino alla morte non andava giù agli immigrati italiani, che preferivano mandare i loro figli dall’antifascista Fernando Schiavetti, che dirigeva la socialista Scuola libera italiana di emancipazione proletaria. Questa scuola contò presto quattro volte più alunni della scuola ufficiale della Casa d’Italia”.



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