Dimissioni, conflitti di interessi e caos. L’inchiesta sul Salva-Milano agita Beppe Sala

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Le indagini della procura sul sistema urbanistica proseguono. Dagli atti emerge il ruolo dell’assessore dimissionario in quota CL. Lo studio legale che ha fondato difende i principali costruttori della città. La politica litiga. La destra continua ad appoggiare la norma

La prima testa a saltare è stata quella di Guido Bardelli: l’assessore alla Casa del comune di Milano ha rassegnato ieri le sue dimissioni, dopo un incontro di mezz’ora con il sindaco Beppe Sala. «L’assessorato alla Casa è estremamente rilevante per la città di Milano ed è necessario garantire continuità nelle attività che si stanno portando avanti – si legge in una nota di Palazzo Marino –. Per rispetto istituzionale, lunedì 10 marzo, l’assessore Bardelli intende spiegare i motivi della sua decisione al Consiglio comunale». Il primo cittadino valuterà «nei prossimi giorni le alternative al fine di non interrompere il percorso tracciato sul Piano Casa», un progetto da 10mila alloggi a prezzi calmierati.

Il passo indietro di Bardelli

A far venir meno la fiducia politica di Sala sono stati alcuni messaggi, emersi negli atti dell’ultima inchiesta sull’urbanistica della procura milanese, scambiati tra Bardelli (non indagato) e l’ex dipendente comunale Giovanni Oggioni, ora ai domiciliari per corruzione, falso e depistaggio. Era il 13 dicembre del 2023 – l’ormai ex assessore non faceva ancora parte della squadra di governo cittadina – e i due discutevano sulla necessità di «far cadere questa giunta». In particolare, Bardelli criticava il progetto del nuovo Piano di governo del territorio a cui stava lavorando l’assessore alla Rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi, definendolo «un allineamento ai rilievi mossi dai pubblici ministeri nell’indagine».

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Ma Bardelli era una figura poco digerita dai partiti che appoggiano Sala fin dalla sua nomina, a luglio del 2024. Per ragioni politiche: è uomo di Comunione e Liberazione e per alcuni avrebbe spostato troppo a destra la giunta (non a caso aveva ricevuto il plauso della Lega). Ma anche di opportunità, perché fino al giorno prima è stato socio dello studio legale da lui fondato, Ammlex, che tra i suoi clienti annoverava i principali costruttori in città. Dal giorno dopo si è occupato delle politiche per la Casa, ma da Palazzo Marino.

Il suo braccio destro era Ada Lucia De Cesaris. Ex vicesindaca di Milano e assessora all’Urbanistica con Pisapia, poi vicina a Letizia Moratti, De Cesaris non è indagata in nessun filone delle inchieste in corso, ma il suo nome compare più di una volta. È lei che caldeggiava, in una conversazione con la presidente di Assimprendil Ance Regina De Albertis, anche lei non indagata, un «colloquio riservato» con Meloni.

E lo scorso novembre era stata perquisita perché, in qualità di «consulente della banca (Illimity, ndr) sul merito creditizio in relazione all’operazione immobiliare» di via Lamarmora, uno dei cantieri sequestrati, avrebbe «rivelato» all’architetto Marco Cerri la sua estromissione da un progetto.

Elemento che, secondo i pm, potrebbe provare un nesso tra le nomine di professionisti e l’andamento delle pratiche urbanistiche in comune, a seconda del nome in questione.

«Un capitolo oscuro»

La preferenza per alcuni profili è uno dei fili rossi che lega i tanti tasselli delle inchieste milanesi. E riguarda anche Oggioni, che ieri ha scelto di non rispondere alle domande del gip Mattia Fiorentini e, per bocca del suo legale, si è dichiarato «estraneo a quanto gli viene contestato». Ma dalle carte emerge come l’ex dipendente comunale fosse attivissimo «nel farsi promotore di un vero e proprio cartello fra associazioni di categoria e Ordine degli architetti» perché, «in qualità di segretario», era lui che proponeva i curricula da candidare alla nuova Commissione Paesaggio, composta da diversi nomi finiti sotto inchiesta (e Sala ne era a conoscenza). Era Oggioni ad avere un ruolo centrale in questo processo, «evitando di candidare rompiscatole, pedanti o polemici». Il suo fine, scrivono i pm, era «quello di escludere la partecipazione degli indesiderati».

Dalle carte emerge anche un «altro oscuro capitolo della gestione urbanistica negli uffici del comune di Milano» e riguarda due zone del «centro storico», con palazzi di lusso appartenenti all’amministrazione e poi ceduti ai privati, per poi essere messi all’asta per nuovi interventi immobiliari. Anche qui senza piani attuativi, con atti «falsi», e con l’«avallo» della Commissione Paesaggio. E anche in questo caso emerge la consapevolezza di essere al confine del non consentito, considerato che Oggioni e un altro dirigente comunale si dicevano «preoccupati dell’attenzione della procura sugli interventi edilizi da loro autorizzati».

Il fronte politico

Sul fronte politico, la difesa dell’assessore dimissionario Bardelli – «un capro espiatorio» – è arrivata paradossalmente dalla Lega: «È comodo dire che è colpa del direttore, del funzionario, dell’architetto o dell’assessore – ha commentato Salvini – C’è qualcosa che non funziona in comune. Aspettiamo come governo le risposte e le soluzioni del sindaco». Il leader leghista ha promesso anche di non fare «campagna elettorale sugli errori o sugli arresti», ma a fare la voce grossa ci ha pensato il segretario provinciale, Samuele Piscina, che ha chiesto «all’amministrazione comunale di fare un passo indietro». Un passo indietro Palazzo Marino l’ha già fatto, ma sul Salva-Milano. Ieri il Movimento 5 stelle ha chiesto di rinviare sine die il termine per gli emendamenti, per affossare un testo che sembra non voler difendere nessuno. Tranne Tajani: «Andiamo avanti nel sostenerlo».

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