Meloni, scontro con la Cassazione dopo il caso Diciotti: addio tregua. La premier: «Sentenza ideologica»

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Incredula. Furibonda. «È una sentenza paradossale». Giorgia Meloni è ancora a Bruxelles quando la pronuncia della Cassazione sul caso Diciotti irrompe sugli smartphone. Il governo costretto a rimborsare i migranti trattenuti. «Un controsenso!», commenta la premier con i suoi. Sente al telefono Matteo Salvini. Condensa la linea in un tweet duro sulla «opinabile» decisione dei giudici.

Questo il registro istituzionale. Mentre nelle comunicazioni con i colonnelli di Fratelli d’Italia si parla di «precedente pericoloso». «Gravissimo che il governo e i contribuenti italiani debbano risarcire migranti entrati in Italia violando le leggi dello Stato», la linea impartita dai vertici. «Noi facciamo, altri disfano» è del resto il jingle che da settimane ripete la presidente del Consiglio con i consiglieri più fidati, convinta che un pezzo di magistratura voglia mettere i bastoni fra le ruote al governo. Magari perfino farlo deragliare prima del termine. Ci risiamo.

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Caso Diciotti, le tappe della vicenda: dallo stallo in mare allo scontro politico. La ricostruzione

Addio tregua

Sembra passata un’era dal tavolo con i giudici dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), a tu per tu a Palazzo Chigi. Invece sono tre giorni. La tregua tra governo e toghe, ammesso sia mai esistita, è già un miraggio. Una riforma blindata: la separazione delle carriere di giudici e pm non si tocca, con buona pace delle proteste. Sullo sfondo, la netta sensazione di un dialogo fra sordi, da entrambe le parti. «L’impegno a non attaccare i magistrati per sentenze non gradite è durato il tempo di un tramonto», commenta amaro Rocco Maruotti, segretario generale dell’Anm.

Si discute e litiga di tante cose in maggioranza. Trump, l’Ucraina, le bollette. Di questo no: la sfida alle toghe compatta il centrodestra. Ora il caso Diciotti riagita le acque. «L’ennesima sentenza che punta ad interpretare le politiche migratorie con un approccio ideologico» commentano in serata i vertici del partito al timone del centrodestra.

Due ragioni fanno di questo pronunciamento un vero cruccio per Meloni. La prima: mentre il patto sui trasferimenti in Albania è appeso a una decisione della Corte di Giustizia Ue, una moltitudine di migranti vive ammassata nei Paesi nordafricani dirimpettai dell’Italia. Seicentomila solo in Libia, stando ai numeri rivelati nel recente rapporto del Copasir. Molti di questi tentati dal viaggio “della speranza” in mare, verso l’Europa. Sentenze così, è il ragionamento della premier, rischiano di «incentivare» l’immigrazione clandestina. «È un copione già visto – commenta un ministro – i giudici lanciano un messaggio pericoloso: venite. Male che va, sarete rimborsati».

Ed ecco la seconda ragione che ha fatto infuriare la premier: le sezioni unite della Cassazione fanno giurisprudenza. Ovvero, al principio fissato ieri con la sentenza sul caso Diciotti dovranno rifarsi i giudici chiamati a intervenire su vicende simili in futuro. Tutte le speranze del governo, in queste ore, sono riposte nell’attesissima sentenza della Corte Ue in Lussemburgo. Cioè il verdetto – che potrebbe arrivare prima del previsto – sulla lista dei “Paesi sicuri” e il diritto di uno Stato di decidere in autonomia quali migranti sono a rischio e dunque da accogliere e quali da rimpatriare.

È il vero crocevia. Il momento della verità, che può far crollare da un giorno all’altro il muro eretto dalle toghe contro i trattenimenti in Albania. Si vedrà. Allargando lo zoom, resta uno scontro tra governo e giudici che non accenna a pause. Se non stilistiche, di maniera. Vero, con Cesare Parodi, il neo-presidente Anm eletto dalle fila di Magistratura indipendente, corrente storicamente non ostile al centrodestra, il governo almeno si è seduto al tavolo. Ma dal vertice di mercoledì si è ricavato ben poco. Una rispettosa, perfino cordiale presa d’atto: sui fondamentali, a partire dalla riforma della giustizia sognata un tempo da Berlusconi, le distanze sono e rimarranno siderali. Qualche ritocco sarà concesso nella legge di attuazione. Poi stop.

Diciotti, la Cassazione: risarcimento del governo ai migranti. Salvini: «Altra invasione di campo», Meloni: «Così la Corte allontana i cittadini». Anm: attacchi irrispettosi

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I timori del Colle

Dal Giappone, Sergio Mattarella osserva preoccupato i toni incendiari tra poteri dello Stato. Non si legge tutti i giorni la nota della presidente della Cassazione contro gli «inaccettabili insulti» ricevuti. Meloni tira dritto. Cercherà di contenere le tensioni entro certi argini, se necessario placare eventuali eccessi. È però sicura di avere gli italiani dalla sua parte. I magistrati possono dire lo stesso? Ecco la sfida. Traspare in controluce nella nota che commenta a caldo il verdetto del Palazzaccio: «Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni». Lo sguardo che torna a fermarsi sul referendum della giustizia. Appuntamento in piazza.

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