Il piano ReArm Europe non è stato messo in discussione. Anzi. Ha incassato il sì dell’Italia al Consiglio straordinario europeo, nonostante i mal di pancia della Lega. Ora spetta ai tecnici del ministero delle Finanze studiare le carte per capire come renderlo economicamente sostenibile. Il tutto entro una data limite, segnata dall’Ecofin del 20-21 marzo.
Perché ben venga lo scorporo delle spese per la difesa dal deficit ma l’Europa deve garantire su un debito pubblico che, volente o nolente, è destinato ad aumentare. E su questo punto il ministro Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non sembrano intenzionati a scendere a patti, né in politica interna né estera.
«Fermo restando che si tratta di un accordo ancora nelle sue linee di principio, il ReArm Ue deve essere considerato un piano di deterrenza, investimenti e sicurezza in senso più ampio», ha puntualizzato il Sottosegretario di Stato alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago parlando con Milano Finanza, precisando che il progetto «dovrà naturalmente essere declinato alla realtà nazionale». Ed è proprio sulla strategia di attuazione che due dicasteri, Difesa e Finanze, sono chiamati a trovare un punto di incontro.
Posizione del governo chiara: fisiologico il confronto tra dicasteri
«Il confronto tra i ministeri è necessario nonché fisiologico in una democrazia come la nostra, soprattutto quando si affrontano temi di questa portata in un contesto geopolitico in continua evoluzione», ha osservato l’ex parlamentare forzista, secondo cui «il punto di equilibrio», nella maggioranza, «si troverà sicuramente lavorando come fatto finora. Anche perché gli investimenti in Difesa sono strategici per l’intero Sistema Paese, con ricadute positive in termini industriali, tecnologici e occupazionali. Un vero volàno per la crescita e per l’economia nazionale».
«E infatti», ha aggiunto, «la posizione del governo è chiara: investire nella Difesa non è una scelta a discapito di altre politiche fondamentali, come Welfare o Sanità, ma è una condizione necessaria per il Paese, perché senza difesa e sicurezza non può esserci sviluppo e benessere». Il nodo al pettine resta uno: evitare che l’Italia paghi un prezzo insostenibile per i conti pubblici. Ed è qui che l’esecutivo Meloni, durante il vertice informale a Bruxelles, ha giocato le sue carte.
Prima proponendo un sistema di garanzie europee per gli investimenti nel settore della difesa, sul modello di InvestEu, con l’obiettivo di massimizzare l’impiego di fondi privati in aggiunta a quelli pubblici. Poi chiedendo che l’interezza dei fondi previsti dal piano di riarmo sia destinata a spese ammissibili al calcolo delle spese di difesa in ambito Nato. Ipotesi che cela la volontà dalla premier Giorgia Meloni di riavvicinare le due sponde dell’Atlantico. «È fondamentale inquadrare il piano fin da subito come un passo concreto verso il rafforzamento delle capacità europee in ottica di complementarità con gli Stati Uniti», ha osservato il Sottosegretario.
Cooperazione industriale: per l’Italia si guarda a Francia, Germania, Uk e Spagna
«L’Europa è chiamata ad agire come un attore geopolitico credibile ed efficace, capace di parlare con una voce unica, contribuire alla risoluzione delle crisi internazionali e, più in generale, alla stabilità e sicurezza globale», ha aggiunto. Nel piano si evidenzia poi la volontà, e la necessità, di fare acquisti congiunti tra i diversi Stati membri.
Sul tema, ha ricordato l’onorevole, «l’Italia vanta una lunga tradizione di cooperazione industriale con numerosi partner europei, consolidata attraverso joint venture strategiche per rafforzare l’efficienza e ridurre la frammentazione del comparto produttivo a livello continentale». Tra i Paesi con cui Roma potrebbe trovare nuovi accordi l’onorevole pensa a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna «con cui siamo già protagonisti di programmi di rilievo».
D’altro canto «proseguire lungo questa strada è fondamentale: un’azione congiunta non solo riduce i costi ma garantisce una reale interoperabilità tra forze armate europee». Le decisioni, ha ricordato la premier dopo la riunione informale a Bruxelles, verranno prese a partire dal prossimo Consiglio europeo. Appuntamento in cui l’Italia appoggerà una revisione organica del Patto di Stabilità e una garanzia europea per favorire gli investimenti. (riproduzione riservata)
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