chi era il fondatore di “Giustizia e libertà” e del partito d’azione

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Moriva 50 anni fa il fondatore di “Giustizia e libertà” e poi del partito d’azione. Il sogno di un socialismo liberale (che è una cosa diversa dal liberalsocialismo). L’amore per Joyce

Sono stati molti i sardi che hanno avuto un ruolo decisivo nella politica italiana del ‘900. In termini di pensiero, di azione, di potere. Il più grande di tutti certamente è stato Gramsci. Dopo di lui, credo, si staglia una figura meno nota, ma grandissima: quella di Emilio Lussu, sardo fino al midollo. Poi ce ne sono tanti altri. Segni, Berlinguer, Cossiga… Lussu è stato il numero uno per alcune sue doti: il coraggio, la destrezza nell’azione, l’indipendenza di pensiero, la capacità di giudicare, e il modo nel quale si riprendeva da qualsiasi sconfitta. Perse sulle trincee del Carso, perse a Caporetto, perse nel resistere al fascismo, perse nel tentativo di dare struttura e potenza elettorale al partito d’azione, perse la sua sfida fondamentale: quella di costruire per l’Italia un futuro socialista e liberale. Con i due aggettivi sistemati in quest’ordine.

Emilio Lussu nacque in un borgo nel sud della Sardegna, Armungia, nel 1890, il 4 dicembre. Morì a 85 anni il 6 marzo del 1975, giusto cinquant’anni fa. Armungia è un paesino piccolissimo, su una collina di circa 400 metri, vicino a Cagliari. Oggi ha un po’ più di 300 abitanti. Lussu è sempre stato legato al suo paese.
La sua biografia racconta una storia molto bella. E anche attuale. Un miscuglio di ardore e di pacifismo. Ha sempre amato l’azione, l’impresa. E così quando nel 1914 scoppiò la guerra mondiale Lussu fu un acceso interventista. Voleva combattere contro gli imperi, in particolare quello austro ungarico, nemico dei Savoia. Quando l’Italia si gettò nella mischia Emilio non fu da meno. Era tenente. Andò a combattere nel Carso alla guida di una compagnia che poi fu schierata a Caporetto. mitica “Brigata Sassari”. Fu una delle pochissime compagnie che non cedette e arginò l’avanzata austriaca. Permettendo alle truppe italiane in ritirata di organizzarsi e resistere sul Piave. Lussu era un combattente arditissimo. E un leader, che aveva un fascino straordinario sui suoi uomini. La morte era un’ipotesi da non temere. Però fu proprio nel 1917, durante i combattimenti sanguinosissimi, che maturò una assoluta repulsione per la guerra e si avvicinò alle posizioni pacifiste che allora erano sostenute soprattutto dai socialisti di Turati.

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Gli intellettuali che oggi definiscono “panciafichisti” quelli che militano per la pace (usando, credo inconsapevolmente, un termine inventato da Mussolini) non potrebbero certo usare questo termine per indicare Lussu, che ricevette due o tre medaglie d’oro al valor militare e poi scrisse “Un anno sull’altopiano”, romanzo autobiografico che ancora oggi è uno dei testi più forti contro la guerra. Lussu arrivò alla conclusione alla quale negli stessi anni giunse, su un altro fronte, don Primo Mazzolari, del quale abbiamo parlato in queste pagine nei giorni scorsi: non esistono guerre giuste. La guerra è un fratricidio. E’ quello che ha detto cento volte il papa attuale, riferendosi dall’Ucraina, al Medio Oriente, e condannando l’atteggiamento bellicista dell’Occidente. Da quel momento, cioè dal 1917, inizia il percorso politico di Lussu. Che si basa su quattro pilastri: l’antifascismo, il liberalismo, il socialismo e l’autonomismo. Quando torna dalla guerra fonda il partito sardo-socialista, che poi aderisce al Psi. Qualche anno dopo, insieme a Carlo Rosselli, fonda il movimento Giustizia e Libertà del quale diventa uno dei leader più importanti, e dopo l’uccisione di Rosselli, in Francia, nel 1937, ne diventa il leader assoluto.

Lussu è deputato sardista nel 1922, quando va al potere Mussolini. E partecipa alla protesta dell’Aventino. Viene rieletto nel 1924, ma il nuovo incarico dura poco: nel 1926 Mussolini scioglie i partiti di opposizione e depone i parlamentari. Lussu si alterna tra confino, prigione e fughe. Spettacolare quella in motoscafo, da Ustica, organizzata dall’intrepido Italo Oxilia, socialista, che forse è l’unico in quel gruppo di folli combattenti, ad essere più ardimentoso di Lussu. Il pacifismo di Lussu va in crisi nel 1936, quando scoppia la guerra di Spagna, e lui accorre a difesa del governo legittimo, insidiato dal golpe franchista. E poi con la Resistenza. Quando l’Italia torna libera Lussu tenta di riorganizzare il partito, che ora si chiama partito d’azione, e che tiene insieme alcune delle menti più lucide dell’antifascismo. Da Riccardo Lombardi, a Vittorio Foa, a Guido Calogero, a Ugo La Malfa, a Ferruccio Parri, al giovane Ciampi.

Lo dicevamo all’inizio. La biografia di Lussu è una biografia di battaglie ma anche di sconfitte. Anche questa fu una sconfitta. Il partito d’azione teneva insieme troppe cose. Al suo interno c’erano tre correnti. Quella socialista di Lussu e Lombardi, quella liberale e radicale di Guido Calogero, e quella iperliberista di Ugo La Malfa della quale faceva parte anche Ferruccio Parri. Nonostante l’enorme prestigio intellettuale, e i meriti guadagnati con una partecipazione vastissima e anche di vertice alla Resistenza (alla quale gli azionisti diedero un contributo secondo solo a quello dei comunisti), e nonostante che avessero conquistato la Presidenza del Consiglio, nel 1945, con Ferruccio Parri, il partito d’azione non riuscì mai ad avere consensi popolari, e alle elezioni del ‘46 prende meno del 2 per cento. E si scioglie. Ognuno va per la sua strada. La Malfa fonda il partito repubblicano, che resterà al governo ininterrottamente fino al suo scioglimento dopo Tangentopoli, qualcuno emigra nel Pci, Lussu e Lombardi nel Psi, che Lussu aveva già frequentato ai tempi di Turati.

Continua le sue battaglie. Resta su posizioni molto di sinistra. Nel 1964 aderisce, insieme a Foa e a Lelio Basso, alla scissione del Psi, con la fuoriuscita di quelli che erano contrari al governo con la Dc. Cioè al nascente centrosinistra moroteo. Fonda il Psiup, che è il suo ultimo partito. Ma alle elezioni del 1968, vicino agli ottant’anni, decide di ritirarsi dalla politica. Il “lussino” non ha avuto eredi. Un impasto di coraggio, liberalismo e socialismo puro. Difficile spiegarlo. Lussu era un liberale contrario all’economia liberale. Era un autonomista, contrario alle secessioni. Era un uomo del popolo, un ardito, contrario al populismo. Potremmo quasi dire che aveva le posizioni che oggi, a spanne, sono quelle del partito democratico. Ma lui aveva qualcosa di più e qualcosa di meno: di più aveva il carisma e la forza intellettuale, di meno aveva le masse.

Si può fare politica senza le masse? Senza il consenso? Senza i voti? Si può fare, ma è una politica un po’ speciale. Rara. Molto poco remunerativa. Nel 1933 Lussu incontra la donna della sua vita, Gioconda Salvadori Paleotti, conosciuta però come Joyce Lussu. La conosce perché lei le consegna un biglietto segreto che aveva ricevuto da suo fratello, militante di GL e al confino a Ponza. Si mettono insieme l’anno dopo e non si lasciano più. Ma la storia di Joyce è una storia a parte. Grandiosa come quella del marito e indipendente dal marito. La raccontiamo un’altra volta.



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