più debiti per gli stati, più potere alla nomenklatura Ue – Analisi Difesa

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“L’Europa è pronta ad assumersi le proprie responsabilità Rearm Europe può mobilitare quasi 800 miliardi di euro per le spese per la difesa per un’Europa sicura e resiliente” ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen presentando un piano in cinque punti per il riarmo dell’Europa e il sostegno militare all’Ucraina esposto in una lettera inviata ai leader europei e poi approvata dal Consiglio d’Europa.

L’annuncio dell’ambizioso programma di riarmo della Ue, che si aggiunge al maxi fondo tedesco da 500 miliardi di euro che il leader della CDU tedesca (e probabile nuovo cancelliere) ha annunciato nei giorni scorsi, può essere abbinato all’annuncio giunto da Kiev che Volodymyr Zelensky non porgerà le scuse al presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo la rissa del 28 febbraio alla Casa Bianca. La ragione è che il presidente ucraino “ha avuto assolutamente ragione nella forma e nel contenuto” durante il colloquio, ha dichiarato il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak.

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“Non si può fare nulla senza mettere sotto pressione la Russia. È impossibile ottenere risultati positivi aspettandosi che Mosca faccia deliberatamente delle concessioni… Ecco perché non ci scuseremo per un errore che non è mai esistito”, ha detto Podolyak, riaprendo le tensioni con Washington dopo che Zelensky aveva espresso “rammarico” per il pessimo esito del vertice alla Casa Bianca.

Le dichiarazioni di Podolyak lasciano intendere che Kiev stia puntando sull’Europa che annuncia un massiccio riarmo per ottenere forniture militari e garanzie di sicurezza dopo lo stop degli USA alle consegne di armi, munizioni, informazioni d’intelligence e supporto satellitare.

L’Ucraina ha chiesto chiarimenti al Pentagono circa lo stop agli aiuti militari e l’inviato statunitense per l’Ucraina, Keith Kellogg, parlando al Council on Foreign Relations di Washington ha difeso la decisione di Trump di sospendere gli aiuti e la condivisione di intelligence con Kiev, sottolineando che si tratta di “una pausa, non di uno stop definitivo. Il motivo per cui Zelensky è venuto alla Casa Bianca era per firmare un documento che stabilisse il percorso da seguire. Ma quel documento non è stato firmato“, ha detto Kellogg.

“La mia opinione personale è che non si procede finché non c’è un documento firmato., C’è una differenza tra dire che vuoi farlo e farlo davvero. Firma il documento”.

Secondo l’inviato, solo dopo la firma si potrà parlare di ripresa degli aiuti e della cooperazione militare. “Abbiamo visto troppi falsi inizi. La vera questione è: quanto siete seri nel voler avviare discussioni di pace?”

Gli aiuti militari statunitensi (la cui assenza contribuirebbe a fiaccare il morale già basso delle truppe ucraine secondo un reportage del giornale britannico Telegraph) dipendono quindi dall’accordo che pone in mano agli USA risorse minerarie e infrastrutture ucraine.

Risorse che secondo alcune fonti Kiev avrebbe già assegnato alla Gran Bretagna in base ad un accordo segreto siglato durante la recente visita di Starmer a Kiev. Ipotesi che spiegherebbe l’attivismo di Londra nel fornire per quanto possibile garanzie all’Ucraina.

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Del resto alle crescenti spaccature tra USA ed Europa si aggiungono le crescenti intese tra USA e Russia anche in campo economico ed energetico. Washington punta a gestire la trattativa per la pace in Ucraina costituendo un asse Mosca-Washington che sembra prendere forma di giorno in giorno.

 

ReArm Europe

Al tempo stesso la fiducia riposta dal governo ucraino negli europei sembra trovare un punto di forza nell’approvazione del piano “ReArm Europe” che prevede una dotazione di 800 miliardi di euro per rafforzare la spesa militare nei prossimi anni.

Il piano prevede cinque punti per il riarmo dell’Europa e il sostegno militare all’Ucraina ed era già stato anticipato alla Conferenza della Sicurezza di Monaco.

Al primo punto prevede l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per permettere agli Stati membri di poter spendere per la difesa anche sforando il 3% del deficit. Se gli Stati membri aumentassero la loro spesa per la difesa dell’1,5% del Pil in media si potrebbero mobilitare circa 650 miliardi di euro di debiti non computati nel rapporto deficit/PIL in un periodo di quattro anni.

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Il secondo punto è un nuovo strumento per fornire 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri attivabili nei prossimi 5 anni per investimenti nella difesa da destinare per un quinto al rafforzamento dell’Ucraina.

Secondo Politico “non si tratta di denaro già presente nei bilanci, ma implicherebbe che la Commissione utilizzi il suo peso finanziario per prendere in prestito denaro che poi presterà ai singoli governi e che alla fine dovranno restituire”. Inoltre il giornale statunitense rileva che 150 miliardi in 5 anni tra tutti i 27 paesi della UE sono in fondo poca cosa.

In realtà non tutti i partner europei accederanno al prestito e tali fondi andrebbero aggiunti agli stanziamenti già messi a bilancio dalle singole nazioni per la Difesa. Nel complesso quindi tra prestiti (150 miliardi) e spese militari non più computate nel rapporto deficit/PIL si raggiungerebbero gli 800 miliardi in 4/5 anni.

Il terzo punto prevede la flessibilità nel bilancio europeo per permettere agli Stati che lo vorranno usare programmi di politica di Coesione per aumentare la spesa della difesa. Gli ultimi due punti mirano a mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli investimenti e attraverso la Banca europea per gli investimenti.

In attesa di comprendere quali nazioni aderiranno al piano e quali programmi verranno perseguiti è possibile esprimere alcune valutazioni di massima.

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Valutazioni

La possibilità dei singoli stati di spendere a debito per gli armamenti, escludendo tali stanziamenti dal calcolo del rapporto deficit/PIL, ha sollevato diverse critiche perché tale elasticità non è stata mai approvata dalla Ue per spese di welfare, sanità e scuola. Un aspetto che, in un’Europa sempre più travolta da crisi economica, energetica e sociale, non porterà molti consensi all’Unione.

L’accordo su riarmo approvato al Consiglio Europeo non è certo indenne da riserve e valutazioni critiche come quelle espresse dall’Italia, scettica verso nuove forme di indebitamento ma soddisfatta per lo scorporo delle spese militari dal rapporto di bilancio deficit/PIL che era stato da tempo un cavallo di battaglia del governo Meloni.

Inoltre, si tratta di un piano finanziario con risvolti politici, non militare: ciò significa che indebitare ulteriormente gli stati membri diminuirà la sovranità delle nazioni e potenzierà la Commissione e quindi il peso specifico della nomenklatura della Ue che non viene eletta dai cittadini e punta a sopravvivere ai propri gravi errori che in questi tre anni hanno compromesso la sicurezza energetica, economica e militare dell’Europa.

In termini militari però “ReArm Europe” favorirà le future forniture militari all’Ucraina, a cui sembra verrà dedicato il 20 per cento delle risorse, ma non rappresenterà un potenziamento reale delle capacità militari poiché non nasce da una pianificazione degli stati maggiori né da una politica estera congiunta che peraltro non può esistere dal momento che i 27 partner della Ue restano sovrani e non fanno parte di una Federazione.

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Fondi così rilevanti creano l’opportunità di sviluppare e produrre prodotti europei potenziando l’industria della Difesa continentale, oggi già al limite delle capacità produttive, ma un indebitamento così ampio sarebbe invece un ulteriore suicido se gli stanziamenti venissero investiti in programmi di acquisizione di armi ed equipaggiamenti statunitensi. Meglio non dimenticare a tal proposito, la pretesa dell’Amministrazione Trump che l’Europa compri più prodotti per la Difesa “Made in USA” se vuole evitare dazi commerciali.

Trump prevede di ridurre in quattro anni di 300 miliardi su 900 il bilancio annuale del Pentagono per tagliare lo spaventoso debito pubblico statunitense con il rischio che gli europei debbano indebitarsi per assorbire le acquisizioni di armamenti cui rinunceranno gli americani. Di fatto, con un curioso paradosso, l’Europa si indebiterà sempre di più per aiutare gli USA a ridurre il loro debito.

Del resto l’industria della Difesa statunitense appare ben determinata a occupare il mercato europeo della Difesa in cui le importazioni dagli USA sono cresciute di oltre il 30 per cento dal 2022. Non è casuale poi che tutti i big della finanza, inclusi i maggiori fondi d’investimento, stanno immettendo miliardi nelle aziende del settore Difesa in pieno boom borsistico.

Da più parti si sottolinea inoltre che gli europei, al di là degli armamenti da potenziare e rinnovare, dovrebbero aumentare gli organici delle forze armate di almeno 300 mila uomini secondo alcuni studi) ma in tutto l’Occidente si assiste da anni alla fuga dall’uniforme, ogni l’anno il personale esperto che lascia il servizio non viene adeguatamente rimpiazzato e vengono regolarmente mancati gli obiettivi di reclutamento previsti mentre calano o restano insufficienti in molte nazioni (Italia inclusa) le risorse da destinare a manutenzione e addestramento.

 

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Il piano “Rearm Europe” si presta poi a due ulteriori valutazioni, una economica e una geopolitica.

Le attuali condizioni economiche (alti costi energetici, carenze di materie prime e recessione) non sono certo ideali a varare piani di riarmo che sarebbe più conveniente varare una volta chiuso il conflitto in Ucraina e ripristinati i flussi di energia, auspicabilmente a prezzi convenienti, dalla Russia.

Del resto le attuali condizioni economiche non sono certo ideali a varare piani di riarmo che mobiliteranno inevitabilmente l’industria pesante, piani che sarebbero più convenienti una volta chiuso il conflitto in Ucraina e ripristinati i flussi di energia, auspicabilmente a prezzi convenienti, dalla Russia.

Fonti militari hanno rivelato ad Analisi Difesa che i prezzi finali di molti sistemi d’arma sono più che raddoppiati rispetto a prima della guerra, in alcuni casi triplicati. Ciò significa, a proposito di incremento delle spese per la Difesa e relativi debiti, che oggi occorrerebbe uno stanziamento doppio o triplo rispetto al 2021 per comprare lo stesso numero di armi, mezzi e munizioni di prima della guerra in Ucraina.

Altre fonti industriali hanno riferito che tutte le materie prima necessarie alla produzione di sistemi d’arma sono in molti casi difficili da reperire sul mercato (ad esempio esplosivi e polvere da sparo) e hanno registrato rincari che oscillano tra il 40 e più del 100 per cento tra il 2021 e il 2024, e i prezzi continuano a salire: acciaio +40/60%, esplosivo +90%, circuiti stampati +65%, carpenteria leggere +105%, alluminio +10/50 per cento (a seconda dei formati).

Per citare alcuni esempi oggi in Europa una granata d’artiglieria da 155mm “nuda” (cioè senza spoletta né sistema di guida né carica di lancio) costa tra 2.500 e 4.000 euro, il prezzo delle bombe d’aereo tipo Mk80 è passato in tre anni da 5 a 9 mila euro e da 11 mila a 20 mila euro (a seconda del tipo di esplosivo impiegato) solo per il corpo bomba senza sistema di guida nel caso di una MK82 da 227 chili.

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L’aumento del prezzo è ancora più ampio per le bombe più grandi come le MK84 da 908 chili passate da 30 a 50/60 mila euro a esemplare. In queste condizioni spingere sul riarmo significa voler affossare definitivamente l’Europa

 

La minaccia russa!

E del resto la UE sembra voler impone il riarmo a tutti gli stati membri, definito necessario a scoraggiare un attacco russo che in molti prevedono avverrà entro tre, quattro o cinque anni ma di cui non vi è traccia in nessun rapporto d’intelligence, che non appare credibile sul piano militare e geopolitico e che in realtà non sembra essere in cima alle preoccupazioni dei cittadini europei.

Su questo tema la narrazione imposta dall’Unione Europea e dalla sua nomenklatura è imbarazzante perché sono tre anni che ci propinano una ridicola propaganda che dipinge i russi come incompetenti (si bombardano da soli), privi di strategia e tattica (morti e feriti quasi 900mila militari), mandati allo sbaraglio senza armi (combattono con i badili), senza mezzi (usano carri trainati da cavalli), senza tecnologia (rubano le schede elettroniche dalle lavatrici ucraine) né indumenti idonei (non hanno i calzini).

Ciò nonostante, gli stessi che fimo a ieri ci raccontavano che le nostre sanzioni stavano demolendo economia e macchina bellica russa oggi ci vogliono convincere che i russi sono pronti a marciare su Varsavia, Berlino, Parigi e Lisbona.

Se i russi sono in ginocchio e con obitori e ospedali da Kursk a Vladivostok pieni zeppi di morti e feriti,  allora non c’è nessun rischio che attacchino nessuno per molti anni e non c’è alcun bisogno di spendere a debito altri 800 miliardi di euro, oltre ai più di 400 che quest’anno verranno stanziati da tutte le nazioni europee per la Difesa, per far fronte all’attacco di una Russia che per la Difesa spende un terzo degli europei e un ottavo della NATO.

Le dichiarazioni sull’invasione russa dell’Europa della nomenklatura Ue, che unita a premier e ministri di molti stati d’Europa continua a coprirsi di ridicolo agli occhi del mondo e dei propri cittadini, possono venire interpretate solo in tre modi: o mentivano allora, oppure mentono ora o hanno mentito consapevolmente sia ieri che oggi.

Noi vediamo che l’Unione Europea discute attivamente di militarizzazione, seguiamo questo processo da vicino, perché l’Ue posizione la Russia come suo nemico principale“, ha commentato il portavoce della presidenza, Dmitry Peskov, denunciando “la retorica del confronto” che si oppone “alla ricerca di una soluzione” del conflitto in Ucraina.  “Questo potrebbe essere potenzialmente un tema di nostra profonda preoccupazione e sollevare la necessità di prendere misure di rappresaglia appropriate per assicurare la nostra sicurezza”, ha affermato ancora.

”La Russia non parteciperà alla corsa agli armamenti” ha aggiunto Peskov. “I paesi europei non riusciranno a vincere la corsa agli armamenti contro la Russia perché Mosca non ha intenzione di parteciparvi, scegliendo invece di concentrarsi sulla salvaguardia dei propri interessi”.

 

Paura della pace?

Il Consiglio Europeo ha approvato anche il sostegno militare a Kiev (senza il voto dell’Ungheria).

“Alla luce dei negoziati per una pace globale, giusta e duratura, l’Unione europea e gli Stati membri sono pronti a contribuire ulteriormente alle garanzie di sicurezza basate sulle rispettive competenze e capacità, in linea con il diritto internazionale, anche esplorando il possibile utilizzo di strumenti di politica di sicurezza e difesa comune. Le garanzie di sicurezza dovrebbero essere intraprese insieme all’Ucraina, nonché con partner che condividono gli stessi ideali e con la NATO” si legge nelle conclusioni del vertice Ue.

Di fatto quindi un impegno teorico che non vincola nessuna nazione della UE a interventi militari a supporto di Kiev mentre anche il lungo dibattito sull’invio di forze di pace europee in Ucraina dopo la firma di accordi di pace, caldeggiato da Gran Bretagna e Francia.

Parigi ha persino offerto all’Europa l’ombrello nucleare di cui possiede (stimato in circa 300 testate imbarcate su missili nei sottomarini e i missili da crociera imbarcati sui velivoli da combattimento Rafale) come deterrente nucleare, ovviamente da compensare con la leadership francese nella difesa europea. Nell’ottica caldeggiata dalla nomenklatura della Ue di un imminente confronto militare con la Russia, occorre però chiedersi se davvero qualcuno ritiene che la Francia sia pronta a farsi annientare dalle armi atomiche di Mosca per difendere la Lettonia.

Circa le forze di pace europee in Ucraina il dibattito sembra destinato a restare lettera morta dopo la reazione di Mosca.

“La Russia non resterà inerme di fronte all’eventuale presenza di truppe della Nato in Ucraina con il pretesto di mantenere la pace e non tollererà tali azioni da parte dell’Occidente”, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, sottolineando che “considereremo la presenza di queste truppe sul territorio ucraino nello stesso modo in cui abbiamo considerato la potenziale presenza della Nato in Ucraina, perché non importa con quali bandiere sia coperta questa operazione: bandiere dell’Unione Europea, bandiere nazionali dei Paesi che forniscono i contingenti” ma “queste saranno comunque truppe della Nato, truppe dei Paesi della Nato”.

Lavrov ha così seppellito due mesi di discussione sulle forze di pace Ue in Ucraina. Dibattito che in Europa continua a svilupparsi con la pretesa angolo-francese di elaborare piani da sottoporre a Zelensky e a Trump ma che nessuno discute con Putin.

D’altra parte il dibattito sulla difesa europea e le garanzie di sicurezza all’Ucraina continuano a suscitare crescenti perplessità. Il premier italiano Giorgia Meloni ha proposto di estendere all’Ucraina la copertura dell’Articolo 5 della NATO che impone agli alleati di intervenire in caso di aggressione di uno stato membro, pur senza accogliere Kiev nell’Alleanza.

Proposta che non sembra tenere conto che il Trattato può giuridicamente riguardare solo gli stati membri e che una delle ragioni per cui nessuno nella NATO intende farvi entrare l’Ucraina è proprio per evitare di trovarci in guerra contro Mosca.

Il premier danese Mette Frederiksen ha invece espresso un tale terrore che in Ucraina scoppi la pace da definirla “più pericolosa della guerra”.

Ovviamente la ragione è la minaccia di Mosca sull’Europa scongiurabile solo con la sconfitta sul campo di battaglia delle forze russe. “Per me, la cosa più importante in questo momento è, per essere molto franca, riarmare l’Europa. E non credo che abbiamo molto tempo. Quindi, riarmare l’Europa: spendere, spendere, spendere in difesa e deterrenza: questo è il messaggio più importante”.

E mentre l’Europa riarma, Frederiksen non sembra aver espresso la volontà di inviare il formidabile esercito danese composto da 8mila uomini privi di artiglieria ad affiancare le truppe di Kiev che cercano di fermare i russi.

Con un po’ di realismo, l’attuale contesto sembra confermare che l’Ucraina non può fare a meno degli Stati Uniti e che gli europei non sono in grado di sostituire Washington nel supporto a Kiev né di imporre la continuazione della guerra alla ricerca di una “pace giusta” che esiste solo nel libro dei sogni.

@GianandreaGaian

Foto: TASS, MSC, Governo.it,  Commissione Europea, Governo Britannico/X e RWM Italia.

 



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