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Alla fine del 2023, quando era appena stato nominato presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, a Maurizio Frascarelli capitava ancora di essere fermato per strada per parlare di un conto in banca scoperto o di un mutuo non concesso. Le banche e le Fondazioni di origine bancaria sono soggetti distinti da più di 30 anni eppure, racconta Frascarelli, “nella percezione di alcuni questa separazione non è ancora chiara. Siamo da sempre impegnati in uno sforzo per far capire che la Fondazione non è una banca ma un importante attore del welfare di comunità”.

Ad Ascoli Piceno, però, le persone si confondono sempre meno tra banca e Fondazione. E a cambiare le cose è stata anche l’attività della Bottega del Terzo Settore, un luogo che dal 2017 ospita gli enti non profit del Piceno offrendo occasioni di formazione, crescita, collaborazione e coprogettazione. Anche la Fondazione – che è stata promotrice e finanziatrice dei lavori di ristrutturazione della Bottega – ha qui la sua sede operativa. Questa condivisione di spazi ha cambiato il modo in cui questo ente lavora con le organizzazioni del territorio, ma anche come viene percepito dalla comunità.

La Bottega del Terzo Settore è al centro della nona puntata di Intrecci: creare comunità insieme, il podcast che racconta 10 iniziative che rafforzano le comunità grazie al supporto delle Fondazioni di origine bancaria. Nella puntata approfondiamo la nascita di questo luogo e raccontiamo come abbia saputo lavorare con gli enti del Terzo Settore locali (e non solo) per rafforzare la comunità locale.

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Dopo 8 tappe in giro per l’Italia siamo andate a scoprire questo progetto grazie alle voci di Maurizio Frascarelli, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno; Marco Regnicoli, presidente dell’associazione Bottega del Terzo Settore; e Roberto Paoletti, presidente delle Acli provinciali e fruitore degli spazi della Bottega.

In questo articolo partiamo dall’esperienza della Bottega del Terzo Settore per raccontare come questa abbia saputo rafforzare sul territorio l’attitudine alla collaborazione e alla coprogettazione tra i diversi attori pubblici e privati.

Dal cinema alla Bottega: un punto di riferimento per la comunità

Il cinema Olimpia è stato il primo edificio di Ascoli Piceno realizzato con l’unico scopo di ospitare una sala cinematografica, nel 1915. Per decenni è stato un insostituibile luogo di socialità per chi viveva nella città marchigiana: “Anch’io da ragazzo ci venivo. – ricorda il presidente Frascarelli nel podcastCi ho visto Saturday Night Fever qui”. Nel 1984 la struttura era ormai vetusta, e i proprietari decisero di chiudere l’attività.

Una fila di poltroncine ribaltabili e un proiettore, all’ingresso della Bottega, testimoniano la vita precedente della struttura. Foto di Giulia Greppi.

Dopo decenni di abbandono, nel 2010, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno decise di acquistare lo spazio per trasformarlo in quella che sarebbe diventata la Bottega del Terzo Settore: una casa per tutte le organizzazioni della società civile del territorio, e non solo. Questa struttura, inaugurata nel 2017, ospita al suo interno molte cose diverse. Al piano terra c’è uno spazio di coworking liberamente accessibile, sale per eventi e formazione dotate di servizi multimediali, un vasto spazio aperto in cui si realizzano incontri di vario genere: presentazioni di libri, proiezioni, ma anche degustazioni di vini e prodotti locali. Nei piani superiori la Bottega ha altri spazi a disposizione della comunità e ospita la sede del CSV locale e la sede operativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.

Come raccontiamo nel podcast questa convivenza ha permesso alla Fondazione di entrare ancora più in relazione con gli attori del Terzo Settore locale: condividere gli spazi e le sedi aumenta le possibilità di scambio e – come ci ha raccontato Frascarelli – ha accresciuto la capacità della Fondazione di rilevare i problemi e le esigenze del territorio. Un’altra conseguenza è che è cambiata anche la percezione della Fondazione da parte della comunità locale. L’espressione “Fondazioni di origine bancaria”, per quanto fedele descrizione delle origini di questi soggetti, può risultare poco intuitiva per chi non conosce queste realtà. Queste Fondazioni sono nate all’inizio degli anni ‘90 con la cosiddetta “legge Amato-Carli”, che aveva lo scopo di riorganizzare il settore delle Casse di Risparmio e Banche del Monte, soggetti tradizionalmente portatori di due vocazioni fondamentali: la gestione del credito a livello territoriale e la promozione di azioni a beneficio delle comunità locali (per approfondire). La legge Amato-Carli (insieme ad alcuni successivi interventi) aveva lo scopo di separare l’attività economico-finanziaria degli istituti di credito da quella di impianto solidaristico, assunta – appunto – dalle Fondazioni di origine bancaria.

Come raccontava all’inizio il presidente Frascarelli, però, nell’immaginario comune può capitare che ci sia ancora confusione rispetto a questa separazione. Una confusione alimentata anche dal fatto che talvolta – come nel caso di Ascoli Piceno, fino al 2017 – le Fondazioni condividono la loro sede con l’istituto bancario dal quale hanno tratto origine. “La collocazione della nostra sede operativa qui [presso la Bottega del Terzo Settore, ndr] ha cambiato anche la percezione della Fondazione. Noi prima avevamo la sede a Palazzo Bazzani, dove c’è la banca [Intesa Sanpaolo, ndr]. Oggi invece siamo dove c’è Bottega, siamo dove ci sono le associazioni di volontariato, il Terzo Settore… Oggi la comunità percepisce la Fondazione come più vicina”. E in maniera più coerente e corretta rispetto alle sue finalità solidaristiche e filantropiche.

L’intervista a Maurizio Frascarelli, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, presso la Bottega del Terzo Settore. Foto di Giulia Greppi.

La condivisione di spazi non è però sufficiente a favorire la collaborazione tra gli enti e, in questo caso, ad avvicinare le Fondazioni alla comunità. La Bottega non è nata solo da un percorso di ristrutturazione ma, come raccontiamo nel podcast, anche da un processo partecipativo in cui i principali stakeholder pubblici e privati del territorio sono stati chiamati a riflettere sull’organizzazione, sui servizi e sulle attività che sarebbe stato utile offrire al suo interno. Insomma, le basi per il funzionamento della Bottega sono state poste attraverso un processo che potremmo definire impropriamente di coprogettazione. Questa attitudine alla collaborazione è ora portata avanti dall’associazione Bottega del Terzo Settore, l’organizzazione che gestisce lo spazio omonimo e che in concreto organizza le opportunità di formazione, confronto, crescita e stimolo del non profit locale. L’associazione è composta da oltre 200 soci (tra cui la Fondazione stessa) e, in continuità con il processo che ha portato alla sua nascita, ha una forte vocazione a promuovere l’implementazione di istituti partecipativi come la coprogrammazione e la coprogettazione.

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Un esempio concreto di tale impegno verso la coprogettazione si sta realizzando proprio in questi mesi: la Bottega, insieme a Legambiente e al Comune, ha promosso la nascita del “Forum per la progettazione partecipata dell’area ex SGL Carbon di Ascoli Piceno“. Si tratta di un’iniziativa volta a discutere e coprogettare la bonifica e la riqualificazione di un’area industriale fra le più inquinate d’Italia, che ospita uno stabilimento industriale specializzato nella produzione di materiali a base di carbonio (dismesso nel 2007). Come ci ha raccontato Marco Regnicoli, presidente dell’associazione Bottega del Terzo Settore, grazie a un percorso strutturato di incontri “sono arrivate 36 proposte progettuali da associazioni, singoli cittadini, cooperative, imprese sociali e altri soggetti”. L’area è molto vasta, perciò l’obiettivo è di inserire al suo interno spazi che rispondono a vocazioni di vario genere: dallo sport all’archeologia industriale, passando per la memoria. Questo stabilimento, infatti, ha avuto un ruolo fondamentale nell’economia e nell’occupazione ad Ascoli Piceno per tutto il Novecento, con ricadute anche ambientali e sanitarie che – secondo i promotori della coprogettazione – è importante valorizzare nell’ambito della riqualificazione. In questo momento le proposte sono in fase di discussione e di convalida, ma il bilancio per ora è positivo secondo Regnicoli: “confidiamo che i cittadini e le associazioni potranno ritrovare nel masterplan definitivo dell’area alcune delle proposte che sono arrivate da questa coprogettazione”.

Coprogrammazione e coprogettazione: nuovi modi di agire insieme

Al centro dell’attività della Bottega del Terzo Settore, dunque, c’è la promozione di pratiche collaborative come la coprogrammazione e la coprogettazione. Si tratta di istituti in qualche modo introdotti dalla normativa già dal 2000 (con la legge n. 328 dell’8 novembre 2000, per approfondire); sono però stati formalizzati e normati nello specifico solo dall’art. 55 del Codice del Terzo Settore (decreto legislativo n. 117 del 3 Luglio 2017). Coprogrammazione e coprogettazione sono studiate e sperimentate con grande interesse perché hanno introdotto nuove modalità di collaborazione tra ente pubblico e Terzo Settore, in cui quest’ultimo ha davvero la possibilità di esprimere il suo potenziale e di collaborare in modo più pieno alla programmazione e progettazione delle politiche e degli interventi.

L’interesse verso queste pratiche è motivato anche dal fatto che – come scrivevamo nell’introduzione al Sesto Rapporto sul secondo welfare, interamente dedicato a questo argomento – lo scenario economico, politico e sociale degli ultimi anni ha rafforzato la consapevolezza dell’importanza di agire insieme: “in un contesto di policrisi è fondamentale l’apporto di tutti gli attori nell’ideazione e nella implementazione di misure a sostegno del benessere delle persone e delle comunità” (v. Introduzione, 1).

In concreto la coprogrammazione è una “pratica finalizzata all’individuazione, da parte della Pubblica Amministrazione, dei bisogni della comunità da soddisfare, degli interventi necessari da intraprendere e delle modalità per realizzarli, nonché delle risorse a disposizione per dare esecutività alle azioni previste” (Capitolo 2, 44). La coprogettazione è invece la “pratica finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare i bisogni definiti alla luce degli esiti della coprogrammazione” (Ibidem, 45). La coprogettazione, per quanto idealmente collegata alla coprogrammazione, non deve per forza essere preceduta da un processo di questo tipo.

 

Direttrici di miglioramento delle pratiche collaborative. Fonte: Sesto Rapporto sul secondo welfare.

Nel corso degli anni decine e decine di organizzazioni hanno fatto ricorso a queste pratiche, che pure non sono prive di criticità e difficoltà di implementazione (vedasi in particolare i Capitoli 2, 3 e 4 del Rapporto). Anche le Fondazioni hanno spesso preso parte, a vario titolo, a processi di questo genere (per un approfondimento sulle Fondazioni di comunità v. Capitolo 8 del Rapporto).

Il ruolo della filantropia nella coprogettazione

Le Fondazioni entrano in relazione con le pratiche collaborative descritte in diversi modi: per esempio possono prendervi parte insieme ad altri attori pubblici e privati; in altri casi i percorsi di coprogettazione sono realizzati all’interno di altre iniziative promosse dalle Fondazioni (come nei casi raccontati di seguito). O, ancora, le organizzazioni filantropiche possono adottare l’impianto metodologico di questi istituti per avviare processi partecipativi simili.

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Esiste una casistica molto varia in questo senso. Un esempio è quello della Fondazione Compagnia di San Paolo che, con il suo Programma Equilibri, si propone di sostenere progettualità che integrino i servizi di supporto all’occupazione femminile e quelli di contrasto alla povertà educativa minorile, dando vita a sistemi territoriali di intervento (lo abbiamo approfondito nel Capitolo 7 del Sesto Rapporto sul secondo welfare). Il Programma è stato avviato con uno studio di fattibilità volto a individuare gli obiettivi strategici (a cui ha contribuito anche Secondo Welfare). Successivamente è stato lanciato un bando rivolto a partenariati pubblico-privati attivi o da attivarsi nel territorio della Regione Piemonte. Tali partenariati dovevano essere costituiti da un ente capofila e da un minimo di due partner, di cui almeno un ente pubblico e due enti non profit. Il bando era strutturato in due fasi: la prima consisteva nella raccolta delle proposte progettuali e nella loro valutazione. La seconda fase ha invece previsto un percorso di coprogettazione che ha impegnato i partenariati vincitori della prima fase. Dopo questo percorso le richieste di contributo – integrate e migliorate – sono state sottoposte nuovamente alla valutazione degli organi deliberativi della Fondazione. A seguito dei due procedimenti di valutazione sono risultati vincitori tre partenariati, che hanno avviato le loro attività nel 2023.

Un’altra iniziativa rilevante è stata realizzata in Emilia-Romagna. La Fondazione Cariparma ha promosso tre edizioni del bando “Leggere crea indipendenza”, finalizzato a sostenere la lettura alla luce del suo valore in termini di inclusione sociale, economica, culturale per i cittadini e per la qualità della democrazia. Nella prima edizione del bando, nel 2021, fra i progetti sostenuti c’è stato quello del Comune di Parma, intitolato “Lettori si diventa – Per fare un lettore ci vuole una città”. Il progetto è stato frutto di un percorso partecipato promosso dall’amministrazione comunale, che per arrivare alla stesura della proposta ha deciso di avviare una call for ideas e un percorso di coprogettazione. Leggendo il bando del Comune di Parma emerge come la strada della coprogettazione e del coinvolgimento di enti esterni sia stata scelta per allargare il più possibile il perimetro di azione e per valorizzare al meglio tutte le competenze ed energie presenti sul territorio: “Tra le risorse da valorizzare – si legge nel documento – sono anche locali, spazi, mezzi utili al decentramento delle attività e alla capillare diffusione del progetto, requisito quest’ultimo che permette l’incontro con nuovi pubblici, con minori opportunità”.

Le esperienze raccontate illustrano bene come le Fondazioni di origine bancaria possano promuovere la cultura della collaborazione contribuendo a costruire una “sussidiarietà reticolare in grado di connettere comunità territoriali, sociali ed economiche”, come scriveva Quadrio Curzio alcuni anni fa proprio in relazione all’operato delle Fondazioni di origine bancaria (e di Acri). Un tipo di impegno che, insieme a molti altri che abbiamo raccontato nel podcast Intrecci, rafforza le comunità e le rende più capaci di rispondere a bisogni e sfide.

Intrecci è realizzato da Percorsi di secondo welfare con il supporto di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Intrecci è un progetto giornalistico ibrido: un podcast per conoscere attraverso le voci dei protagonisti i progetti di comunità e una serie di articoli di approfondimento per mettere a fuoco il ruolo della filantropia.

 

Foto di copertina: Giulia Greppi





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