cosa ci aspetta con il ReArm Europe

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Ci troviamo a un bivio della storia e la strada giusta è l’Europa federale. Quel che i singoli paesi destineranno alla difesa andrà a scapito di altre voci. In Francia già si discute di tornare ad alzare l’età della pensione, da noi si alzeranno le tasse o si procederà a sforbiciate più ampie di quelle attuali, o crescerà ancora di più il debito. Quello che vogliono Trump e Putin

Ci troviamo a un bivio della storia. Un momento drammatico in cui è fondamentale prendere la strada giusta, da cui dipende il nostro futuro. E la strada giusta è l’Europa federale. Un’Europa che con il consenso dei cittadini svolga un ruolo, nel mondo, di difesa dei diritti umani e dello stato di diritto. Occorre compiere, adesso, passi che vadano in questa direzione. Per questo l’attuale proposta della Commissione non è nemmeno l’inizio: semplicemente, è la strada sbagliata.

Con ReArm Europe (nome sincero) i singoli stati avranno ancora più margini di autonomia. Potranno scegliere come riarmarsi, in deroga al patto di stabilità. Ognuno potrà rafforzare il proprio esercito, senza un coordinamento, senza nemmeno che siano chiare le finalità e senza alcuna garanzia che la UE raggiunga l’autonomia strategica (per inciso, è esattamente quello che vuole Trump). Il risultato potrebbe essere l’aumento dei nazionalismi, o il caos; la Polonia, ad esempio, già pensa alla sua arma nucleare. Siccome poi l’economia impone sempre delle scelte (i soldi non sono gratis e, se così fosse, non varrebbero nulla) è chiaro che quel che i singoli paesi destinano per la difesa andrà a scapito di altre voci. In Francia, ad esempio, già si discute di tornare ad alzare l’età della pensione, per far fronte alle spese militari. In Italia o si alzeranno le tasse, o si procederà a tagli alla sanità, alla scuola, al welfare, alla cura del territorio, alle politiche ambientali, più di quanto il governo già non fa; o semplicemente crescerà ancora di più il debito. E questo anche per gli altri paesi.

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Il piano quindi è anche miope: non solo non è un passo avanti verso la maggiore coesione, e non solo non garantisce l’autonomia strategica dell’Europa, ma crea le premesse affinché quella coesione venga a mancare, in futuro. Accantonando la lotta alle disuguaglianze, crea cioè le premesse per un’ulteriore avanzata delle forze nazionaliste o populiste, antieuropee. Se andranno al potere, ad esempio in Francia, mineranno definitivamente la coesione europea. Di nuovo: esattamente quel che vuole Trump. E anche Putin. Il piano ReArm Europe, così com’è, è un piede nella fossa. Un suicidio per le stesse classi dirigenti che lo propongono. Davvero non si è imparato nulla, finora, dalle lezioni della storia.

L’alternativa c’è, adesso. Un passo in direzione dell’Europa federale è il lancio di un grande piano di investimenti, comuni, da indirizzare alla difesa e alla sicurezza, ma anche alla conversione ecologica e al welfare. Con contributi a fondo perduto dell’Europa, non solo con prestiti, da finanziare con un fisco comune: tassando i grandi patrimoni e i profitti delle multinazionali. Anche più ambizioso, e strutturale, di quanto fatto con il Next Generation EU. Sia detto, pure allora (partecipai alle trattative, ero responsabile Economia del Pd) non fu facile: molti spingevano per il Mes, ci dicevano che gli eurobond erano una chimera. Decisivo fu l’aiuto delle istituzioni federali europee, a cominciare dal Parlamento guidato da David Sassoli, e il gioco di squadra che il governo italiano mise in campo con Francia e Spagna. Le grandi svolte non cadono dal cielo: sono il risultato del nostro impegno.

Nella difesa, gli investimenti devono andare a quel che davvero conta per la nostra sicurezza, lì dove i singoli stati europei, pur spendendo nel complesso molto più della Russia, sono carenti proprio perché separati: lo scudo nucleare, la rete satellitare, l’intelligenza artificiale. E devono prevedere, come contropartita, la messa in comune delle attuali forze armate, con conseguenti risparmi ed efficientamenti: e con un chiaro e unico centro di comando (come avviene con la politica monetaria). Se alcuni paesi non ci stanno, si può procedere con le cooperazioni rafforzate. Avremmo in questo modo un vero e proprio esercito europeo, strategicamente indipendente. Saremmo molto più sicuri, senza necessariamente spendere di più (anzi, possiamo risparmiare).

Questa è la risposta adeguata, adesso, sia a Putin che a Trump. Questa è la strada, opposta, a quella ipotizzata dalla Commissione. Queste idee darebbero valore alla manifestazione del 15 marzo, con cui far pressione dal basso, in un momento decisivo, su governi europei che sembrano annebbiati. Un’Europa federale, e sovrana, che sappia difendersi e che al contempo riduca le disuguaglianze, investa nell’innovazione e nell’ambiente. Democratica, fondata sul consenso. E che svolga in questo modo un ruolo di stabilizzazione, di pace e di diritti nel mondo.

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