La degenerazione delle carriere e lo squilibrio dei poteri

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


L’articolo “La degenerazione delle carriere” (apparso sul numero di marzo di Tempi) a firma di Guido Piffer mi ha posto di fronte a una riflessione, dopo quasi cinquant’anni di professione da povero avvocato di provincia, sul problema del rapporto tra magistratura e politica, o meglio, tra i poteri dello Stato.

Siamo in pensione entrambi, e io, pur non avendo mai praticato il diritto penale, ho cercato di condurre la mia esperienza lavorativa mettendo in pratica i principi del diritto trasmessi dai miei professori dell’Università Cattolica sia nella professione sia nell’impegno politico (Dc) a livello locale (Comune e Regione).

Innanzitutto, ringrazio Piffer per il livello a cui pone il problema, per le citazioni del pensiero di don Luigi Giussani, che mi  costringono sempre a confrontarmi con l’esperienza vissuta, e infine per l’onestà intellettuale con cui guarda la sua professione.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Tuttavia, ed è per questo che scrivo, credo che il dibattito proposto vada sviluppato in più e diverse direzioni, prima e senza dover qui aprire, come scrive Piffer, una valutazione della riforma Nordio.

L’articolo prende le mosse ponendo due concetti che credo importanti: l’autocoscienza del giudice e i suoi limiti.

In ordine al primo, è certamente condivisibile l’impostazione del problema attraverso l’affronto degli atteggiamenti moralisti e giustizialisti (due “ismi” che palesano ideologia). Lo stesso autore conclude, con onesto realismo, che – comunque si legiferi – i magistrati che fanno dell’ideologia il loro credo sapranno comunque esercitare la giurisdizione senza riguardo alcuno ai limiti “morali” indicati nell’articolo.

Credo sia allora necessario porre un’altra questione nell’affronto del problema e mi permetto di ricavarla dai ricordi universitari e, in particolare, dagli studi della Carta Costituzionale, così come era nel 1968, data del mio esame.

I costituenti, dopo un periodo in cui il potere esecutivo aveva invaso la sfera degli altri poteri (fascismo), capirono che era necessario esprimere nella Costituzione un’esatta definizione dei limiti entro cui i tre poteri potevano agire. 

Mi permetto allora di porre il problema sotto il profilo del rapporti tra i poteri, senza timore che la parola “potere” possa esser letta in modo negativo, ma sia affermata come strumento, sia pure imperfetto (ecco il problema dei limiti), in un sistema  democratico e cioè in un sistema in cui «la sovranità appartiene al popolo», anche quando compie scelte che non corrispondono a quello che pensi.

Pongo due questioni a partire dalla mia modesta lettura dei principi di una Costituzione che veniva definita “rigida” in quanto prevedeva una netta separazione e dei ben precisi limiti all’esercizio dei potere e di come, in questi anni, in nome di una visione ideologica, si sia scelto da parte di ciascun potere di  indebolire l’altro per così minare l’equilibro che la Costituzione  nata dalla Resistenza aveva posto.

Quali erano i punti di equilibrio tra i tre poteri? Per il potere politico era il primato del parlamento, quale espressione diretta   della sovranità popolare attraverso la funzione legislativa e lo stretto controllo del potere esecutivo, soggetto alle leggi, così come il potere giudiziario, con un terzo garante super partes nella figura del Capo dello Stato.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Per il potere legislativo i limiti derivavano, da un lato, dal giudizio che il popolo sovrano esprime con il voto (ecco la prima malattia del sistema cioè l’astensionismo), dall’altro, con la necessità che le leggi siano conformi ai principi della Costituzione con il duplice possibile controllo del presidente della Repubblica che le promulga e con il potere anche di sciogliere il parlamento e della Corte Costituzionale, a cui si aggiunge l’ulteriore funzione di giudice delle liti tra i poteri.

Per il potere esecutivo c’era il controllo primo da parte del presidente della Repubblica al momento della formazione del governo e poi il controllo e la dipendenza dal rapporto con il parlamento (questo esercitato nel nostro paese con il numerosissimo succedersi di governi nella nostra storia repubblicana).

Per il potere giudiziario c’era, da un lato, l’affermazione dell’indipendenza e autonomia del magistrato che è soggetto solo alla legge e, dall’altro, il duplice limite dell’impossibilità ad agire penalmente nei confronti degli altri due poteri (art. 68 Costituzione) ed il controllo attraverso la presidenza del Consiglio superiore della magistratura affidata al presidente della Repubblica.

L’art. 68 come allora formulato non ha posto problemi ai costituenti, e basta andare a rileggersi dibattito riportato nel volume che raccoglie gli emendamenti proposti, proprio per la funzione di limite al potere della magistratura verso gli altri poteri.

Purtroppo questi limiti (il problema dei limiti correttamente posto nell’articolo) è stato stravolto da una serie di contenzioni  tra i poteri nella nostra storia repubblicana, contenziosi che hanno visto un quarto protagonista, l’informazione, che è sempre caduta nella tentazione di influenzare il popolo sovrano e quindi di porsi come un quarto potere.

Il primo vero attentato al sistema equilibrato ideato dai padri costituenti è stato dato dall’iniziativa assunta da alcuni magistrati con Tangentopoli e con il successivo sopravvento del potere giudiziario su quello legislativo ed esecutivo con la modifica dell’art. 68 della Costituzione, quello che garantiva l’immunità nell’esercizio del potere di cui si faceva parte.

Una riflessione storica andrebbe fatta, in quanto, dietro quella iniziativa, ritengo che vi fossero interessi nazionali ed esteri ben più grandi delle personalità dei magistrati protagonisti,  certamente aiutati dai media di qualunque appartenenza e dal sorgere di nuove aggregazioni da cui ha poi avuto origine la cosiddetta Seconda Repubblica.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Condivido appieno il giudizio di don Giussani su Tangentopoli  riportato da Guido Piffer nell’articolo, mentre ritengo non condivisibile un giudizio positivo se si ha riguardo al rapporto costi-benefici che sono ben descritti in detto giudizio.

Sempre in punto di limiti nei rapporti tra i poteri, la Costituzione pone oltre la Corte Costituzionale verso la magistratura il Consiglio superiore, con un problema che s’è palesato nel tempo e cioè la non parità di rappresentanza con uno sbilancio a favore del potere giurisdizionale rispetto a quello del parlamento, non sufficientemente compensato dalla presidenza al Capo dello Stato.

Su questo punto la verifica può esser fatta avendo riguardo alle azioni disciplinari e di danni per violazione di norme di legge con azione risarcitoria, nonostante i tentativi del partito Radicale di introdurre la responsabilità del giudice attraverso referendum  non pienamente attuato dal parlamento.

Termino chiedendo scusa per il mio argomentare che meriterebbe maggior sapienza rispetto alla mia di modesto avvocato di provincia in pensione e mi permetto di porre due  considerazioni finali, come dicevano i latini, in cauda venenum.

In primis mi chiedo se abbia un senso nel nostro sistema  costituzionale lo sciopero dei magistrati se essi rappresentano uno dei tre poteri dello stato, in quanto non ho mai sentito che chi rappresenta gli altri poteri (parlamento e governo) abbiano mai scioperato.

In secundis, sempre a proposito di limiti: perché, invece che separare le carriere, non si modifica la composizione del Csm ponendo parità di rappresentanza tra la giurisdizione e il parlamento, così ponendo il Capo dello Stato quale arbitro con pieni ed efficaci poteri nel condurre l’organo costituzionale del potere giudiziario.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Con stima e simpatia, un vecchio abbonato.

Giuseppe Gibilisco 

Risponde l’autore dell’articolo, Guido Piffer.

La lettera pone molte questioni di grande importanza: l’assetto costituzionale dei rapporti tra i poteri dello Stato e le radicali modifiche che esso ha subìto negli anni più recenti, ma anche lo sciopero dei magistrati e la composizione del Csm. Si tratta di preziosi spunti per un ampliamento della riflessione svolta nell’articolo, riguardanti argomenti che per evidenti limiti di spazio intenzionalmente non sono stati trattati, pur nella consapevolezza della loro importanza.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link