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Parere non favorevole della Prima commissione, presieduta da Carlo Daldoss (FdI), al disegno di legge 52 di Mirko Bisesti (Lega), firmato anche dai consiglieri Guglielmi, Cia, Masè e Angeli, volto a modificare la legge elettorale provinciale del 2003
Trento – La proposta, che si compone di un articolo, introduce di fatto la possibilità per il presidente della Provincia di svolgere un terzo mandato. I lavori della Commissione hanno visto lunedì riprendere e concludere la discussione generale iniziata durante la scorsa seduta. Prima però è stata messa in votazione e respinta la possibilità di effettuare eventuali audizioni. Dichiarati non ammissibili gli 8 emendamenti presentati da Maria Bosin (Patt), è stata la volta delle dichiarazioni e quindi della votazione: il ddl è stato respinto con 4 no (Zanella, Demagri, Franzoia, Valduga), 4 sì (Bosin, Masè, Paccher, Segnana) e l’astensione di Daldoss.
L’esame del ddl è previsto con procedura d’urgenza. All’inizio dei lavori oggi, come nella scorsa seduta, il dibattito si è concentrato sulla possibilità di svolgere audizioni in Commissione e sull’ammissibilità di eventuali proposte emendative. Sollecitato dalle richieste di chiarimenti delle minoranze, Carlo Daldoss ha riportato la verifica fatta con gli uffici e circoscritto il perimetro entro cui è possibile emendare il ddl, con proposte relative ai soli articoli 5, 8 e 14 della legge elettorale provinciale (lp 2 del 2003).
Paolo Zanella (Pd) ha parlato in questo senso di un’ennesima forzatura del regolamento: si sta normando il processo elettorale, non la forma di governo. In un secondo intervento, chiedendo un chiarimento dei tecnici, ha parlato di un perimetro per le modifiche “ad personam in una legge ad personam”. Francesco Valduga (Campobase) ha parlato di una contraddizione in termini: se il tema, ha detto, è la revisione di una forma di governo (e si è detto disponibile a ragionarci, anche rispetto all’elezione diretta in sé) a maggior ragione il tema dell’urgenza non si sostiene. Una legge elettorale non si fa se non ampiamente condivisa e non la si fa con l’urgenza, ha aggiunto esprimendo timori verso l’Aula su un eventuale interpretazione per il contingentamento dei tempi. Maria Bosin (Patt) ha ripreso il filo del discorso della scorsa seduta: ha detto di non essere contraria ai tre mandati, anche perché prima di tutto sono gli elettori a decidere e perché tutto cambia a seconda della situazione in cui il mandato avviene. Ha citato l’esempio del primo mandato di Fugatti, difficile e pieno di contingenze. Ha invitato poi ad abbandonare l’espressione “Salva Fugatti”: qui non si parla di un’immunità. Daldoss ha parlato, relativamente all’intervento di Zanella, di un intervento al limite dell’offesa personale e ha ricordato di essersi confrontato con i tecnici e di aver deciso, come previsto dal ruolo. Al presidente ha espresso solidarietà Roberto Paccher (Lega) che ha dichiarato che non c’è bisogno di chiarimenti dei tecnici se il presidente esprime il loro parere che ha raccolto.
Alessio Manica (Pd) ha chiesto di motivare la circoscrizione del perimetro agli articoli citati, di motivare in che modo si arriva a dire che una norma strettissima per cui è stata riconosciuta l’urgenza possa essere allargata su due temi che sono avulsi. Altrimenti è palesemente una scelta discrezionale, ha aggiunto. Gli ha risposto Daldoss: gli articoli 5 e 8 riguardano la figura del presidente. Si può essere o non essere d’accordo, ha detto e ha ricordato che non ci sono state né forzature, né valutazioni personali. Valduga ha detto di condividere il primato della politica, che però non vuol dire fare strame di quello che dicono i tecnici. La decisione a un certo punto è politica, ma sembra accettabile che una riforma elettorale si possa fare con una procedura di urgenza su tutti questi temi a colpi di maggioranza? ha aggiunto.
Anche Vanessa Masè della Civica ha espresso il suo supporto a Daldoss, ricordando la propria esperienza personale: il ruolo del presidente è tutt’altro che semplice e il supporto degli uffici attiene all’area tecnica, ma c’è poi anche la politica. Quando si parla di materia elettorale, ha aggiunto, il presidente cerca di decidere nel modo migliore sapendo che non è semplice, generalmente viene deciso un criterio mediano guardando al passato e non chiudendo o aprendo troppo rispetto alle situazioni a venire. Ha ricordato comunque l’inappellabilità della scelta del presidente.
È quindi nato un dibattito dalle dichiarazioni di Paola Demagri (Casa Autonomia) che, ribadendo l’utilità di audire degli esperti, ha affermato che un parere da questo punto di vista può servire per evitare di fare brutte figure proprio sulla possibilità emendare oltre che l’articolo 14 anche gli articoli 5 e 8. Masè ha detto di credere che non si debba legiferare col timore del ricorso, in difensiva: è limitante per l’autonomia. D’accordo con lei Daldoss. Valduga ha affermato che ciò deve valere sempre, sia quando si rischia un’impugnazione della Corte Costituzionale, sia un provvedimento della Corte dei Conti. Mariachiara Franzoia (Pd) ha citato l’esempio della Regione Sardegna: il tema meriterebbe un po’ più di prudenza, visto che c’è una sentenza uscita da pochissimo. Zanella: non sarà un’audizione a risolvere i dubbi sulla competenza, ma un parere autorevole, di un costituzionalista e di un esperto di sistemi elettorali aiuterebbe. Bosin ha ricordato che gli stessi costituzionalisti danno interpretazioni diverse tra loro. Per Paccher il tema non può essere chiarito da chi si andrebbe ad audire e il parere seppure autorevole non cambierebbe il parere di alcuno né le posizioni delle coalizioni. Demagri ha citato il secondo voto in aula la scorsa legislatura sollecitato dalla Corte Costituzionale sul ddl dell’assessore Tonina in tema di centrali idroelettriche. Infine Lucia Coppola (AVS) ha spronato a un sano surplus di attenzione: tutte le occasioni di avere approfondimenti in più vanno colte, è un obiettivo che si sono poste tutte le Commissioni, che hanno sempre agito di conseguenza.
Audizioni ed emendamenti. Il presidente Daldoss ha quindi posto in votazione la proposta di effettuare eventuali audizioni: respinta con 4 sì, 4 no e un’astensione di Daldoss. Prima del termine della discussione generale, Bosin ha presentato otto proposte emendative del testo (in allegato sul sito del Consiglio), a discussione conclusa dichiarate non ammissibili perché non riguardanti l’ambito ritenuto congruo, ha spiegato il presidente.
Le dichiarazioni di voto. Dopo una breve sospensione chiesta per un confronto chiesta dalle minoranze, è stata la volta delle dichiarazioni di voto. Valduga ha ricordato le perplessità delle minoranze di merito e di metodo. Su quest’ultimo è tornato sul tema audizioni: si prende atto del fatto che non c’è disponibilità su tutta la linea, ci si immaginava, presumendo di conoscere l’attenzione del presidente all’equilibrio, almeno un sostegno sulle audizioni, a un surplus di approfondimento anche perché la forza politica che rappresenta qualche dubbio sul ddl lo ha. Il garante delle minoranze ha parlato della tentazione di abbandonare i lavori della Commissione: invece rimarremo, ha affermato, perché a questo punto siamo curiosi di vedere il voto del presidente, il tema è politico e si è deciso di affrontarlo politicamente anche guardando le posizioni interne alla maggioranza. Zanella ha parlato di forzature continue. Si vedrà se la stessa interpretazione sarà mantenuta dal presidente in Aula, ha dichiarato. Il perché non vogliamo la legge è una questione di principio, ha aggiunto poi, se si deve controbilanciare l’elezione diretta del presidente è giusto che ci sia un limite dei mandati, chi è presidente ha un vantaggio in una competizione elettorale rispetto ad altri candidati.
Paccher ha sottolineato come la presenza dei consiglieri di minoranza farà sì che il voto di ogni consigliere pesi di più, non ci si nasconda dietro il dito. Si tratta di una legittima presenza per far prevalere la vostra posizione, ha affermato e ha ricordato che il tema del terzo mandato è più vasto, non riguarda solo Fugatti, ma tutti i governatori che sono arrivati al secondo mandato.
Bosin si è soffermata invece sugli emendamenti: sul doppio turno ha detto che il sistema attuale rischia di penalizzare la vivacità e la diversità di ciascuna anima politica della provincia. Sui correttivi previsti sulle preferenze ha ricordato che il punto fa parte del programma di coalizione e che l’emendamento deriva da un confronto interno al partito. Ha indicato a questo punto la necessità di un nuovo confronto con il partito verso l’Aula: da parte mia, ha aggiunto, se anche oggi non sono contraria ai tre mandati e ci può essere il mio voto favorevole al ddl, questo non significa che ciò si traduca, qualora non ci sia la possibilità di fare altri ragionamenti, in un esito scontato dopo il confronto con il partito.
Quindi il voto: la Prima commissione ha espresso parere non favorevole al ddl 52 con 4 no, 4 sì e l’astensione di Daldoss.
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