La Giornata internazionale della donna si รจ ormai conclusa e con lei il solito siparietto del Governo che festeggia un successo che appare tale solo perchรฉ presentato fuori dal suo contesto. Questa volta รจ toccato allโoccupazione femminile: come si puรฒ festeggiare un record per cui lโItalia risulta ultimo Paese in classifica nellโUE? Alla mistificazione della realtร e allโingiustizia le donne rispondono, ancora una volta, con la loro resilienza: lโItalia รจ il Paese che vanta il piรน alto numero di lavoratrici autonome in Europa, con 1,61 milioni di partite IVA femminili nel 2023, superando Francia (1,43 milioni) e Germania (1,29 milioni).
Lโoccupazione femminile in Italia, oltre la propaganda cโรจ disparitร a ogni livello
I dati del report โIl lavoro delle donne tra ostacoli e opportunitร โ di Cnel-Istat dicono che lโoccupazione delle donne in Italia sia aumentata solo del 6,4% in 16 anni. Questo รจ il dato che il Governo ha festeggiato. Questo, tra lโaltro, per effetto dellโaumento del tasso occupazionale generale (dal 58,7% del 2008 al 62,8% del gennaio 2025) e con un ritmo inferiore rispetto alla media UE che รจ stata di 8,6 punti. In questi 16 anni, dunque, il Belpaese ha solo ampliato la forbice.
Oggi lโItalia รจ lo Stato UE in cui il tasso di occupazione femminile รจ piรน basso, con un gap di genere quasi doppio rispetto alla media (17,4 punti contro 9,1 punti).
Marcate restano pure le disparitร territoriali. Se guardiamo alla fascia 15-64 anni, al Nord e al Centro lavorano sei donne su 10, al Sud solo tre. Oltre un quarto di loro lo fa con almeno un elemento di vulnerabilitร , come il part-time involontario. A rendere ancor piรน grottesco il โrecordโ โ in barba a ogni promozione della natalitร โ il fatto che a generarlo siano state per lo piรน le over 50 e nelle professioni โfemminilizzateโ: le lavoratrici italiane sono soprattutto segretarie, commesse, badanti, colf, infermiere, addette ai servizi di pulizia e maestre di scuola primaria.
La maternitร , le faccende domestiche e lโassistenza dei figli
Le donne si occupano spesso in via esclusiva della pulizia della casa, della cura dei figli e della loro assistenza (cure mediche, malattia, sostegno scolastico e compiti). A dirlo รจ il 1ยฐ Paper del Rapporto 2025 Family (net) work, dal titolo โLa fatica delle famiglie: una difficile articolazione del lavoro di curaโ, promosso da Assindatcolf e curato da Censis. Per questo la โcorsaโ allโimpiego riguarda soprattutto le 50enni, che non accudiscono figli neonati. E non รจ nemmeno un caso che, persino tra le poche madri occupate nella fascia 25-34 anni, ci sia il 41% delle lavoratrici che sceglie il tempo parziale. Una su cinque, poi, รจ costretta a mollare dopo la maternitร . Nella stessa fascia dโetร , invece, soltanto il 6,6% degli uomini รจ impiegato part-time.
Le (non) scelte del Governo
La premier Giorgia Meloni ha sempre sostenuto di voler favorire la paritร di genere e la natalitร e di voler combattere la violenza sulle donne. Senza disquisire sulla necessitร di promuovere le nascite โ in un pianeta che conta oltre 8 miliardi di persone e che prevede di raggiungere la quota di 10 miliardi entro il 2064 โ occorre almeno che il Governo faccia pace con gli obiettivi dichiarati: supportare la natalitร significa intanto garantire lโassistenza dei figli tutti i giorni dellโanno e un aiuto concreto nella cura della casa; combattere la violenza maschile sulle donne significa, in primo luogo, renderle indipendenti dal punto di vista economico e sollevarle, quindi, dalla violenza economica che influisce in modo importante su tutte le altre forme subite.
Invece si procede con lโennesima legge propaganda, il ddl femminicidio, che promette un inasprimento di pene giร previsto dal Codice e non si preoccupa, perรฒ, di incrementare il personale che dovrebbe accorciare i tempi necessari per intervenire nei casi di violenza.
E dei nidi? Praticamente non cโรจ traccia. Il Governo disattende lโobiettivo, che si sarebbe dovuto raggiungere entro il 2010, di assicurare almeno un posto su ogni tre bambini, nonostante tutti i fondi del Pnrr destinati allo scopo. Lโultimo rapporto di Openpolis conferma che ci sono mediamente 30 posti ogni 100 bambini con meno di 3 anni residenti in Italia, con importanti differenze territoriali. In Sicilia e Campania, per esempio, ce ne sono solo 13 su 100. Aumenteranno soltanto negli anni, per effetto del calo demografico?
Record di partite IVA femminili: la resilienza delle donne
Il primato assoluto in UE delle partite IVA femminili italiane โ che, quando possono, preferiscono assumere altre donne โ รจ forse lโunico record da festeggiare. ร una risposta pragmatica delle donne alla precarietร del lavoro dipendente, allโinadeguatezza dei servizi sociali e dellโassistenza allโinfanzia, allโinflessibilitร della cultura aziendale.
Lโautoimpiego, la capacitร di reinventarsi, di acquisire nuove competenze, di trovare soluzioni innovative, magari accedendo ai fondi disponibili per lโimprenditoria femminile, sono una risposta eloquente a un sistema che continua a porre ostacoli.
La necessitร di un femminismo universale
Dovremmo allora essere tutti femministi. Non รจ una questione di uomini contro le donne, ma di lotta nei confronti di un sistema basato su un pregiudizio che nega la libertร di autodeterminazione. Il femminismo conviene a tutti: a chi vuole maggiore ricchezza allโinterno della propria famiglia, a chi sogna la crescita equilibrata dei figli, a chi desidera unโItalia con un Pil piรน alto, a chi vuole un Paese piรน sicuro in cui le madri, le mogli, le figlie non debbano aver paura di camminare sole per strada.
Cosa significa essere femministi oggi? Riconoscere il patriarcato come sistema sociale, come manifestazione e istituzionalizzazione del dominio maschile sulle donne e sui bambini allโinterno della sfera privata e sociale; rivendicare il controllo sul proprio corpo; lottare contro ogni forma di misoginia e contro la normalizzazione delle sue manifestazioni; sostenere la paritร di genere e le pari opportunitร .
Essere femministi significa anche smettere di celebrare statistiche fuori contesto, ogni giorno dellโanno.
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