Più peso a chi chiude la filiera, la “lezione” dell’Oltrepò ai Consorzi del vino. Intervista alla presidente Francesca Seralvo – Virtù Quotidiane

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Cantine e vini 08 Mar 2025 17:27

Francesca Seralvo

PAVIA – Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese ha recentemente segnato un passo importante per il mondo vino. Il nuovo sistema di voto è un’importante innovazione che pone il focus su un equilibrio sino ad ora mai riscontrato nel settore.

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La presidente del Consorzio Francesca Seralvo confida a Virtù Quotidiane il sogno di dare maggior rilievo alle piccole aziende e gli obiettivi per rendere l’Oltrepò Pavese un territorio sempre più meritevole di attenzioni.

Introducendo l’applicabilità del modello di voto democratico ad altri contesti territoriali, Seralvo dice: “Il modello impostato mediante il nuovo statuto è frutto di un’attenta valutazione del sistema della rappresentatività in seno ai consorzi, anche grazie all’esperienza del nuovo management e al confronto con Federdoc e il Ministero”.

“Proprio questo ultimo ha segnalato come la scelta che abbiamo fatto in Oltrepò Pavese può effettivamente diventare un modello. L’attenzione alla centralità della filiera, poi, ha avuto anche l’apprezzamento di Fivi, per cui sicuramente ci saranno gli spazi per un dialogo ampio, nel quale il nostro territorio potrà tornare ad avere un ruolo centrale”.

I cambiamenti portano spesso a spaccature interne, spesso non si riesce ad accontentare tutti. Questa novità potrebbe far allontanare alcune realtà ora parte del Consorzio, ma la presidente non vede preoccupazioni di questo genere all’orizzonte: “Le decisioni prese nel corso dell’ultima assemblea hanno avuto un consenso estremamente ampio, che abbiamo definito plebiscitario perché molto prossimo al 100% dei votanti, sia per quanto riguarda lo statuto sia in relazione al disciplinare della Docg”.

“Questo voto”, aggiunge, “riflette il lavoro di confronto e condivisione che si è svolto nel corso di questo primo anno di mandato del nuovo CdA: abbiamo fatto numerose valutazioni e discussioni, che hanno portato al risultato rivoluzionario dell’ultima assemblea”.

“Non nascondiamo che in questo percorso alcuni dissensi ci siano stati, ma l’attuale compagine consortile è più forte che mai e, soprattutto, per la prima volta è davvero concentrata su un obiettivo fondamentale: ridare valore al territorio, alle sue uve, al suo vino, alle sue vigne. È un progetto ambizioso, ma siamo tutti convinti che questo è l’avvio di una nuova fase, che può finalmente portare l’Oltrepò Pavese al traguardo che merita”.

Una meritocrazia che include anche le aziende che si occupano di tutte le fasi di produzione.

“I temi, in realtà, sono almeno due. Da un lato c’è il potenziamento del peso delle aziende più piccole, che grazie al numero di voti minimo garantito dal nuovo statuto possono contare di più, soprattutto se si uniscono e lavorano di concerto. Dall’altro c’è il premio di filiera, che è invece un riconoscimento al valore intrinseco che ha, nel mondo del vino – e dell’agroalimentare in generale –, chi si occupa di tutte le fasi, dalla vigna sino al calice”.

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“Il concetto di filiera porta con sé il tema della qualità, della salvaguardia del territorio e della centralità di quest’ultimo anche in ambito socio-economico. Si tratta di fattori determinanti per la competitività di un’area vitivinicola, che dunque sono meritevoli dell’attenzione speciale che, mediante il nuovo statuto, abbiamo dato”.

“Il riscontro delle imprese, non solo di quelle piccole, è decisamente positivo e ci aspettiamo che crescerà ulteriormente, man a mano che queste riforme si faranno sentire nella quotidianità”.

Ma come mai un sistema così democratico è così lontano dalla mente italiana e non è mai stato applicato? “È una domanda alla quale dovrebbero rispondere un po’ tutti gli operatori di questo settore. Posso dire che, indubbiamente, un consorzio deve prima di tutto guardare all’interesse del territorio e dei consorziati, un interesse che nel corso degli anni e dei mutamenti di mercato può legittimamente subire variazioni”.

“Il sistema che abbiamo adottato”, spiega la presidente, “presenta il vantaggio di riflettere in maniera immediata questi cambiamenti e di non richiedere adattamenti sul medio e lungo termine, consentendo a tutte le anime del territorio di portare avanti le proprie istanze e di dare voce all’esigenza di garantire un valore al grande lavoro che sta dietro ad ogni bottiglia”.

“Si tratta della base indispensabile per avviare strategie e pratiche che, di là da una retorica che in passato ha pesato sull’Oltrepò, possano realmente incidere sulla remunerazione dei produttori – piccoli e grandi – e sulla salvaguardia dell’ambiente in cui operiamo”.

“Il confronto con Federdoc e i funzionari del Ministero dell’Agricoltura è stato molto produttivo e improntato alla massima collaborazione. Nei mesi scorsi il nostro direttore Riccardo Binda, che ha seguito in prima persona la scrittura del nuovo statuto, ha avuto modo di incontrarsi virtualmente e di persona diverse volte con i funzionari, per mettere a punto i particolari di questa riforma. Ringraziamo Federdoc e Masaf per l’attenzione che hanno avuto nei confronti del processo di cambiamento che abbiamo intrapreso”.

Il Classese

Altra importante novità riguarda il nome scelto per identificare lo spumante metodo classico: Classese. Un cambiamento che ha anche lo scopo di risollevare il nome dell’Oltrepò Pavese come territorio.

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“In estrema sintesi, non si poteva non cambiare alla luce dei numeri che raccontano il territorio e la Docg. Il cambio di nome – che si accompagna a importanti modifiche sul fronte delle pratiche in campo e in cantina, con restrizioni in ottica qualitativa di grande rilevanza – era una necessità non più rimandabile”, afferma la presidente.

“Il Metodo Classico è il vino oltrepadano con il maggior valore alla bottiglia, nonché quello che ha migliori possibilità di crescita sia rispetto alle caratteristiche del territorio sia alla luce dei trend di mercato. Ad oggi condivide il nome con altre 6 denominazioni, a scapito della sua riconoscibilità”.

“Il nome Classese riprende una fase storica fondamentale per l’evoluzione del metodo classico da Pinot nero in Oltrepò, la prima che ha segnato un’azione condivisa dei produttori per raccontarne e certificarne la qualità, ormai quaranta anni fa. Con questo nome sarà possibile avviare politiche promozionali forti, chiare e univoche per il consumatore”.

Si parla di via del rilancio da diversi anni a livello locale, ma pare che questa sia la prima vera volta in cui qualcosa viene veramente realizzato.

“Siamo molto soddisfatti, perché in questo ultimo anno abbiamo fatto finalmente passi avanti notevoli. Il ruolo determinante delle cantine sociali e il patto che hanno fatto con le altre aziende del territorio sono la base per un rilancio complessivo, che in queste due grandi riforme vede le pietre d’angolo”.

“In questi mesi lavoreremo per introdurre il marchio Classese, che prima ancora dell’approvazione come nuova denominazione (un processo burocraticamente complesso e non breve) sarà già impiegato come marchio consortile”, anticipa Seralvo. “Sono numerose le sfide, abbiamo una direzione molto chiara e condivisa, un gruppo affiatato e diversi strumenti all’orizzonte che possiamo utilizzare”.

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“Sicuramente procederemo con la trasparenza che ha caratterizzato l’operato del Consorzio nell’ultimo anno e porteremo in campo soluzioni che consentano di razionalizzare l’offerta, migliorare il posizionamento dei brand Oltrepò Pavese e Classese e, come detto, portare valore sul territorio”.

Una sfida non semplice visti i trascorsi di questo territorio a tratti maltrattato e ad altri dimenticato. La prima pietra è stata posta e il passo più difficile è stato compiuto, vediamo se l’Oltrepò saprà trarne realmente beneficio.


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