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Quando un’impresa non porta a termine i lavori e fa perdere al committente i benefici fiscali, è ormai pacifico che quest’ultimo possa chiedere il risarcimento per i danni derivanti dalla “perdita di chance”. Questo danno viene solitamente calcolato come la differenza tra l’incentivo economico maggiore previsto al momento in cui i lavori dovevano essere realizzati e quello successivo, inferiore, applicabile in seguito.
Tale principio è ben consolidato nella giurisprudenza, ma, come dimostrato da numerosi casi, l’applicazione pratica di tale regola può risultare complessa e non sempre portare al risultato sperato.
La situazione che si è verificata a Ravenna ne è un esempio significativo, in cui un committente ha richiesto il risarcimento del danno da perdita di chance in relazione al “bonus facciate” previsto dalla L. 160/2019, ma non è riuscito a ottenere il risarcimento sperato per il danno differenziale, non avendolo ben dimostrato e avendo avuto accesso ad altri benefici fiscali.
Il danno da perdita di chance è difficile da provare
Il caso in questione riguarda il proprietario di un immobile che aveva affidato a una società di costruzioni il recupero e il restauro delle facciate esterne con l’intenzione di accedere all’agevolazione fiscale del bonus facciate, con uno sconto in fattura pari al 90% come concesso dalle norme allora vigenti.
Nonostante il committente avesse già versato una somma considerevole come anticipo, la ditta non avviò mai i lavori e, al contrario, emise una fattura per lavori mai eseguiti, pari al doppio dell’importo anticipato.
Di fronte a questo evidente inadempimento, il committente si rivolse al Tribunale di Ravenna, chiedendo la risoluzione del contratto d’appalto per grave inadempimento da parte dell’impresa, la restituzione della somma versata, l’annullamento della fattura e il riconoscimento del danno da perdita di chance per l’agevolazione fiscale non ottenuta.
Nonostante il Tribunale abbia riconosciuto la fondatezza delle prime due richieste, ha respinto quelle relative al danno differenziale, aprendo così una riflessione sulle difficoltà di provare il danno da perdita di chance in casi complessi.
Riconoscimento delle richieste di risarcimento e risoluzione del contratto
La decisione del Tribunale di Ravenna, emessa il 21 febbraio 2025, ha accolto le richieste del committente solo per quanto riguarda la risoluzione del contratto e la restituzione della somma versata.
Infatti, la ditta convenuta non ha fornito alcuna prova del corretto adempimento dei suoi obblighi contrattuali, ed è risultata contumace nel giudizio.
Tuttavia, riguardo alla richiesta di risarcimento per la “differenza tra il vantaggio economico derivante dall’incentivo del 2021 (pari al 90%) e quello successivo (pari al 60%)”, il Tribunale ha rigettato la domanda.
Il giudice ha osservato che il committente non ha assolto l’onere della prova, previsto dall’art. 2697 c.c., non essendo stato in grado di dimostrare né il nesso causale tra l’inadempimento e il danno subito, né la sussistenza dei requisiti necessari per ottenere il bonus facciate che sosteneva di aver perso.
In particolare, non era stata fornita una prova adeguata della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per l’accesso all’agevolazione fiscale, che avrebbe dovuto essere chiaramente documentata.
La presenza di altri incentivi esclude il maggior danno
Inoltre, il giudice ha rilevato che il committente aveva comunque usufruito di altri incentivi fiscali, come l’ecobonus e il sismabonus, tramite la presentazione di una CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) che è stata rinvenuta negli atti di causa e della quale non sono stati forniti dettagli specifici sui lavori effettuati, sulla loro portata o sull’incidenza di tali interventi sul danno subito.
Nonostante la negazione del risarcimento per il danno differenziale, il Tribunale ha comunque stabilito che i lavori non fossero stati eseguiti e che le fatture emesse fossero false. Pertanto, ha disposto la trasmissione della sentenza all’Agenzia delle Entrate per il recupero delle somme indebitamente corrisposte alla società convenuta per lavori mai realizzati.
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