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Più volte si è sottolineato in queste pagine quanto sia importante, in materia di bonus fiscali, adottare un comportamento prudente, preciso e meticoloso, e di quanto sia altrettanto fondamentale ricorrere all’istituto dell’interpello prima di assumere comportamenti fiscalmente rilevanti, e spesso irreversibili, come la fruizione dello sconto in fattura. Si è altresì detto che lo Stato ha a disposizione strumenti di controllo e di repressione dei comportamenti fraudolenti e irregolari, molto potenti ed efficaci.
Per questo motivo, si è cercato di seguire in questi anni le continue carambole normative, passo dopo passo, nella consapevolezza che “la legge non ammette ignoranza” e senza molta fiducia che il caos normativo potesse, un domani, costituire una giustificazione per omissioni o errori legati alla fretta o alla scarsa conoscenza della materia. Il tempo ci ha dato ragione.
Gli orientamenti giurisprudenziali
Le prime sentenze che hanno trattato la materia del Superbonus si sono rivelate piuttosto “disorientanti”, poiché i giudici (trattandosi di una tematica senza precedenti) si sono espressi con opinioni contrastanti. Tuttavia, ora le cose sembrano cominciare ad assumere un orientamento più condiviso e omogeneo.
Ad esempio, è ormai chiaro che è relativamente semplice ottenere la risoluzione del contratto d’appalto in caso di inadempimento da parte dell’impresa, così come non è difficile ottenere la restituzione di somme versate in anticipo per lavori non realizzati.
In senso opposto, la giurisprudenza di merito ha stabilito che, per ottenere il risarcimento dei danni subiti, il committente deve dimostrare in modo minuzioso di averli effettivamente subiti, allegando una perizia tecnica. Inoltre, il suo comportamento “inerte”, cioè non “proattivo” nel risolvere i problemi e sollecitare gli adempimenti contrattuali (ai professionisti, alle imprese, etc), è mal visto dai giudici. Analogamente, il danno da “perdita di chance” deve essere oggettivamente dimostrato, così come gli eventuali danni psicofisici e di disagi da 110%, che richiedono sempre una perizia medico-legale.
I primi orientamenti giurisprudenziali in materia di contenziosi tributari e penali
Anche in ambito tributario e penale i casi esaminati dai giudici stanno aumentando, in particolare a seguito di indagini fiscali condotte dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate. I contenziosi civili restano i più numerosi, ma anche gli altri casi sono in crescita.
Una sentenza significativa, in questo ambito, è la n. 8390 del 28 febbraio 2025 (Cassazione penale), che riguarda un sequestro preventivo per illegittima detrazione di somme derivanti da un appalto Superbonus relative a un Consorzio. La sentenza ha, in particolare, ribadito che i costi di gestione di un Consorzio non sono ammissibili come spese detraibili ai sensi dell’art. 119 del DL 34/2020. Il Consorzio, utilizzando lo sconto in fattura e il credito d’imposta 110%, aveva infatti indicato in fattura importi superiori ai costi effettivi delle opere realizzate. La Cassazione ha confermato il sequestro delle somme, evidenziando che questi costi, non documentati e non direttamente legati agli interventi agevolabili, non rientrano nel perimetro normativo, confermando così un principio già espresso dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 23/E/2022 e nell’interpello n. 623/2021, secondo cui le somme inerenti al “mero coordinamento” non possono beneficiare dei bonus.
L’importanza del dovere di informazione
Oltre a ribadire il principio riguardante i costi non detraibili, la sentenza ha richiamato anche un altro concetto molto importante. Ha stabilito infatti che l’errore sul precetto penale e/o extrapenale, soprattutto se commesso da un operatore professionale, è irrilevante solo se il contribuente può giustificare la sua interpretazione normativa (e quindi la sua condotta) come corretta, basandosi su un comportamento positivo degli organi amministrativi o su un orientamento giurisprudenziale consolidato. In altre parole il contribuente deve aver fatto tutto il possibile per ottenere chiarimenti dalle autorità competenti, in particolare richiedendo interpelli all’Agenzia delle Entrate o rivolgendosi a esperti, ovvero adempiendo così al dovere di informazione.
La sentenza afferma, infatti, che “l’errore sul precetto penale e/o extrapenale, specie nel caso di operatore professionale, rileva solo se l’agente abbia potuto trarre il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa da un comportamento positivo degli organi amministrativi, o, comunque, abbia fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e, inoltre, si sia informato in proprio, ricorrendo ad esperti giuridici, così adempiendo il dovere di informazione”.
Il caos normativo non conta
Pertanto, secondo la Cassazione, il contribuente non può giustificarsi dicendo di aver commesso un errore nell’applicazione dei bonus edilizi e del Superbonus a causa del caos normativo, a meno che possa provare di aver chiesto “alle autorità competenti i chiarimenti necessari” e di aver consultato “esperti giuridici”. In altre parole, il cittadino è tenuto a informarsi, a compiere tutte le azioni necessarie per ricevere risposte ufficiali dalle autorità fiscali, adempiendo così al suo dovere di informazione. Da notare la congiunzione “e” utilizzata dai Giudici della Cassazione, a significare che bisogna sia interpellare gli organi dello Stato, sia informarsi in proprio, ad esempio ricorrendo a esperti. Le due cose non sono alternative l’una all’altra.
Il concetto di dovere di informazione era stato introdotto in modo chiaro in una sentenza precedente (Cassazione penale, Sez. III, n. 35694 del 05 aprile 2011), che aveva stabilito che non è mai tollerata l’inerzia del cittadino, il quale deve essere attivo nella ricerca delle informazioni, facendo sorgere l’obbligo per l’ente amministrativo di rispondere alle sue richieste.
Quest’ultima sentenza recita infatti: “né il carattere di frammentarietà di una disciplina normativa, né il fatto che sull’applicazione della stessa si siano formati diversi orientamenti, tanto da giustificare l’emanazione di una norma di interpretazione autentica, possono essere invocati a causa di ignoranza incolpevole della legge penale”.
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