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A Cuba, negli ultimi giorni, sono state condotte numerose operazioni antidroga, in particolare nella capitale, per arginare la diffusione di una nuova droga sintetica nota come “el quimico”, una mescolanza di marijuana, metamfetamine e altre sostanze tossiche.
Una “guerra a ferro e fuoco” contro i narcos come ha dichiarato il primo ministro Manuel Marrero Cruz. Nel 2024 son stati sequestrati 1.051 kg di droghe tra cocaina, marijuana e cannabinoidi stando ai dati forniti alcuni giorni fa dalle autorità cubane.
La ricchezza di Cuba è costituita essenzialmente dalla produzione di zucchero e, in misura minore, tabacco e caffè. La sua industrializzazione è fortemente dipendente dalla fornitura energetica che le viene da alcuni paesi in quanto non possiede petrolio o carbone o altre fonti energetiche.
La storia di Cuba, pur con le sue peculiarità, non sarebbe più interessante di quella delle altre isole colonizzate dalla Spagna e poi entrate nell’orbita statunitense se non ci fosse stata la rivoluzione guidata da Fidel Castro, il quale, dopo aver rovesciato il governo del dittatore Batista, si rivolse al mondo socialista per cercare alleati, costituendo una testa di ponte del socialismo reale nel cuore della sfera d’influenza della più importante delle democrazia capitalistiche.
Nei primi anni Sessanta del secolo scorso l’isola costituì il terreno più pericoloso per i rapporti Est-Ovest, con il rischio dello scoppio di una guerra nucleare. Gradualmente, man mano che la guerra fredda si esauriva e si normalizzavano i rapporti tra Usa e Urss, nonostante il permanere dell’embargo proclamato dagli Stati Uniti e dai paesi alleati, si attenuava l’isolamento politico di Cuba.
La posizione strategica dell’isola, stazione di transito per la cocaina in particolare verso i mercati nordamericani, fu immediatamente sfruttata da alcuni elementi del movimento castrista per ottenere consistenti contropartite dai cartelli dei narcos. La politica estera di appoggio alla guerriglia di altri paesi (ad esempio in Colombia) richiedeva capitali abbondanti per l’acquisto di armi.
Le organizzazioni dei narcotrafficanti (come il cartello di Medellin) avevano bisogno di protezione armata per le piantagioni di coca e per il trasporto della droga, e di poter operare tranquillamente nel cuore dei Caraibi, nelle acque territoriali cubane, per organizzare e smistare la merce diretta ai porti del Nord e dell’Europa.
D’altra parte la necessità di aggirare l’embargo e di praticare il contrabbando costrinsero ad allacciare rapporti commerciali clandestini con i paesi occidentali o sudamericani attraverso la mediazione del Messico, della Svizzera o del Canada.
Sembra, addirittura, che sia stata la mafia statunitense a far fallire gli attentati contro la vita di Fidel Castro organizzati dalla Cia. In cambio, alcune imprese cubane aiutavano i malavitosi a riciclare il denaro sporco, anche con l’aiuto del generale Noriega a Panama. Le coltivazioni di marijuana nell’isola erano controllate dai narcos della Sierra Maestra dove, tra l’altro, si erano avute le principali battaglie tra i seguaci di Castro e le truppe di Batista.
Una possibile riprova di questo coinvolgimento di Cuba nel traffico della droga sta nel fatto che la distribuzione della cocaina al dettaglio, sui mercati americani, è praticata da bande di cubani, oltre che da dominicani, giamaicani e messicani.
Da diversi anni ormai si registra una buona collaborazione tra Cuba e gli Usa (iniziata contro la pirateria aerea e il soccorso marino) nella lotta alla droga, sin da quando, nel settembre 1993 due narcotrafficanti ricercati dalla Dea e detenuti a Cuba furono consegnati ai funzionari dell’agenzia americana all’aeroporto Josè Martìdell’Avana.
La disponibilità alla cooperazione internazionale per la lotta alla diffusione alle droghe risale al 1993 quando il ministro della Giustizia cubano Carlos Amat Flores, confermò alla sessione plenaria dell’Onu la disponibilità ad aderire alle direttive Onu contro il traffico illegale di droghe.
Da https://www.liberainformazione.org/
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