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I contatti con la Struttura di Missione di Palazzo Chigi vanno avanti. Una decina, molto riservati, per lo più multinazionali. Richieste di informazioni soprattutto, almeno in questa fase. Ma se c’è una cosa che i potenziali investitori in Data Center nel Mezzogiorno hanno subito metabolizzato è la certezza dei tempi per le necessarie autorizzazioni. Un mese o poco più per completare tutto l’iter procedurale, un’autentica sorpresa per chi aveva probabilmente messo nel conto lungaggini e problemi burocratici di ogni tipo.
In realtà, il valore aggiunto della Zona economica speciale, entrata in vigore 14 mesi fa, sembra avere fatto breccia tra chi sta valutando la possibilità di ramificare anche al Sud la presenza di questi incubatori informatici capaci di gestire i dati digitalizzati di qualsiasi azienda e di interagire con l’Intelligenza artificiale. Campania e Puglia le regioni più attrattive, e non solo perché performanti sul piano economico: è la disponibilità di energia rinnovabile a far pendere la bilancia verso di loro, considerata l’enorme quantità di energia necessaria al funzionamento dei Data Center. Scelta obbligata, peraltro, se si considera che la Puglia in particolare è la prima regione italiana per produzione da eolico e fotovoltaico (oltre 35 GW), con una sessantina di impianti. Non è un caso che solo pochi giorni fa la giunta regionale pugliese abbia deciso di insediare un gruppo di lavoro per definire le linee guida in grado di accelerare l’insediamento di Data Center sul territorio, favorendo «l’insediamento di ecosistemi evoluti, focalizzati su Intelligenza artificiale e cloud computing, per potenziare lo sviluppo economico, attrarre investimenti e rafforzare l’ecosistema digitale», come si legge nella delibera. La Zes unica Sud, che dall’inizio del 2025 ha portato a oltre 530 le autorizzazioni concesse ad altrettanti investimenti, sembra anche da questo punto di vista lo strumento più congeniale. Il credito d’imposta, garantito anche nel 2025, gioca un ruolo importante ma è soprattutto la velocità del percorso amministrativo a fare la differenza. E a spingere verso Sud quella che secondo molti esperti può diventare una vera e propria opportunità per i nuovi investimenti, a ulteriore riprova dell’evidente dinamismo economico di questa parte del Paese.
LE STRUTTURE
Lo conferma il fatto che nel Mezzogiorno i Data Center non sono una novità in assoluto. Ci sono anche se non hanno una potenza paragonabile a quella dei Centri in funzione a Milano e in Lombardia, soprattutto, e sono sicuramente meno numerosi. Ma, ad esempio, in Campania se ne contano otto (secondo i dati dell’ultimo report di IDA (Italian Data Center Association), appena ricordati dal Sole 24Ore. E alcuni di essi, come il Data for Med di Caserta, in fase di sviluppo presso l’ex stabilimento metalmeccanico cittadino Grafitech, impegnano centinaia di milioni, con una capacità di calcolo prevista molto importante (22,5 Mw). Data Center operano in Sardegna, Sicilia, Calabria rafforzando l’ecosistema digitale e garantendo servizi cloud ad aziende e istituzioni locali. Ma ora che l’attenzione verso queste infrastrutture si è allargata anche alle grandi company dell’energia e che il Pnrr ha previsto risorse per favorire questa prospettiva, il Sud è diventato inevitabilmente centrale. Lo aveva ipotizzato solo pochi mesi fa il Governatore della Banca d’Italia, Panetta, indicandola come una delle opportunità più credibili per il futuro del Mezzogiorno, partendo proprio dalla disponibilità di energia da fonti rinnovabili. Adesso, insomma, si sta passando dall’idea ai fatti, puntando sulla Zes unica per dare un seguito concreto a piani e progetti.
LE PROSPETTIVE
«Il Sud Italia è destinato a svolgere un ruolo importante in questo cambiamento, con significativi piani di sviluppo di impianti rinnovabili. Ciò rappresenta un’opportunità unica per gli operatori dei Data center, che potrebbero prendere in considerazione la realizzazione di strutture iper-specializzate nell’area. Infatti, se da un lato è ancora la zona della Grande Milano a dominare attualmente il mercato italiano, il Sud fa intravedere promettenti opportunità di crescita», dice un esperto del settore, Martin Horacek di BCS Italia. E aggiunge: «Sono quattro i fattori fondamentali a supporto di questa tesi: il Meridione è ricco di aree industriali dismesse disponibili. Città come Bari, Palermo e Catania sono, poi, ben collegate sia ai cavi marittimi che alla dorsale terrestre. Terzo aspetto da considerare, il previsto sviluppo di impianti rinnovabili. Il Mezzogiorno vanta, infine, eccellenti università tecniche in grado di sostenere la formazione e la crescita di talenti nel settore». Se dunque l’Italia si candida a diventare hub europeo dei Data Center, è dal Sud che deve passare. I numeri confortano l’obiettivo: l’ultima ricerca dell’Osservatorio Data center del Politecnico di Milano evidenzia che nel 2024 le nuove aperture nel nostro Paese hanno permesso ai Data center raggiungere una potenza energetica di 513 MW IT (considerando cioè, soltanto le sale dati delle infrastrutture), con un aumento del 17% rispetto al 2023.
Inoltre, sempre secondo l’Osservatorio, il 2024 si può definire come l’anno della definitiva presa di coscienza sull’importanza delle infrastrutture data center per il Paese: 5 miliardi di euro sono già stati spesi nel biennio 2023-2024 per la costruzione, l’approntamento e il riempimento di server IT di nuove infrastrutture data center, e ulteriori 10,1 miliardi sono previsti per il biennio 2025-2026. Particolare non trascurabile: l’accelerazione dell’IA sta facendo emergere una tendenza di aumento della densità di potenza nelle singole infrastrutture, con richieste di “armadi rack” sempre più performanti. Non a caso, oggi sono i campus data center la principale via per la progettazione e la costruzione delle infrastrutture. Servono spazi adeguati, meglio se dismessi: e il Sud sotto questo profilo ne ha in abbondanza.
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