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Dichiarazioni e smentite si rincorrono sugli oscuri progetti di Abiy Ahmed e dell’ingombrante vicino Isaias Afwerki
11 Marzo 2025
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 4 minuti
Aumentano i segnali di progressivo deterioramento nelle relazioni tra Eritrea ed Etiopia, dopo l’accordo tra Isaias Afwerki e Abiy Ahmed che, nel 1918, portò alla firma che decretava la fine della duratura controversia tra i due paesi.
Come noto, l’accordo di amicizia, mediato a Jedda dall’Arabia Saudita, aveva fruttato a Abiy Ahmed il Nobel per la pace. Negli ultimi mesi, tuttavia, sono numerosi i politici e alcuni ex leader militari dei due paesi che preannunciano il rischio di un nuovo conflitto tra i due vicini.
A tale riguardo ieri il ministro degli Esteri eritreo Osman Saleh incontrando la controparte saudita Faisal bin Abdullah ha consegnato un messaggio di Afwerki per il primo ministro Mohammed bin Salman.
Nel messaggio il presidente esprime la preoccupazione che l’Etiopia stia pianificando di scatenare un nuovo conflitto.
Venti di guerra
A conferma di ciò, alcuni militari, già in posizioni di comando nelle forze armate di Addis Abeba, vedono inevitabile il confronto tra i due paesi. E non escludono che in tal caso la stessa Arabia Saudita, come pure Egitto, Stati Uniti e altri potrebbero decidere di intervenire.
Tra chi prevede la guerra c’è il generale Abebe Teklehaymanot, conosciuto col soprannome Jobe, già comandante dei combattenti tigrini durante il conflitto del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) che sconfisse l’esercito del dittatore Menghistu Haile Mariam e in seguito tra i leader dell’esercito negli anni ’90.
L’ex generale indica due possibili motivi che giustificherebbero il conflitto. Il primo riguarda la convinzione espressa da Abiy Ahmed stesso in merito all’urgenza per l’Etiopia di avere un accesso al Mar Rosso.
L’intento di Addis Abeba, a tale riguardo, sarebbe la riconquista del porto eritreo di Assab, a soli 60 km dall’Etiopia, nel nordest del paese, e storicamente ritenuto tuttora da molti etiopici appartenente per l’appunto ad Addis Abeba.
Dall’altro lato ci sarebbe il tentativo da parte etiopica di puntare addirittura ad abbattere il regime del Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ), il partito unico controllato da sempre in modo autocratico da Isaias Afwerki.
Questa seconda ipotesi, secondo molti attivisti antigovernativi eritrei in esilio, era auspicata da Washington quantomeno fino all’elezione di Donald Trump, che per ora non ha preso posizione.
Il timore di Tekle Haimanot, in linea con quello di molti leader tigrini del TPLF, è che il più probabile teatro di un eventuale conflitto sarebbe il Tigray, dove peraltro sono presenti tuttora migliaia di soldati di Asmara.
Costoro non si sono mai ritirati dalla regione occupata, in contrasto con quanto previsto dall’accordo di Pretoria nel 2023 tra Addis Abeba e Makallè.
Accordi tra Asmara e il TPLF di Debretsion?
Altri due fattori che sembrano confermare i timori di Afwerki sono la sua recente decisione di ordinare una nuova coscrizione militare di tutti i cittadini eritrei sotto i 60 anni e di aver stabilito un’alleanza strategica contro Addis Abeba con la fazione tigrina del TPLF controllata da Debretsion Gebremichael.
Questo, almeno, secondo le accuse della fazione tigrina del TPLF guidata da Getachew Reda, responsabile del governo provvisorio del Tigray. Ipotesi decisamente smentita da Fetlework Gebregziabher (Monjorino), stretto collaboratore di Debretsion, in una recente intervista.
Fetlework ha dichiarato tra l’altro: «In Tigray occorre stabilire un’alleanza pacifica con tutti i vicini: Eritrea, Sudan, Amhara, Afar e altri. Il Tigray non ha bisogno di nessun’altra guerra».
«Quanto all’Eritrea, il primo ministro Abiy ha dato l’incarico alla leadership del TPLF di dar vita a colloqui di pace con l’Eritrea. Per questo si sono incontrati ufficiali del TPLF con alcuni delegati eritrei. La discussione è avvenuta pertanto con la piena avvertenza del governo federale e con comunicazione ad esso, al primo ministro e ai membri del TPLF».
«Pertanto – ha concluso – non esiste alcuna base oggettiva di accusa che si stia creando un’alleanza con l’Eritrea».  Â
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