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Le tensioni geopolitiche, le condizioni meteo avverse e l’evoluzione normativa influenzano il mercato dei fertilizzanti globale e italiano. Le prospettive del settore nell’intervista a Oriano Bezzi di Panfertil
Il mercato dei fertilizzanti sta attraversando un periodo di profonda incertezza, influenzato da fattori geopolitici, crisi logistiche e cambiamenti normativi. L’invasione russa dell’Ucraina ha generato forti oscillazioni nei prezzi delle materie prime, mentre le condizioni meteorologiche avverse stanno rallentando le attività agricole e, di conseguenza, la domanda di concimi. A tutto questo si aggiunge la crescente attenzione verso soluzioni più sostenibili e innovative, come i fertilizzanti a rilascio controllato.
Per comprendere meglio l’attuale scenario e le prospettive future, abbiamo intervistato Oriano Bezzi, esperto del settore e amministratore delegato di Panfertil, azienda leader nella produzione e distribuzione di fertilizzanti con sede al porto di Ravenna.
Bezzi, partiamo da un’analisi generale del mercato. Come sta andando la domanda globale di fertilizzanti, considerando gli eventi degli ultimi anni?
La situazione attuale del mercato dei fertilizzanti è quanto mai incerta. Ci sono diversi fattori esterni al settore che condizionano pesantemente i prezzi e le disponibilità . Mi riferisco in particolare alla guerra tra Russia e Ucraina, che ha inizialmente causato forti oscillazioni nei prezzi, portando alcuni prodotti a triplicare il loro costo. Adesso siamo in una fase in cui tutto può succedere: se la guerra finisse e le sanzioni venissero revocate, potremmo assistere a un calo dei prezzi tra aprile e l’autunno. Al contrario, se il conflitto continuasse, i prezzi potrebbero risalire. È impossibile fare previsioni precise perché queste dinamiche non dipendono direttamente dal nostro settore.
E in Italia?
Stiamo affrontando difficoltà legate al clima. Le piogge continue degli ultimi mesi hanno bloccato le attività agricole, impedendo anche l’applicazione dei fertilizzanti. Questo potrebbe portare a un’ondata di domanda improvvisa che metterebbe sotto pressione la logistica e potrebbe far risalire i prezzi. Inoltre, bisogna considerare le diverse dinamiche tra le tre grandi categorie di fertilizzanti: azotati, fosfatici e potassici. Gli azotati sono strettamente legati ai costi dell’energia, mentre i fosfatici e i potassici provengono da fonti minerarie e di conseguenza seguono logiche di mercato differenti.
A livello di approvvigionamento, come siamo messi per i fertilizzanti fosfatici e potassici?
Abbiamo un nuovo problema legato al porto di Ravenna, che è storicamente il principale punto di ingresso dei fertilizzanti in Italia. Negli ultimi tempi, però, lo spazio disponibile si è ridotto a causa dell’arrivo di altre merci, come cereali, argille e legname. Questo potrebbe causare tensioni sui prezzi nel momento in cui la domanda aumenterà . Per quanto riguarda le forniture, lavoriamo con i nostri partner tradizionali (Tunisia e Marocco) e, di recente, sono tornati anche i russi, quelli non soggetti alle sanzioni. Tuttavia, il prodotto più critico al momento rimane l’azotato, perché il suo impiego non è facilmente comprimibile: se un agricoltore può rinunciare al fosforo o al potassio per un anno senza conseguenze catastrofiche, con gli azotati il rischio è una perdita drastica della resa dei raccolti.
Negli ultimi anni la tendenza è la riduzione dell’uso dei fertilizzanti. Qual è la situazione in Italia?
La diminuzione dell’impiego dei fertilizzanti in Italia è in atto fin da fine anni ‘70. All’epoca, il mercato italiano era di circa 7 milioni di tonnellate; oggi siamo a poco più di 3 milioni. Il calo maggiore si è verificato negli ultimi vent’anni, ma probabilmente abbiamo raggiunto il livello minimo sotto il quale sarebbe difficile mantenere l’efficienza produttiva. Inoltre, c’è un effetto compensazione: se un anno si usano meno fertilizzanti, l’anno successivo si tende a recuperare.
Qual è il ruolo dei fertilizzanti speciali in questo contesto?
Fino al 2010, la concimazione è rimasta sostanzialmente invariata rispetto agli anni ‘70. Poi sono entrati sul mercato nuovi prodotti, come gli inibitori dell’ureasi e della nitrificazione, che migliorano l’efficienza dei fertilizzanti. Questi prodotti sono più costosi, ma consentono di ridurre le quantità impiegate ottenendo risultati migliori per efficacia. Al momento, i fertilizzanti speciali rappresentano circa l’8-12% del mercato, ma la crescita è lenta perché molti agricoltori sono abituati a metodi tradizionali e non sempre percepiscono i vantaggi immediati delle nuove tecnologie.
Qual è la situazione per i prodotti ammessi in agricoltura biologica?
In Italia, la domanda di fertilizzanti ammessi in agricoltura biologica è trascurabile. Paradossalmente, noi vendiamo più in Slovenia e Croazia che nel nostro paese. Abbiamo alcuni prodotti registrati per il biologico, come fosfati e solfati di potassio, ma il mercato italiano non sembra rispondere in modo significativo.
Avete nuovi progetti o prodotti in fase di sviluppo?
Sì, abbiamo recentemente avviato una collaborazione con Basf per l’impiego di Limus, un inibitore dell’ureasi più efficiente rispetto a quelli precedentemente usati. Questo prodotto garantisce una maggiore persistenza nel tempo, il che significa che l’urea trattata mantiene la sua efficacia anche se conservata per diversi mesi. La linea è già sul mercato e la risposta degli agricoltori è positiva.
In agricoltura si parla sempre più di fertilizzazione rispettosa del suolo. Gli agricoltori italiani sono sensibili a questo tema?
Dipende dalle dimensioni delle aziende. Le grandi aziende, spesso supportate da agronomi, sono più ricettive all’innovazione. Le piccole realtà , invece, faticano ad adottare nuovi metodi perché mancano di assistenza tecnica e tendono a seguire le pratiche tradizionali, anche perché hanno a che fare con piccole quantità .
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